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Domina il sofismo

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E non abbiamo il Foro Romano

Quando Atene, in preda alla mentalità democratica, entrò in decadenza, vennero fuori i sofisti,  degli pseudofilosofi che rifiutavano ogni canone e mettevano tutto in discussione dialettica.
Uno dei sofisti, in viaggio a Roma, si cimentò nel Foro difendendo e accusando la stessa persona per dimostrare che era innocente e colpevole, ovvero che tutto poteva essere così come piaceva alla dialettica. I romani, che non erano in preda a nessuna democrazia, reagirono lapidandolo.

Alla base del sofismo c’era il rifiuto di qualsiasi realtà mitica, metafisica, logica e fisica e l’affermazione del prurito individualista tramite il quale si poteva affermare qualsiasi cosa.
Niente a che vedere con Socrate, al quale gli ignoranti l’accomunano, che, al contrario, interrogava l’uomo per stimolarlo affinché si ricollegasse al Cosmo. Essi, al contrario, esaltando virtuosamente il proprio io vacuo, si potevano permettere di negare ogni evidenza nonché ogni essenza e profondità.

A piacer mio
Non ci sono uomini e donne. Si può mutare ogni ora di sesso. I maschi possono partorire. Queste grandi conquiste dell’oggi sono puri sofismi che si fanno strada perché non c’è più alcun Foro e soprattutto non esistono più romani.
Per grottesco che tutto questo sia, per quanto sia assurdo che tutto ciò si affermi nella cultura ufficiale, non dobbiamo credere che esso nasca dal niente.
È vero che soltanto un livello disperante di perdita degli orientamenti, dei criteri e del buon senso, possono aver fatto sì che questo delirio vada ora in scena. Ma esso non è che il prodotto della democrazia senza freni e senza vincoli.

Il racconto della democrazia è basato sulla falsificazione del reale, non soltanto quello storico – sul quale fonda la propria ingannevole mitologia – ma anche il naturale, dato che i suoi principi costitutivi negano quasi tutte le leggi di natura.
Se a questo si aggiungono la massificazione e la cosiddetta democrazia della rete, che consente a qualunque idiota di veicolare qualsiasi idiozia senza doversi impegnare per riuscirci e quindi neppure riflettere un minimo sulle sue esternazioni a minchia, il delirio demenziale diventa stato abituale e predominante e il buon senso viene travolto, essendone così neutralizzate le innate virtù rettificatrici. Peggio: lo si obbliga ad entrare sofisticamente in dialettica con l’assurdo.

Così la precipitosa caduta nel nulla assume anche forme “ideologiche” da nuova normalità, affiancandosi al declino  biologico e alla perdita di qualsiasi funzione storica e politica che vanamente i reazionari cercano di scongiurare ricorrendo a provvedimenti irreali, fondati anch’essi sulle false superstizioni della democrazia. Tutto il portato ideologico e programmatico dei reazionari è profondamente irreale e, in questo, si confonde, come un alter/sofismo, con l’irrealtà del progressismo.
I reazionari pretenderebbero di frenare la caduta, cosa impossibile dati gli appigli ai quali vorrebbero aggrapparsi. Così è fuori discussione il risultato. Si deve uscire, iniziando ognuno da se stesso, da tutto l’immaginario culturale e valoriale in cui s’impantanano e s’incarogniscono tutti quelli che son stati colti da una demenza epocale in cui si colgono i frutti di quanto seminato da molto tempo, senza più seri ostacoli da settantasei anni in qua.
Perché, comunque la si rigiri, ora paghiamo il conto della nostra furbizia nell’accodarci a chi si è ribellato al Cosmo e ha preteso che il suo ombelico diventasse il centro dell’universo: ora si scopre che le traiettorie senza punto di riferimento si perdono nel nulla e si disgregano.

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