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Droni contro droni

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L’Ucraìna ha orai deciso di colpire in casa sua l’invasore

“Correremmo un grosso rischio e verremmo abbandonati dagli alleati se le ostilità raggiungessero il territorio nemico“. Questa dichiarazione rilasciata dal presidente Volodymyr Zelensky nel corso di un’intervista è un perfetto esempio della guerra d’ombre, parallela a quella sul campo, in corso in Ucraina. Poche ore dopo la messa in onda dell’intervento, infatti, il sindaco di Mosca Sergey Sobanyn ha annunciato l’abbattimento di un drone, l’ennesimo di una lunga serie, in un’area a sud est della capitale, un’incursione che ha provocato la chiusura degli aeroporti Domodedovo e Vnukovo.
“Le élite russe e i cittadini di quel Paese adesso capiscono che la guerra non è qualcosa di lontano e che è già arrivata nella loro capitale” così parlava il mese scorso Andriy Yusov, portavoce dell’intelligence militare ucraina, non confermando comunque la responsabilità ufficiale di Kiev nella campagna di attacchi su suolo russo. Fonti americane hanno però rivelato come i droni a lungo raggio adoperati contro la potenza nucleare sarebbero partiti proprio dall’Ucraina. I velivoli a raggio ridotto e senza piloti sarebbero stati invece impiegati da alleati di Zelensky o da operativi infiltrati dietro le linee nemiche.
Il primo clamoroso colpo di questa strategia è stato l’abbattimento a maggio da parte delle forze di difesa russe di droni sopra lo spazio aereo del Cremlino. Da quel momento in poi si sono moltiplicate le incursioni su Mosca e non solo che, sebbene non abbiano sempre raggiunto gli obiettivi designati, hanno lasciato un segno sulla psiche della popolazione scalfendo l’idea di inviolabilità del territorio nazionale.

Nelle ultime settimane le operazioni di Kiev oltre i confini si sono fatte più audaci con la distruzione di un bombardiere supersonico in una base aerea di San Pietroburgo e un blitz di 42 droni sulla Crimea. L’intensificarsi degli attacchi in Russia sembra voler trasmettere un messaggio di resistenza contro gli aggressori e cerca di seminare dubbi sull’effettiva forza del regime di Vladimir Putin. Secondo diversi analisti la campagna di Zelensky avrebbe prodotto però un generale rafforzamento del supporto russo al conflitto. Tatiana Stanovaya, analista del Carnegie Endowment for International Peace, sostiene che la paura di sentirsi vulnerabili spinga la popolazione ad appoggiare il loro comandante in capo. Le uniche possibili crepe si registrerebbero all’interno dell’elite ma l’eliminazione di Evgenij Prigozhin, capo del gruppo Wagner, avrebbe soffocato per ora ogni forma di dissenso.
I raid in Russia inoltre avrebbero un altro obiettivo e risponderebbero ad una necessità strategica per Zelensky. Il presidente ucraino, infatti, intende rassicurare il suo popolo che, nonostante la controffensiva non stia procedendo alla velocità sperata, il Paese è in grado non solo di difendersi ma anche di contrattaccare e colpire al cuore del nemico.
I russi già da tempo hanno fatto ricorso ai droni forniti dall’Iran contro gli avversari ma in quantità maggiori e con conseguenze più letali. Se il loro scopo era quello di spezzare la volontà degli ucraini così non è stato. Il New York Times traccia un parallelismo con i bombardamenti nazisti a Londra durante la Seconda guerra mondiale ricordando come abbiano rafforzato il consenso attorno al primo ministro britannico Winston Churchill, esattamente il contrario del piano di Adolf Hitler. 
Nel conflitto tra Ucraina e Russia è improbabile che i blitz dei droni siano un vero game changer in grado di provocare il crollo del fronte interno in uno dei due Paesi. Ciò nonostante, considerato quanto conti la simbologia, Putin e Zelensky continueranno ad impiegarli, soprattutto se si confermerà l’evoluzione delle ostilità in una guerra d’attrito e di trincea. 

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