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E la Nazionale si fa carico dei problemi italiani

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spendendo così soldi che potevano andare invece nelle casse della sanità

 

L’appuntamento è per questa mattina, quando, poco dopo le 10, la nostra Nazionale, accompagnata da dirigenti e staff tecnico, si presenterà all’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz. In tutto una settantina di persone, alle quali si uniranno alcuni testimoni dell’Olocausto, oltre ai rappresentanti dell’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) e del Museo della Shoah di Roma. Una visita molto attesa, preannunciata un mese fa dal presidente della Figc, Giancarlo Abete, e che vedrà i nostri giocatori confrontarsi, a pochi giorni dal fischio di inizio dei campionati europei, con l’orrore dei campi di concentramento nazisti in Polonia. I calciatori dovrebbero partire dal museo di Auschwitz e, successivamente, passare nel vicino Birkenau, dove si trovano i resti delle camere a gas. Il condizionale è d’obbligo, perché i dettagli di questo viaggio nella Storia sono ancora in via di perfezionamento. Anche la durata della visita, passata dalle circa tre ore e quindici minuti previste nei giorni scorsi, a circa due ore, potrebbe subire delle variazioni all’ultimo momento. Lo scorso primo giugno era toccato ai tedeschi varcare, per primi, ciò che rimane del lager, con una ristrettissima delegazione della Nazionale (così ristretta – tre giocatori – da suscitare una vibrante protesta delle comunità ebraiche tedesche); prossimamente sarà la volta dei calciatori inglesi e olandesi. 

Il primo ad arrivare a Cracovia, nei giorni scorsi, è stato Marcello Pezzetti, direttore del Museo della Shoah di Roma e storico dei campi di concentramento. E’ lui a guidare, durante le visite effettuate in Polonia nell’ambito dei viaggi della Memoria, le principali delegazioni istituzionali italiane. E ancora lui dovrebbe assistere domani i calciatori italiani. Nelle stesse ore della partenza della Nazionale da Pisa alla volta di Cracovia, oggi pomeriggio, decolleranno dalla capitale il presidente dell’Ucei, Renzo Gattegna, insieme a Vittorio Pavoncello (consigliere Ucei con delega allo Sport e presidente della Federazione italiana Maccabi) e i sopravvissuti della Shoah, Piero Terracina e Samuel Modiano. Da Nazareth, in Israele, arriverà direttamente a Cracovia un’altra testimone, Elena Kugler. Pezzetti, che durante le visite nel lager cerca sempre di far corrispondere il racconto di un testimone ad un luogo simbolo – dai binari ferroviari dove venivano fatti scendere i deportati alle rovine delle camere a gas -, sta lavorando per far sì che i giocatori possano interagire con Terracina, Modiano e la Kugler. Ma per fare ciò, rileva Pezzetti, è ancora necessario rivedere parzialmente tempi e modalità della visita, dando priorità al campo di Birkenau, che è quello al quale sono collegati i ricordi dei sopravvissuti. E’ lo stesso storico a rivolgere un appello alla Figc, “affinché non si renda vana la testimonianza di queste persone, che vanno ascoltate con molta attenzione. Loro ci offrono un’enorme possibilità e possono davvero fare in modo che i giocatori si rendano conto che il razzismo può portare a delle conseguenze mostruose – dice Pezzetti da Cracovia – Quella che la Nazionale farà qui, non deve essere vissuta come una visita ad un museo, perché questo posto non è un museo. Qui siamo nel più grande cimitero ebraico del mondo, e allo stesso tempo il più grande cimitero dell’uomo europeo: qua è morta l’Europa e, allo stesso tempo, è risorta”. Per Pezzetti è importante dare la possibilità ai testimoni di parlare a Birkenau, per poter raccontare ciò che hanno vissuto in prima persona. “Sono sicuro che l’incontro tra i nostri calciatori e Modiano, Terracina e Kugler avrà momenti di grande emozione”, dice Pavoncello, che è fiducioso sull’incontro tra il mondo del calcio e quello dei sopravvissuti all’orrore della Shoah. 

In una lettera inviata in queste ore alla Federcalcio, anche all’indirizzo degli azzurri, Gattegna e Pavoncello sottolineano l’importanza della trasmissione della Memoria, in particolare alle giovani generazioni: “La visita della Nazionale di calcio al campo di Auschwitz può essere una straordinaria opportunità. Chi meglio degli Azzurri, campioni sul terreno di gioco e ambasciatori dello sport italiano nel mondo, è capace di parlare direttamente al cuore e alla mente di milioni di giovani? Anche per questo crediamo che un momento così intenso e solenne, un momento che vivrà il suo apice nell’incontro con i Testimoni che ci accompagneranno, dovrà essere accolto da tutti con rispetto e profonda partecipazione”. Parlando pochi giorni fa con “Pagine Ebraiche”, il presidente Abete, rivolgendosi anche ai giornalisti, ha detto che si eviteranno “le spettacolarizzazioni”: “Nessuna passerella, nessuno show, nessun protagonismo. Il luogo in cui andremo richiede il massimo rispetto e il massimo senso di responsabilità da parte di tutti. Cercheremo di tenerci il più lontano possibile da qualsiasi forma di spettacolarizzazione mediatica. Chiediamo quindi rispetto e sobrietà per un momento che vuol essere un’occasione di riflessione, tutela e diffusione di un patrimonio che appartiene a tutti noi senza distinzione alcuna: la Memoria”. 
Una visita che, secondo Pezzetti, si rivelerà realmente utile se riuscirà a modificare i comportamenti dei giocatori in campo: “Mi auguro che a partire da domani, di fronte ad un coro antisemita, i giocatori della Nazionale decidano di smettere di giocare. Così facendo, dimostrerebbero di aver davvero compreso cosa è realmente successo nei campi di messa a morte realizzati dai nazisti”.

Facciamo i conti dello sperpero della trasferta per settanta persone e vediamo quanti ammalati avrebbero potuto essere curati con la stessa cifra. Ma l’emergenza nazionale non è roba da Nazionale.


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