Potrebbe fare il gioco di Usa e Cina
In molte cancellerie europee il Recovery Fund è stato salutato come un progetto di portata rivoluzionaria, addirittura epocale, per l’entrata in scena di una risposta collettiva comunitaria alla crisi del coronavirus e l’inserimento nei programmi di misure finanziate da debito mutualizzato. Tuttavia, il fondo da 750 miliardi di euro approvato dal Consiglio Europeo è il frutto di un delicato compromesso, ancora in via di completamento, che ha assegnato spazio di manovra ai Paesi maggiormente ostili all’idea di un aumento eccessivo del valore del bilancio settennale dell’Ue a cui sarà vincolato. Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia hanno incassato il mantenimento dei “rebate”, gli sconti sui loro contributi, e un bilancio da 1.074 miliardi di euro contro i 1.300 richiesti dal Parlamento Europeo. Per far spazio a Next Generation Eu, dunque, la Commissione, il Consiglio Europeo e i governi hanno dovuto tagliare pesantemente altre voci di spesa. E tra queste un ampio spazio è stato sottratto alla ricerca scientifica.
Può sembrare incredibile ma è proprio così: a luglio il compromesso che ha dato origine al Recovery Fund ha tagliato linearmente e depotenziato diversi importanti programmi di ricerca che, ai tempi della pandemia, andrebbero piuttosto valorizzati e rafforzati. Programmi capaci di generare sinergie e dividendi sociali dal valore incalcolabile, e che sono stati azzerati o messi in secondo piano. Come scrive Repubblica, a luglio “il Consiglio europeo, che rappresenta i capi di Stato dell’Unione, ha portato a 75,9 miliardi i finanziamenti sul programma più importante, Horizon, nato per finanziare la ricerca sul lungo periodo. In un primo tempo il Parlamento europeo aveva chiesto di fissare l’asticella a quota 120 miliardi (e la richiesta del mondo scientifico era di 160 miliardi)”, mentre la Commissione a maggio proponeva 105,5 miliardi. Nella sua strutturazione iniziale, Horizon doveva sostenere progetti di ricerca, università, centri studio e sviluppo di brevetti in tutti i 27 Paesi dell’Unione, dedicando il 52% del suo budget all’adeguamento dell’Europa alle sfide globali e al rafforzamento della competitività industriale dando il sostegno a programmi di sanità, digitale, energia rinnovabile, alimentazione e ricerca spaziale e garantire un quarto dei fondi alla promozione di eccellenze europee della ricerca.
Tra le richieste del Parlamento e le concessioni del Consiglio ballano oltre 44 miliardi di euro, che al netto di una modesta correzione in NextGen (5 miliardi di euro), comportano una perdita secca di 39 miliardi di euro di finanziamenti. Risulta inoltre clamoroso l’azzeramento diEu4Health, il piano comunitario per la prevenzione di nuove pandemie, inizialmente provvisto di 9,4 miliardi di euro. Il Digital Europe Program passa da poco più di 9 a 6,76 miliardi di euro, in controtendenza con la volontà del Recovery Fund di promuovere 5G e banda larga. Secondo Lettera 150, un think tank paneuropeo di docenti universitari, i tagli promossi dall’Europa comporteranno la perdita dei fnanziamenti per 22.500 ricercatori e metterebbero a rischio circa 400 brevetti.
Secondo quanto dichiarato dalla presidente di Eurodoc, Giulia Malaguarnera, i tagli ad Horizon Europe sono estremamente miopi perchè depotenziano programmi come le borse di studio dell’European Research Council, destinate a favorire principalmente giovani ricercatori altrimenti attratti con maggior forza da Paesi come Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Corea del Sud, Cina. A luglio anche l’European University Association si è schierata contro i tagli al programma Horizon Europe, che rischiano di minare profondamente il sistema della ricerca in Europa. Con la pandemia che continua a correre e il contagio pronto a riprendere quota nei mesi autunnali l’Europa sta mandando un messaggio estremamente problematico, scegliendo di ritirarsi volontariamente dalla partita per la ricerca della leadership globale nella ricerca e il rafforzamento delle strutture di presidio che, soprattutto in ambito sanitario, hanno acquisito anche per i singoli governi un valore strategico. Potrà davvero stimolare la ripresa un fondo che per nascere ha dovuto sacrificare programmi ben avviati e consolidati? Non sembra quasi una beffa quel nome, Next Generation Eu, dato a un progetto che potrebbe privare decine di migliaia di promettenti eccellenze in tutta Europa della possibilità di una carriere proficua nel Vecchio Continente? Il depotenziamento della ricerca europea segnala la confusione connessa alla dittatura dell’economico. Per andare incontro ai diktat dei frugali e incassare il Recovery Fund, il Consiglio Europeo ha firmato un compromesso al ribasso. Il cui dazio si pagherà negli anni a venire.