sabato 20 Luglio 2024

E te pareva che non era colpa dei nazisti!

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MKUltra e il “lavaggio del cervello”

Salti mortali per “nazificare” il Grande Fratello. Peccato che il progetto era stato avviato nel 1920 a Mosca dai sovietici.

L’umanità sta assistendo inconsapevolmente all’alba di un nuovo modo di destabilizzare le società, avente come campo di battaglia il cervello, che è la guerra cognitiva.
Oggi se ne scrive poco, perché l’argomento è grosso modo ristretto negli ambienti militari e paramilitari, ma è certo che se ne parlerà sempre di più. Perché le guerre cognitive e la loro prole, come le neuro-armi, hanno una peculiarità che le rende particolarmente perniciose e distruttive, cioè trascendono i confini fisici, e il loro potere destabilizzante aumenta di pari passo con la globalizzazione, la tecnologizzazione e l’incretinimento delle masse. Difficile, quasi impossibile, fermarne l’avanzata.
Le radici di questo nuovo modo di fare la guerra risalgono alla Guerra fredda, epoca della prima grande corsa al cervello tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ma non è esagerato affermare che i veri semi primordiali di tutto siano da ricercare in un luogo e in un contesto storico differenti, cioè la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Perché a dare impulso alle ricerche sul controllo mentale degli Stati Uniti fu un nazista, il dimenticato Mengele della psichiatria Kurt Plötner.

Il Mengele della mente
Kurt Friedrich Plötner, nato a Hermsdorf il 19 ottobre 1905, fu uno dei più importanti teoreti delle scienze mentali dell’era nazista. Appassionato di medicina, in particolare di neuroscienze, Plötner entrò nelle Schutzstaffel (SS) dopo aver trascorso gli anni Venti e i primi anni Trenta a insegnare all’università di Lipsia.
Capofila di una generazione di indagatori eterodossi della mente, disposti a tutto pur di carpirne i segreti e ad imparare come controllarla – anche a superare i limiti dell’etica –, Plötner si sarebbe ritrovato a lavorare con degli scienziati pazzi del calibro di Claus Schilling, Sigmund Rascher, Wilhelm Beiglböck ed Erich Hippke.
I campi di concentramento diventarono i laboratori degli esperimenti eticamente scorretti, frequentemente inumani, di Plötner e soci. E i loro rapporti sullo stato di avanzamento delle sperimentazioni venivano mandati alle divisioni psichiatrica e neurologica della Società Kaiser Wilhelm per l’Avanzamento delle Scienze. Obiettivo: dominare la mente umana.
Plötner sarebbe diventato celebre per gli esperimenti basati sull’utilizzo di psichedelici, specie la mescalina, e sull’ipnotismo. Gli psichedelici per formulare un siero della verità. L’ipnosi per studiare il funzionamento del cervello dormiente. Diversa la forma, medesima la sostanza: capire come alterare il comportamento delle cavie, annichilendone la volontà individuale, superare i limiti conosciuti della psicologia e dell’ingegneria sociale.
Heinrich Himmler confidava nel successo delle ricerche pionieristiche del Mengele della mente, sulle quali cominciò a investire persino l’Ahnenerbe all’indomani del fallito attentato ad Adolf Hitler del 20 luglio 1944. A Plötner, invero, fu affidato l’incarico di costruire delle persone a comando, dei fedelissimi automi disposti a tutto per una causa.

Reclutato dagli Stati Uniti
Gli Stati Uniti si incaricarono della fuga di Plötner da un carcere alleato nell’immediato dopoguerra, inserendolo nell’elenco dei cervelli da salvare da Norimberga – l’operazione Paperclip – su suggerimento di Boris Pash, che delle ricerche dello scienziato era venuto a conoscenza in quanto a capo della missione Alsos – una mastodontica raccolta di intelligence sui progressi militari nazisti messa in piedi nel 1943 dai servizi segreti statunitensi, britannici, olandesi e norvegesi.
Una volta trasferito negli Stati Uniti, Plötner fu assegnato al neonato progetto BLUEBIRD, antesignano di MKULTRA, nell’ambito del quale gli fu data carta bianca, consentendogli di proseguire gli studi sulla modifica permanente del comportamento e sul controllo mentale.
Troppo importante per essere consegnato nelle mani della giustizia, Plötner fu protetto dagli Stati Uniti in più occasioni, dalla concessione di una nuova identità al depistaggio delle indagini internazionali sul suo conto – indicando nell’Unione Sovietica la sua nuova casa.
Forte dello scudo protettivo garantitogli da Washington, che aiutò nella messa in piedi del famigerato MKULTRA, Plötner fece ritorno in patria – naturalmente in Germania Ovest – negli anni Cinquanta. Qui, con un nuovo cognome – Schmitt –, rientrò nel mondo accademico in qualità di professore, presso l’università di Friburgo, continuando a seguire a distanza i lavori della Central Intelligence Agency.
Morì da uomo libero, impunito, il 26 febbraio 1984. Morì con la certezza di aver trasmesso agli Stati Uniti un prezioso legato al quale attingere, come palesato dal contributo dato alla nascita di MKULTRA, e, si vocifera, dopo aver scoperto il modo di fabbricare dei candidati manciuriani.

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