sabato 20 Luglio 2024

Europee per fortuna brevi

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Sperando che le destre terminali si facciano dimenticare presto

Il lungo ponte è finalmente trascorso e si entra nel vivo della breve campagna elettorale delle europee. Che, per fortuna, finirà presto.
Queste europee saranno ricordate in futuro per l’atteggiamento generale di un’area che in tutto l’occidente si è schierata frettolosamente e accanitamente per l’euroscetticismo, anzi per l’anti-europeismo.
Esistono un po’ ovunque un sano rigetto delle politiche occidentali e un sano disagio di fronte alle condizioni sociali ed economiche in cui langue un continente a metà del guado.
Questo rifiuto si nutre di una psicologia reazionaria di massa. 
Nulla di male in sé.
Anzi: dovrebbe trattarsi di una leva formidabile nelle mani di chi fosse (e qui il congiuntivo imperfetto è d’obbligo; il presente sarebbe fuori posto) espressione di una Weltanschauung e munito di una mentalità rivoluzionaria o, quanto meno, altamente propositiva.
Invece è accaduto qualcosa di strabiliante.
Le destre terminali, fossilizzate da tempo immemorabile, sono diventate – per un equivoco d’interpretazione collettiva – la foce in cui la fiumana del malcontento cerca sbocco.
Solo che, anziché offrire una linea politica che rettifichi, solidifichi e renda efficace la psicologia reazionaria, la destra terminale, che politicamente non è all’altezza del compito, si crogiola nel compito facile e si limita a captare e a ripetere il trinariciutismo senza offrirgli alcuna profondità strategica né alcuna volontà di destino.

Imbarazzo
Le tematiche politiche (no all’Euro, no alla Ue, no a Bruxelles e, soprattutto, no alla Germania) ai miei occhi sono imbarazzanti. Non perché si debba necessariamente dire sì laddove ci si lascia invece andare nell’infantilismo dei no, ma perché nell’orgia del diniego è palese che mancano del tutto le gerarchie dei nemici e degli amici nonché le proposte concrete di rettifica, sia in ottica di una riforma strutturale che in quella rivoluzionaria. La quale ultima viene affidata in ultima analisi a slogan apocalittici.
Invece di battersi contro le ingerenze britanniche, contro la City, contro il partito atlantico offensivo (Londra/Soros) e contro i tentativi di smembramento dell’Europa; anziché opporsi alla nostra classe dirigente di obbedienza londinese; anziché sostenere la Germania, ovvero l’unico polo in grado economicamente, geograficamente (e io aggiungo anche come dna) di costruire un futuro, ovviamente molto diverso dal presente, ma che abbia potenzialità reale; si preferisce cantare con il coro, fregandosene di avere un direttore d’orchestra inglese o americano e di sventolare la Sterlina, magari chiamandola Lira.
E fronte a una contesa internazionale in cui emerge palesemente che il gap è l’assenza di sovranità europea, anziché puntare ad una sovranità popolare all’altezza del compito, si rimpiangono le sovranità nazionali. Non rendendosi conto di come queste siano finite con l’avvento dei satelliti.
Negli anni novanta, per esempio, la Francia perse un numero esorbitante di contratti con i paesi africani della sua orbita perché gli americani, che conoscevano tutti i dettagli via satellite, intervennero sempre al ribasso all’ultimo minuto.
Noi poi oggi viviamo su google, skype, facebook e I-phone. Ovvero dentro i satelliti americani, anzi angloamericani per l’esattezza.
E noi italiani poi lo facciamo con un’arretratezza da Centrafrica; solo noi non abbiamo il segnale così spesso e solo noi abbiamo lottizzato le valli per compagnie telefoniche e dove prende vodaphone, tim o wind non prendono le altre. Negli altri paesi è vietato. Sciuscià anche in questo, noi mammoni viziati, in mano a mamme furbette e a sacrestani untuosi.
Noi vorremmo essere “sovrani”…. Per cortesia, neanche buffoni di corte! 
Dobbiamo ripartire dai fondamentali e tornare a essere uomini. Ce ne vorrà.
Tutti gli altri, ma proprio tutti, stanno meglio, sia umanamente che tecnicamente, ma non basta.
Senza una potenza satellitare, prima ancora che militare o finanziaria, che abbia stazza continentale e sufficienti elementi a propria disposizione, non esisterà più nessuna sovranità.
Poi, se vogliamo, possiamo divertirci a rimpiangere tutto, anche l’Abbazia di Farfa.
Ma i rimpianti non creano futuro e il nostro futuro, senza la potenza europea è di schiavitù eterna.

Il carrozzone va avanti da sé
Dobbiamo allora difendere la Bce?
Non così. Come cambiare tutto è un ottimo argomento e alcuni di noi hanno non poche proposte praticabili. Ma al di là di questo, si tratta di uscire dall’infantilismo pigro e incolto in cui si dibatte un’area che subirà lo scotto più forte della sua storia proprio a causa del fallimento del compito al quale le condizioni l’hanno chiamata improvvisamente e cui è del tutto impreparata.
Non è che manchino le alternative, basti pensare al modello ungherese che, magari rivisto, corretto e integrato da suggerimenti islandesi, potrebbe essere l’architrave di un europeismo positivo.
Ma nessuno si occupa di proporre soluzioni, sono tutti troppo presi a rincorrere la psicologia reazionaria e a nutrirla di facili slogan trinariciuti.
Il grande battistrada verso questo precipizio è il Front National che per lisciare il pelo al disagio comune ha fossilizzato tutto sull’anti-europeismo e sulla fuoriuscita dall’Euro facendo passare, in contraccambio, la normalizzazione dell’immigrazione, la cultura del gender (non ingannatevi a controbatterla lì oltre alle roganizzazioni cattoliche e alla destra esterna al partito è una parte della destra classica), il femminismo e l’abbandono della cultura politica di provenienza. Un procedimento all’Alleanza Nazionale che, volesse mai il cielo avesse il medesimo esito governativo, comporterebbe un tracollo psicologico talmente grande da risultare veramente irreparabile. E chi pensa il contrario si faccia un viaggetto nei cv della direzione di quel partito.
Meglio non va dalle nostre parti dove l’opportunismo non scevro da accattonaggio risulta perfino grottesco. Dalla Lega che dimentica di essere un partito regionalista e separatista e si schiera di colpo “a favore degli italiani” a un Fratelli d’Italia che si scopre anti-euro il giorno dopo aver firmato il patto di solidarietà… Arriviamo fino all’Italia dei Valori con il suo “Europei, non tedeschi”, che perlomeno ha il merito della coerenza visto che sitratta di una creatura anglamericana. Ma è chiaro che non c’è nulla di poltico o di programmatico, né di credibile, tutto risibile e pietistico nel suo grottesco; stiamo al mercato delle vacche quando non si tratti addirittura del mercato degli strilli del maiale.

Finirà presto
Queste elezioni, fortunatamente, passeranno presto. E altrettanto fortunatamente nessuno dei partiti euroscettici acquisirà a causa di esse un potere nelle proprie nazioni.
Potrà, poi, farsi strada un eurocriticismo positivo e vincente, orientato sul modello ungherese, ispirato ad una logica confederata e corporativa e consapevole dell’importanza assoluta di Berlino e dell’ostilità insuperabile di Londra?
Non lo so. Bisognerebbe, per questo, passare all’avanguardia e saper rispondere adeguatamente alla psicologia reazionaria che cerca dirigenti e guide e non invece arrampicatori che senza metabolizzarli e orientarli, capitalizzino i sentimenti di piazza in posti, salari, fondi e contributi per professionisti della politica.
Passare all’avanguardia però non è semplice, soprattutto laddove regna la mediocrità.
Staremo a vedere. Dovremmo fare di più che stare a vedere ma non vedo come sia possibile, oggi come oggi.
Coraggio: passerà presto anche questa buffonata!
I buffoni non lo so.

 

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