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Evola pittore tra futurismo e dadaismo

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Nell’ambito delle celebrazioni evoliane, segnaliamo un breve ma interessante studio sul lato forse meno conosciuto di Julius Evola, quello di pittore, tra futurismo e dadaismo.

tratto da:

http://www.fondazione-evola.it/pagine/pittura.htm

Giulio Cesare Evola, che ha sempre dimostrato attitudine per il disegno e che si accinge ad iniziare presso l’Università di Roma gli studi di Ingegneria, che non porterà mai a termine, appena diciassettenne, si accosta al mondo dell’arte d’avanguardia, incuriosito dalle manifestazioni futuriste che, aldilà dei clamori e degli scandali sollevati tra i “benpensanti” di anguste vedute, si concretizzavano a Roma in mostre di respiro perfino internazionale, presso la Galleria Sprovieri. Si aggregò alla pattuglia di giovani artisti – Prampolini, Depero, Marchi, i due fratelli Ginanni Corradini – che s’incontravano nello studio di Giacomo Balla. Di quest’ultimo, figura centrale della vita artistica romana nel primo quarto del secolo, Evola fu, come ha scritto Crispolti, “praticamente allievo”[1].


Quanti hanno letto l’autobiografia intellettuale evoliana, Il cammino del cinabro, sanno come il futuro autore di Rivolta contro il mondo moderno prendesse presto le distanze dal movimento marinettiano, da cui l’allontanavano lo stile comportamentale (“In esso mi infastidiva il sensualismo, la mancanza di interiorità, tutto il lato chiassoso ed esibizionistico, una grezza esaltazione della vita e dell’istinto curiosamente mescolata con quella del macchinismo e di una specie di americanismo, mentre, per un altro verso, ci si dava a forme sciovinistiche di nazionalismo”)[2], e soprattutto, appunto, l’acceso piglio interventista contro gli Imperi Centrali che, nonostante l’età giovanissima e la generalizzata infatuazione nazionalistica del tempo, Evola avvertiva come l’antemurale della vecchia Europa, delle sue tradizioni, del suo primato mondiale (Evola rammenta come Marinetti, avendo letto un articolo del giovane amico in cui erano esposte più o meno queste idee, gli replicasse: “Le tue idee sono lontane dalle mie più di quelle di un esquimese”).[3]


Eppure, in un primo periodo, circoscrivibile al quadriennio 1915-1918, Evola fu fortemente influenzato dal dinamismo plastico futurista e, in modo particolare, dalla ricerca di Balla, non senza suggestioni di spiritualismo orfico, destinate ad avere in lui successivamente una decantazione in chiave alchemico-magica.


Appartengono a questo primo periodo futurista (da Evola stesso definito dell’“Idealismo sensoriale”) opere come il celebre, e splendido nella sua cromia vivacissima, Mazzo di fiori e, sempre stilisticamente assai coerenti, Feste, Fucina – studio di rumori, Five o’ clock tea, Sequenza dinamica, Truppe di rincalzo sotto la pioggia (davvero uno straordinario acquerello, quest’ultimo).


Se possibile, ancor più ori

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