lunedì 1 Luglio 2024

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ROMA – Giorgio Napolitano esprime ” vivissimo auspicio – che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della FIAT – che questo grave episodio possa essere superato, nell’attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell’attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell’evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale”. Il presidente della Repubblica risponde così all’appello dei tre lavoratori della Fiat di Melfi

L’APPELLO DEI LAVORATORI – “Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi”: lo hanno scritto in una lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, i tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat licenziati e poi reintegrati. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli hanno chiesto a Napolitano di intervenire “per farci sentire lavoratori, uomini e padri”. I tre operai si sono rivolti a Napolitano “perché nel suo ruolo di massima carica dello Stato sia da garanzia del rispetto della democrazia, della Costituzione e dello Stato di diritto in modo da ripristinare e garantire il libero esercizio dei diritti sindacali nonché dei diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti, all’interno dello stabilimento Fiat Sata di Melfi”. “Ci rivolgiamo a Lei, quale massima carica dello Stato e supremo garante della Costituzione – hanno scritto Barozzino, Lamorte e Pignatelli – per sottoporre alla sua attenzione una vicenda, la cui eco da diversi giorni ha raggiunto tutti gli organi della stampa nazionale, che non lede soltanto i nostri diritti di cittadini e di lavoratori ma colpisce direttamente i diritti collettivi e generali degli operai e dello stesso sindacato a cui siamo iscritti”. “Signor Presidente – hanno scritto i tre operai – per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. Questo non è mai stato un nostro costume, né come semplici operai né come delegati sindacali aziendali, avendo sempre svolto con diligenza e professionalità il nostro lavoro. La decisione della Fiat Sata di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione dell’articolo 28 della legge 300/70 e della norma penale da esso richiamata. In uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi civili e penali del nostro ordinamento giuridico”

MATTEOLI, SENTENZE VANNO RISPETTATE – “Le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere”. Il ministro Altero Matteoli commenta così il caso dei tre operai licenziati a Melfi, e reintegrati dal giudice del Lavoro. “Se il nostro è uno stato di diritto – ha detto il ministro al Meeting di Rimini – non lo può essere a fasi alterne. C’é una sentenza e va rispettata”.

OPERAI NON ENTRANO, ASPETTIAMO DECISIONE GIUDICE  –I tre lavoratori dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat, licenziati e poi reintegrati – ma ieri bloccati subito dopo aver attraversato i cancelli – hanno deciso di non entrare oggi in fabbrica. Secondo quanto si è appreso da fonti sindacali, la scelta di non varcare i tornelli è stata presa in attesa di conoscere la decisione del giudice di lavoro di Melfi sulla denuncia presentata ieri dalla Fiom della Basilicata contro l’azienda per inottemperanza alla sentenza di reintegro dello scorso 9 agosto.

MELFI (POTENZA) – La valutazione sulle strategie legali da attuare nel confronto con la Fiat sui lavoratori dello stabilimento di Melfi (Potenza) licenziati e poi reintegrati – ma ieri bloccati subito dopo aver attraversato i cancelli della fabbrica – sta impegnando stamani gli avvocati e i dirigenti della Fiom. Lo si è appreso dall’avvocato Lina Grosso. Ieri sera, la formalizzazione della denuncia penale contro la Fiat per non aver rispettato la sentenza di reintegro del giudice del lavoro ha attuato una delle due “mosse” individuate ieri. L’altra è la richiesta allo stesso giudice che ha deciso il reintegro, Emilio Minio, di precisarne l’applicazione: tale richiesta è allo studio stamani. Intanto, i tre operai reintegrati – che l’azienda vorrebbe trascorressero i loro turni in fabbrica in una saletta sindacale, regolarmente pagati fino al ricorso sulla riammissione, il 6 ottobre, ma lontani delle linee di produzione della “Punto Evo” – stanno pensando di tornare oggi in fabbrica. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli hanno deciso di andare allo stabilimento al cambio turno, intorno alle 13.30. Ma la decisione se varcare di nuovo i cancelli non è ancora stata presa: verrà definita più tardi anche sentendo il parere degli avvocati e della Fiom.

Licenziati, reintegrati dal giudice, entrati in fabbrica per meno di due ore, di nuovo fuori, con l’intenzione di avviare un’azione penale contro l’azienda, che invece ribadisce la legittimità dei licenziamenti e crede nella vittoria del ricorso, il 6 ottobre prossimo, fino ad un appello al Presidente della Repubblica. Può essere raccontata così la giornata – convulsa e ricca di prese di posizione – di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli: oggi al cambio turno, intorno alle ore 13.30, si sono presentati all’ingresso dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat, con avvocato e ufficiale giudiziario al seguito, per far valere la sentenza del giudice del lavoro del 9 agosto scorso. Sostenuti dall’applauso dei colleghi, hanno varcato il primo tornello. Il giudice ha ordinato che i tre (Barozzino e Lamorte sono delegati Fiom) devono tornare al loro posto: ma la Fiat, che aveva chiesto ai tre di non presentarsi neanche, li “ospita” negli uffici dei sorveglianti, a pochi metri dai cancelli. Poi la proposta: tornino pure in fabbrica, ma accettino di fare attività sindacale in una sala, senza tornare nei reparti dove si assembla la ‘Punto Evo’. L’avvocato della Fiom non ci sta: “Non è così che si rispetta la sentenza di reintegro”, dice Lina Grosso e annuncia due mosse. La prima è la richiesta al giudice del lavoro, Emilio Minio, di specificare i termini del reintegro disposto nella sentenza del 9 agosto; la seconda è una denuncia penale contro la Fiat per non aver rispettato la sentenza stessa. Da Torino, la Fiat replica con una nota che non lascia spazio a dubbi: secondo l’azienda non solo i licenziamenti dei tre operai sono legittimi ma l’udienza del 6 ottobre stabilirà che la posizione della Fiat è giusta perché vi sono stati “comportamenti di estrema gravità”, con un “volontario e prolungato illegittimo blocco della produzione, e non esercizio del diritto di sciopero”. E, intanto, all’interno dello stabilimento la Fiom proclama la sciopero con un corteo: nella prima ora, dalle 14 alle 15, l’adesione, secondo l’azienda, è stata del 5,2%. All’esterno, i rappresentanti sindacali si “stringono” intorno ai tre operai. Barozzino, a nome anche di Lamorte e Pignatelli, si rivolge al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Gli lanciamo un appello: non ci faccia vergognare di essere italiani. Vogliamo solo il nostro lavoro, come ha deciso il giudice”. Anche la Fiom, durante il presidio organizzato al cambio turno, ha distribuito un volantino con la richiesta a Napolitano di intervenire “per ristabilire il principio costituzionale che la legge è uguale per tutti”. Dopo la protesta, i tre lasciano lo stabilimento: “Non vogliamo essere confinati – ha aggiunto Barozzino ai numerosi giornalisti presenti oggi a Melfi – in una saletta sindacale che é distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Dalla saletta – ha concluso – non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno”.

DA FIOM DENUNCIA PENALE. BRACCIO FERRO CON LINGOTTO – Ancora un braccio di ferro tra Fiat e Fiom. Le misure adottate nei confronti dei tre operai di Melfi, licenziati e poi reintegrati con decreto del giudice del lavoro, sono “pienamente legittime”, dice il Lingotto, garantendo loro la retribuzione e l’esercizio dell’attività sindacale. Linea a cui il sindacato dei metalmeccanici della Cgil risponde presentando una denuncia penale contro l’azienda per “inosservanza” del decreto stesso. In sostanza, per la Fiom, la Fiat è tenuta a far tornare i tre lavoratori – due dei quali delegati sindacali – alle linee di montaggio. Il pagamento del solo salario – sostiene il suo Collegio difensivo – non equivale al reintegro sostanziale nel posto di lavoro. Il Lingotto, invece, sostiene di avere “doverosamente eseguito” il provvedimento emesso dal Tribunale di Melfi e ribadisce la convinzione che i “comportamenti contestati ai tre scioperanti”, durante la protesta interna del 6 luglio scorso, “sono stati di estrema gravità”. Ci “fu un volontario e prolungato illegittimo blocco della produzione e non esercizio del diritto di sciopero”, è la linea dell’azienda. Su tali comportamenti, peraltro, evidenzia la Fiat, “é in corso anche indagine penale”, a seguito della denuncia presentata dal Lingotto. In ogni caso, si dice “fiduciosa che il Tribunale di Melfi, nel giudizio di opposizione”, (l’udienza è fissata al 6 ottobre) “saprà ristabilire la verità dei fatti”. Chiara la reazione del fronte sindacale. “E’ inconcepibile che vengano messi in una saletta e discriminati”, afferma il responsabile nazionale del settore Auto della Fiom, Enzo Masini. Anche il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, fa sentire la sua: “La Fiat usa la forza senza ragione”, dice parlando di “accanimento” contro i “più deboli”. Al contrario, il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni fa un “appello a Marchionne affinché non cada nella trappola tesa dalla Fiom”. Evita di pronunciarsi sul merito della vicenda dei tre operai il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che si limita invece a condividere la proposta rivolta dal leader della Cisl all’ad del Lingotto per una partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda. Che a settembre sarà al centro di un nuovo tavolo di confronto relativamente al contratto. “Con la Cisl, ci sarà un accordo per creare un segmento del contratto nazionale dei metalmeccanici che riguardi il settore auto, come già avviene per la siderurgia”, fa sapere il numero uno della Uil, Luigi Angeletti.

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