Pensavano che i microfoni fossero spenti, invece così non era, e le loro voci sono state captate e registrate dall’impianto audio di una tv mentre parlavano a ruota libera di Silvio Berlusconi, ma anche di mafia e del pentito Gaspare Spatuzza. Era il 6 novembre scorso: Gianfranco Fini si trovava a Pescara per la cerimonia di consegna del premio Borsellino, seduto vicino al capo della procura della città abruzzese Nicola Trifuoggi. Con tono rilassato e ammiccante, qualche volta inclinandosi per sussurrare qualcosa all’orecchio del suo interlocutore, Fini non ha risparmiato critiche al premier per tutta la durata del convegno.
Le sue battute sono venute fuori solo ora, messe in rete dal sito Repubblica.it. E adesso, nel Pdl si apre una nuova crisi: i vertici del partito, attraverso il portavoce Daniele Capezzone hanno chiesto conto a Fini delle sue frasi in libertà mentre i fedelissimi del Cavaliere cominciano a chiedersi se il presidente della Camera sia sempre uno dei loro. Del resto, le frasi di Fini sono altrettante pietre scagliate contro il premier.
Berlusconi, dice il presidente della Camera nel fuorionda, “confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo: magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, capo dello Stato, Parlamento”. Niente di nuovo, si affretta a precisare il portavoce di Fini, rispetto alle critiche che il numero uno di Montecitorio ha sempre rivolto al Cavaliere: Fini si è dimostrato “coerente”. Ma quando il presidente della Camera osserva che il premier “confonde la leadership con la monarchia assoluta” – aggiungendo: “In privato gli ho detto: ricordati che gli hanno tagliato la testa… quindi ‘statte quieto’ ” – non si può pretendere che gli uomini del premier restino in silenzio. A complicare le cose c’é il fatto che quel 6 novembre, a Pescara, Fini aveva parlato anche delle rivelazioni del pentito Spatuzza.
E da quelle sue frasi carpite dai microfoni, è nata una mini-crisi istituzionale con il vicepresidente del Csm Mancino. Al suo interlocutore Fini dice che le rivelazioni di Spatuzza sono “una bomba atomica”. E si augura che siano riscontrate con tutto lo “scrupolo” del caso. Poi parla delle persone coinvolte: “Lei lo saprà… Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro dell’Interno, e di (qui l’audio è disturbato e non si sente il nome pronunciato da Fini, ndr)… uno è vicepresidente del Csm, e l’altro è il presidente del Consiglio”. “Però comunque si devono fare queste indagini”, dice l’interlocutore di Fini, che risponde: “Ci mancherebbe altro” Molto risentito il commento di Mancino: “Ignoro il contenuto delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sul mio conto; ribadisco l’assoluta mia estraneità ad ogni forma di coinvolgimento nella presunta trattativa Stato-mafia, che, se avvenuta, non è stata mai portata alla mia conoscenza”. Fini ha dovuto telefonare a Mancino per disinnescare l’incidente.
L’inquilino di Montecitorio ha spiegato al vicepresidente del Csm di aver fatto confusione attribuendo a Spatuzza quanto aveva detto in un primo tempo il figlio del sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, a proposito della trattativa tra lo Stato e la mafia: era stato Ciancimino junior e non Spatuzza ad aver parlato di Mancino, dicendo che la mafia lo aveva individuato come possibile interlocutore. Dichiarazioni note, per le quali Mancino aveva querelato Massimo Ciancimino. Nel Pdl, dopo lo stordimento iniziale, si è deciso che non si poteva far finta di niente. Durissimo il portavoce Capezzone, che ha chiesto a Fini di dire se è d’accordo con il documento approvato dall’ufficio di presidenza del Pdl “sull’utilizzo dei cosiddetti ‘pentiti’, sull’uso politico della giustizia, sul tentativo in atto di ribaltare il risultato della ultime elezioni politiche”. Altrettanto duro il ministro Brunetta: “Dispiace che il presidente della Camera, terza carica dello Stato, possa affrontare con tanta leggerezza e carenza di informazioni temi così delicati”. Il fuorionda dello scandalo ha invece incrementato le azioni di Fini nell’opposizione. Antonio Di Pietro lo applaude ma gli chiede anche “coerenza”, vale a dire uno stop alle leggi volute dal centrodestra “che creano ingiustizia”. Sintetico Pier Luigi Bersani: “Niente di nuovo, è la conferma delle difficoltà della maggioranza”.