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Floppy floppy bye bye

Ancora una volta dal Sol Levante un passo in avanti

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Non ci saranno più

Il Giappone si è liberato definitivamente dei floppy disk e delle 1.034 norme che ancora ne regolamentavano l’uso nello Stato asiatico. Si conclude così la svolta digitale iniziata nel 2021 per abbandonare i supporti di memoria che solo fino a gennaio scorso erano ancora richiesti obbligatoriamente, insieme ai Cd-rom, per 1.900 tipi di trasmissioni di documenti e moduli governativi. Ma la pervasività di supporti fisici come dischetti, fax e carta è tale nell’amministrazione pubblica giapponese, che nonostante l’imposizione ci vorrà ancora diverso tempo prima di completare la digitalizzazione.
Lo scorso 28 giugno, il ministro giapponese per gli Affari digitali, Taro Kono, ha commentato la novità con Reuters definendola una vittoria nella “guerra” contro il vecchio dischetto. Già un anno fa su X, dove ha 2,5 milioni di follower, il politico aveva scritto che avrebbe “dichiarato guerra” all’uso di questi dispositivi. Prima di assumere l’incarico di ministro per gli Affari digitali, ad agosto 2022, Kono ha guidato il ministero degli Esteri e quello della Difesa. Ha gestito anche la campagna vaccinale durante la pandemia da Covid-19, un periodo in cui la burocrazia fondata sull’uso dei floppy disk e dei documenti cartacei aveva mostrato tutti i suoi limiti, creando non pochi rallentamenti. Il governo era stato pesantemente criticato pure per il conteggio dei contagi e dei vaccini via fax.

I floppy disk, introdotti per la prima volta nel 1967, sono stati usati per l’archiviazione di memoria digitale soprattutto tra la fine degli anni Settanta e gli anni Novanta. Il declino inizia quando arrivano i Cd-rom. Oggi la loro capacità è troppo bassa: non riuscirebbe a memorizzare neppure un’immagine di uno smartphone. I dischetti da 3,5 pollici, possono contenere al massimo 1,44 Megabyte di dati, molto distante dalle possibilità offerte da chiavette Usb, schede SD o spazi cloud che possono arrivare a diverse centinaia di gigabyte.
Nonostante questi limiti, sono stati mantenuti in diversi contesti perché ritenuti una soluzione di archiviazione digitale altamente sicura. Il Giappone non è l’unico Paese rimasto affezionato al vecchio supporto. A San Francisco, per esempio, viene usato per i software di un sistema di controllo dei treni. Sempre negli Stati uniti, l’Air Force ha abbandonato i floppy disk da 8 pollici solo nel 2019. Alcuni Boeing 747 invece li utilizzano tuttora per caricare gli aggiornamenti software nei computer di navigazione.
Negli ultimi anni, poi, i dischetti sono diventati oggetti da antiquariato ricercati da collezionisti appassionati di tecnologia vintage. Tom Persky, uno statunitense che vende floppy disk non usati, ha spiegato alla Bbc che dopo tanti anni trova ancora redditizio questo commercio e ha clienti in tutto il mondo. La metà di loro li compra per hobby e passione, l’altra metà sono utenti industriali che li usano per lavoro. La loro produzione però è andata via via scemando. L’ultima grande azienda che produceva floppy disk, Sony, ha smesso nel 2011. Il loro numero dunque è limitato. Come ogni cosa, prima o poi, potrebbero finire.

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