In Italia i mondiali del Calcio Balilla oggi ribattezzato per prudenza antifascista “biliardino”. Questo gioco che ha segnato sette decenni di generazioni, ha il suo mondiale in Valdaosta
Fa la faccia storta quando gli chiedi se si può rullare. «Non è un gioco, questo», ribatte con piglio piemontese Massimo Ragona, 45 anni. Anche per lui una volta il biliardino (Calciobalilla n.dr.) era un innocente passatempo da spiaggia, prima che diventasse una missione. E una disciplina agonistica, con i suoi atleti e le sue regole. Niente rullate. Ma che razza di sport è ruotare delle bacchette con attaccati giocatori in miniatura? «Più sport del bridge o del tiro a volo», replica Ragona, che dieci anni fa ha chiuso il suo pub e ha aperto la Federazione italiana di calcio balilla, la Ficb, e nel 2002 ha fondato l’International table soccer federation, la Fifa del calcetto, di cui è vicepresidente. Lo hanno ascoltato: a Pechino il calcio balilla entrerà all’Olimpiade come disciplina sperimentale e oggi a Saint Vincent si taglia il nastro del primo campionato del mondo.
LA SFIDA – In Valle d’Aosta dovevano arrivare i migliori 42 atleti del pianeta, usciti dai quattro tornei di qualificazione, l’ultimo a Dallas, Stati Uniti. Ce ne saranno solo 33. Già eliminati, dalla burocrazia di frontiera gli indiani, i pakistani e i giocatori di Hong Kong. In compenso ci saranno i cinesi, i giapponesi e gli americani. Il terribile ragazzino Usa Tony Spederman cercherà di mandare all’aria il pronostico che garantisce il successo del trentenne belga Frederic Collignon, imbattuto e qualcuno dice imbattibile. Solo nel 2003 Collignon ha racimolato oltre 200 mila euro nelle sfide internazionali. Ma ci proveranno anche Francia, Germania, Svizzera e Inghilterra. E naturalmente l’Italia con Davide de Vuono, altro prodotto torinese, 23 anni, uno dei più forti. «Ma difficilmente vincerà questo mondiale», dicono nell’ambiente. Perché da noi il gancio – cioè un doppio tocco consecutivo con gli ometti della stessa fila – non è consentito, mentre il regolamento internazionale è più tollerante.
ALLENAMENTO – De Vuono ha una struttura da calciatore vero. Perché per fare calcio balilla ci vuole il fisico. I giocatori saltano come scoiattoli da un capo all’altro del tavolo, in una frazione di secondo devono passare dall’azione difensiva al contropiede con l’asta più lontana ed essere poi pronti a ripiegare di nuovo in retroguardia. Palestra quindi per irrobustire muscoli e tendini, esercizi per polsi, braccia, schiena, reni, ginocchia, polpacci e ancora una concentrazione da yoga per resistere a decine di incontri previsti nelle competizioni ufficiali. Durante il match, proprio come nel calcio, l’adrenalina schizza a mille: non è raro assistere a contestazioni e zuffe in cui viene coinvolto anche l’arbitro. Sono ventimila in Italia gli iscritti ai trecento club di biliardino. Nostalgici ultraquarantenni, maschi, ma la passione sta contagiando giovani e donne. La prossima estate uno staff della federazione percorrerà il periplo delle spiagge italiane, ingaggiando i migliori talenti under 18, una specie di campionato italiano a domicilio. L’intento sconfina nel sociale: offrire un’alternativa sana ai videogiochi. Il fenomeno sta già contagiando tutti i continenti: 180 mila gli atleti in tutto il mondo. «Come nel calcio, ogni Paese vuole la paternità, ma il calcio balilla – assicura ragona – è nato in Italia, anzi in Piemonte».