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Gaetano Alimonda, ragazzo

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Non sapremo mai più se questo (oggi oscuro) arcivescovo di Torino della fine dell’800 meritasse davvero l’intitolazione di una piazza, a Genova (sua città natale? Non sono ancora riuscito a scoprirlo).

E’ stato prima il pennarello a cancellarne i meriti, con maleducazione o leggerezza, chissà, poi -questa fase è ancora in atto- l’abitudine. Ma non la prassi consolidata che si radica nei convincimenti di un popolo, bensì il truffaldino, ipnotico tentativo di cambiare le cose con prepotenza, in nome del proprio personalissimo “senso di giustizia”, e mettere il resto del mondo, volente o nolente, davanti al fatto compiuto. Lì, in piazza Alimonda, il 21 luglio del 2001 è morto Carlo Giuliani; ed ora, nei siti internet, nelle pubblicazioni, in tutte le espressioni di pensiero di una sinistra troppe volte libera dalle inutili catene della realtà e del buon senso si può leggere sempre più spesso: Piazza Carlo Giuliani, (virgola ragazzo), al più qualcuno aggiunge “già piazza Alimonda”. Cambia così la toponomastica comunale a Genova? A colpi di pennarello? E nella mia città io posso creare una “Piazza Sergio Ramelli” con lo stesso sistema? Intendiamoci. Carlo Giuliani, poveraccio, è morto a 21 anni o poco più, un’età in cui non dovrebbe morire nessuno; ed è morto lottando per inseguire i suoi ideali, nel sogno di un mondo secondo lui migliore: un grosso passo avanti, se si pensa a quanti coglioni ci lasciano le penne ubriachi o strafatti all’uscita da una discoteca, schiantandosi con la macchina. Ma non è nè un eroe nè un martire: è solo un poveraccio ucciso da una violenza, da un gioco più grandi di lui… e si dice che a Genova non ci dovevano essere agenti inesperti, ci volevano professionisti, e quello che è successo non sarebbe successo. Ma allora perchè non si addossa la responsabilità della morte di un ragazzo a Casarini ed Agnoletto, che per settimane prima del G8 avevano berciato oscenità alla sola idea della “provocazione” di trovarsi davanti dei professionisti, o magari l’esercito a difendere quella fottutissima Zona Rossa? Non li hanno voluti loro, i professionisti, e in sovrappiù il giorno dopo la tragedia hanno ripreso a sfilare come se niente fosse. Da un pò mi chiedo dunque questa cosa: ma sto monsignor Alimonda, arcivescovo di Torino, era davvero uno tanto mediocre da non meritarsi una piazza intitolata a lui? Questo scempio di aver dedicato una piazza a costui andava cancellato a colpi di pennarello? Una cosa la so: monsignor Gaetano Alimonda, ahilui, scelse la via sbagliata per tentare di assurgere all’effimera immortalità della toponomastica cittadina: non si fece mai venire l’idea di caricare una jeep dei Carabinieri, estintore in resta, insieme ad altri venti scalmanati.

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