giovedì 4 Settembre 2025

Gli Houthi, Gaza, Kiev, eccetera

Se la vista è schiacciata non si coglie la profondità

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Quando si naviga a vista e invece di una Idea del Mondo, di radici storiche, ideali e geografiche precise, di un progetto per il futuro, si risponde ad una logica da hooligan di salotto che vaga in una lotta apocalittica tra Bene e Male, che s’inserisce in un mondo dove tutto si perde nella piattezza dell’uguale, non si può che annaspare nelle contraddizioni.

Le contraddizioni ci sono sempre e come avrebbe detto Platone solo gli imbecilli non ne hanno, ma quando sono la regola e si stagliano in un bipolarismo tra Buoni e Cattivi, diventano qualcosa di grottesco e di pietoso.

Prendiamo le azioni di killeraggio di ieri


Sono stati uccisi: a Leopoli uno dei fondatori delle formazioni della destra radicale ucraìna, ex vicepresidente del Parlamento, in Yemen il primo ministro locale, degli Houthi.

Raramente si sarà entrato nel merito di cosa ha permesso queste operazioni, la prima a firma russa e la seconda palesemente israeliana, ma si sarà considerata ignobile l’una e fantastica l’altra a seconda del falso pregiudizio personale di stampo (anti)occidentalista.

Comprendo che sia duro ragionare in modo più articolato e, facendo astrazione dai sentimenti in merito, identificare le azioni in una strategia più ampia. Che va dalla “denazificazione” preventiva in Ucraìna in virtù del dopoguerra (per la qual cosa il ruolo americano a sostegno dei killers è probabile e perfino “tradizionale”, essendosi già espresso in Spagna e in Croazia), alla contesa in Medio Oriente per il primato nell’alleanza con gli wahhabiti (su cui gli americani non possono essere così d’accordo, visto che la sfida a loro viene proprio da Tel Aviv).

Se non si fa una valutazione politica e si resta alle sensazioni e ai suggerimenti che ci detta un bipolarismo sciocco e banalizzante, è impossibile articolare un pensiero e una linea di azione che vada oltre il tifo e che non sia isterica e cieca.

Arabo/israeliano


Ho parlato per anni di questo per quanto riguarda la questione ucraìna, vediamola ora sul quadrante arabo/israeliano. E quando dico arabo/israeliano lo intendo ormai come quello russo/americano che ci attanaglia direttamente, essendo almeno sei anni che le alleanze economiche ed energetiche tra Israele e la quasi totalità degli Stati arabi è solidissima, al punto che quasi tutti questi partecipano indirettamente o perfino direttamente (la contraerea della MEAD) all’azione militare di Tel Aviv.

Non ho letto quasi mai delle analisi su quanto si sta condensando in quell’area, ovvero questo polo arabo/israeliano, o meglio israelo/arabo su cui Washington e Tel Aviv concorrono per le quote di primato.

Non ho letto quasi mai delle considerazioni sul ruolo di Hamas che è il pilastro di tutto l’impianto di quanto oggi lì accade.

Leggo invece opposti cretini i quali o giustificano la macelleria ignobile che gli israeliani stanno compiendo a Gaza, con la motivazione degli orrori del 7 ottobre, o che giustificano Hamas e le sue porcherie con l’oppressione israeliana.

In entrambi i casi la popolazione palestinese, disprezzata o commiserata, serve solo come immagine di un’argomentazione prefabbricata.

Ho il difetto della coerenza ad ogni costo e della fedeltà alle cause che ho abbracciato


Sono per la Palestina libera e indipendente e non lo baratto, pur sapendo che non succederà mai e che al massimo verrà concesso uno staterello formale, infeudato e occupato in comune accordo da israeliani e wahhabiti.

Ma proprio per questo non posso non detestare Hamas che è stato pompato da quando venne messo in grandi difficoltà Arafat, e al quale sono piovuti finanziamenti da parte degli alleati di Israele (oggi si parla solo dell’Iran che si è appena appena inserito, ma la parte del leone l’ha fatta il Qatar in accordo con Tel Aviv, come rivendicato dallo stesso Netanyahu).

Non dimenticherò che il 7 ottobre, quella macelleria jihadista fu compiuta non al grido di “Palestina libera!” ma di “Allah u akbar!”

Né che questo incendiò le banlieues che provarono a imitarlo e che una settimana dopo in un attacco razzista venne assassinato un giovane francese per una ripetizione del massacro.

Quello che accade a Gaza

lo dobbiamo ai palestinesi che hanno tradito la causa nazionale sposando l’internazionalismo religioso, lo dobbiamo a quasi tutti i governi arabi, lo dobbiamo agli americani, lo dobbiamo anche ai russi che accettano o avallano tutti i cambiamenti domandati da Israele e USA (la Siria, il Caucaso…) Paradossalmente solo i governi europei sono timidamente in controtendanza, oltre ai turchi che continuano a proporre la loro leadership morale di marca neo-ottomana.

Quello che accade a Gaza troverà sempre la giustificazione dell’esistenza dei banditi di Hamas, e i banditi di Hamas saranno sempre protetti dalle stesse istituzioni israeliane fino a quando saranno utili e non saranno stati sostituiti da qualche altra creatura fantoccio.

Per quanto riguarda gli Houthi

la questione va letta in un’ottica molto più ampia di una pretesa fratellanza con i massacrati di Gaza. Lo Yemen è stato oggetto delle mire imperialistiche internazionali dell’Iran, il cui ruolo nell’evoluzione disastrosa di tutta la regione nessuno ha mai ancora stigmatizzato abbastanza.

Gli Houthi sono quelli che, con la scusa di opporsi a Israele, ma in quanto coinvolti nel contenzioso inter-religioso e imperialistico dell’area, tengono in ostaggio il commercio marittimo europeo, alzando così ulteriormente i nostri costi e sono partecipi alla strategia americana di contenimento europeo, esattamente come lo sono i russi e gli jihadisti.

Di loro gli americani si sono sempre disinteressati, al punto che la difesa delle navi europee è stata presa da noi italiani.

Ed è la ragione per la quale l’iniziativa presa da Tel Aviv sarà stata magari accettata, o pubblicamente avallata, dalla Casa Bianca, ma di sicuro non è stata suggerita da essa, a meno che non siano stati colti da demenza senile.

Bisogna capire almeno in grandi linee quello che accade, invece di tifare stupidamente.

Come ogni cosa dev’essere letta sotto l’ottica europea

e proprio su quella base devono essere operate le scelte, così per quel che riguarda ciò che resta della Palestina, ma anche le popolazioni arabe che sono ovunque alla mercé d’imperialisti e di fondamentalisti religiosi locali, non serve determinare se sia peggio Teheran o Riad, ma capire che se non si fa perno su di una causa autentica e radicata, le scelte di campo sono imbecilli, perché si serve sempre lo stesso progetto.

Finora tutte le scelte di campo sono state basate sull’anti. Cambiano se prevale il cosiddetto antisemitismo, che poi dovrebbe definirsi antiebraismo, o l’antislamismo, che poi dovrebbe definirsi anti-arabismo.

Nessuno ha capito che i due opposti in negativo si sostengono vicendevolmente e che chiunque sia fanaticamente sostenitore di un campo sta sostenendo anche quello che odia… Eppure la storia dovrebbe avercelo insegnato.

Ultimamente è intervenuto un ultimo elemento di idiozia: l’antioccidentalismo cui si contrappone la difesa dell’occidentalismo

Quest’ultima concezione fa acqua da tutte le parti e consta di una serie di pregiudizi infondati, come ho più volte argomentato.

Se poi entriamo nello specifico, occidentalisti o antioccidentalisti, siete fuori strada


Israele è più Oriente di Occidente, come attestano la gran maggioranza delle comunità immigrate che lo compongono, la sua storia sacra, la sua scrittura.
E da quando è alla testa dell’hub arabo/israeliano è pure più Sud che Nord.

Il Nord lo indica la bussola. Quella che va recuperata per smetterla di essere in balìa dei venti e di percorsi verso il nulla, che sono stati approntati per tutti noi.

Fanno eccezione quelli che hanno il senso dell’orientamento e non si fanno suggerire come smarrirsi in un labirinto.

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