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Gli Usa nella controffensiva galoppano

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Stanno recuperando rapidamente il terreno perso ovunque da quell’incapace di Trump

La nuova strategia sull’Indopacifico per salvare il QUAD che la Ue a trazione tedesca e il Giappone avevano condotto in un vicolo cieco mentre entrambi si accordavano comercialmente con la Cina, cerca di ricomporre il quadro, allargandolo e di attrarre la Francia, distanziandola dalla Germania.
Come ovunque (Libia, Ucraìna, vaccini) le mosse sono volte a frenare e sminuzzare l’Europa.

Vietnam e Indonesia, Taiwan e Singapore, e poi Francia e Regno Unito: questi sei Paesi potrebbero (il condizionale è da sottolineare) essere parte di colloqui attivi con il Quad, il sistema di dialogo sulla sicurezza su cui Giappone, Australia, India e Stati Uniti stanno portando avanti – per volontà di Washington – discussioni verso un’implementazione. O forse meglio dire un’istituzionalizzazione come forma di alleanza nell’Indo Pacifico. Alleanza che sarebbe la chiave di volta di un fronte che avrebbe come obiettivo fondamentale il contenimento cinese.
La prospettiva di un “Quad+6” è per ora speculativa, ma che esistano possibilità e idee per l’allargamento è evidente, davanti alla militarizzazione del Mar Cinese Meridionale, all’acquisizione e rafforzamento di una nuova – la prima – struttura navale cinese a Gibuti (ossia alla fine del corridoio talassocratico del Mar Rosso, che porta le rotte del Mediterraneo verso Oriente), e alle crescenti attività navali nell’Oceano Indiano da parte della Cina.

Francia e Regno Unito sono i due alleati transatlantici più vocati a seguire questo allargamento. Con Parigi che ha già inviato navi nel Mar Cinese e ha anche schierato un sottomarino in esercitazione con gli americani nella regione indo-pacifica: attività legate a una vocazione appunto con cui i francesi tendono a percepirsi come un attore anche in quell’areale (percezione frutto di ragioni storiche e realtà attuali). Londra ha invece individuato verso Oriente la dimensione per proiettare la “Global Britain” post-Brexit: dimensione giocata anche in antagonismo con la Cina (vedere, tra le varie cose, la recentissima decisione di avanzare un progetto di legge per definire genocidio ciò che sta succedendo nello Xinjiang: un punto di non ritorno per le relazioni con Pechino).
Entrambe mosse dettate da interesse nazionale (la Francia dice che gli schieramenti fanno parte della strategia di difesa nazionale, per esempio) sebbene non indifferenti all’accontentare desiderata statunitensi. Simile Singapore, che non ha rivendicazioni dirette con la Cina, ha forza di città-stato abile nel parlare con tutti, ma sta stabilizzando la partnership per la sicurezza con Stati Uniti (tanto che potrebbe ospitare la Prima Flotta al ritorno nell’Indiano) e India.

Vietnam e Indonesia hanno entrambi un modus operandi individuale nel trattare la Cina. Coinvolti nelle rivendicazioni territoriali contro il Partito/Stato, i primi in modo più ruvido gli altri più morbidi, cercano di mantenere intatta la possibilità di scindere business da strategia. Compito arduo per come procedono le cose, e sebbene entrambi cerchino respiro la rotta porta verso Washington – potenza globale egemone che però non si mostra fagocitatore come Pechino.
Il Vietnam ha rapporti di cooperazione militare con gli Usa e con il Giappone, e con l’India ha rafforzato i legami bilaterali e firmato un memorandum d’intesa sulla cooperazione tra il Centro globale per il partenariato per l’energia nucleare (indiano) e il Vietnam Atomic Energy Institute (cooperazione dunque su un tema strategico per il paese).
L’Indonesia controlla quattro rotte marittime vitali di comunicazione per il commercio internazionale e la navigazione: gli affollati stretti di Malacca, Sonda, Lombok e Makassar, tre dei quali collegano gli oceani Indiano e Pacifico. Non serve altro per farne un membro importante nella strategia indo-pacifica americana. Le ultime due porte talassocratiche sono particolarmente utili per le operazioni sottomarine della marina cinese, in quanto sono rotte meno battute e distanti dallo stretto di Malacca – per questo interessano alla US Navy.
Di Taiwan non serve aggiungere ragioni per essere del gruppo: sta pensando seriamente che a breve sarà invasa dalle Forze armate della Repubblica popolare, ergo – al di là della strategia del porcospino – cerca sponde per proteggersi. Pur se non ha relazioni diplomatiche formali, Taiwan è impegnata nell’allargamento della sua politica verso sud, nell’ambito della quale ha ulteriormente rafforzato il suo impegno con l’India e i paesi dell’ASEAN. Taipei è inoltre parte della guerra tecnologica tra Usa e Cina che si combatte attorno ai semi-conduttori e sfocia in vari campi (vedere le recenti questioni valutarie).

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