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Good vibrations

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Il latin lover chi èra costui?

 

Buona la focaccia al formaggio, per carità, ma a Recco sembrano essersi  convinti che sia giunto il momento di associare la cittadina ligure a un altro tipo di specialità, attinente però a un peccato capitale diverso dalla gola: la lussuria. Si spiegano in questo modo, forse, gli assalti notturni che, stando a quel che riferisce «Il Secolo XIX», subisce regolarmente il distributore automatico di una farmacia situata in Via Roma. Distributore automatico che, assieme a dei canonici preservativi e a delle già più audaci creme per la stimolazione vaginale, elargisce nientemeno che dei vibratori. Sì, vibratori, quegli oggetti falliformi di vari colori e dimensioni il cui scopo è supplire alle eventuali inefficienze del loro omologo di carne e il cui prototipo venne ideato negli anni Ottanta del secolo XIX – sarà per questo che il quotidiano più letto a Recco si chiama così? – dal medico inglese Joseph Mortimer Granville, il quale intendeva curare in questo modo l’isteria femminile. 

Quantomeno a Recco, però, i vibratori, anziché farla passare, l’isteria l’hanno provocata e, si presume, non solo nelle donne. È infatti impossibile che siano tutti di sesso femminile i clienti della farmacia recchese che, ogni notte, esauriscono le scorte di questi simulacri di pene umano forniti di benemerito motorino interno.

Il fenomeno è talmente curioso da avere suscitato anche l’interesse di alcuni organi d’informazione stranieri, i quali avranno forse formulato gli stessi quesiti che ora ci poniamo noi. Il primo è: come mai a Recco e dintorni si avverte quest’irrefrenabile esigenza di ricorrere alle prestazioni di un vibratore? La domanda presenta risvolti inquietanti, soprattutto per i recchesi (specie i recchesi uomini). Se da un lato, infatti, si può pensare che a Recco ci si dedichi in massa a pratiche erotiche presumibilmente meno usuali in altre parti d’Italia, dall’altro nasce il sospetto che i maschi recchesi non siano proprio degli epigoni di Rocco Siffredi e Franco Trentalance, al punto di dover ovviare alle proprie mediocri performance affidandosi alle provvidenziali risorse della meccanica.

Secondo interrogativo: cos’hanno di tanto speciale, i vibratori posti in vendita nella farmacia di Via Roma, da convincere un così gran numero di liguri, notoriamente poco propensi ad alleggerire con nonchalance il proprio portafoglio, a spendere ben 20 euro per ciascun pezzo (tale è il costo del modello standard)? Senza contare che, dopo gli acquisti ininterrotti degli ultimi tempi, il mercato (dato che il vibratore è, fino a prova contraria, un oggetto riutilizzabile) si sarebbe già dovuto saturare. Invece no. Ogni notte, in Via Roma, c’è il tutto esaurito. Che le donne di Recco concepiscano il vibratore alla stregua di un partner occasionale, da una botta e via? Una sorta di amante usa e getta? Non si può escludere, ma in questo modo il passatempo si fa, economicamente parlando, alquanto oneroso. Infine, sarà mai accaduto – come prima o poi è successo a tutte le macchinette del mondo – che il distributore di Recco sia andato in tilt e che uno dei vibratori sia rimasto bloccato nell’apparecchio senza finire tra le mani del compratore? Se a uno capita una roba del genere sono guai mica da ridere. Che si fa, si chiede aiuto a un passante dicendogli «Mi scusi, il vibratore s’è incastrato, mi dà una mano a estrarlo»? Non stiamo mica parlando di un pacchetto di sigarette.Ma d’altronde è probabile che, dopo avere investito 20 euro, i pudori si superino più facilmente. E in ogni caso è meglio che il vibratore s’incastri nella macchina e non altrove, come talora purtroppo capita (nei pronto soccorsi degli ospedali ne sanno qualcosa). Un fatto, ad ogni modo, è sicuro. Nessuno d’ora in poi potrà accusare Recco di essere un posto noioso: lì, con tutte quelle vibrazioni, non manca certo il movimento.

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