L’analisi del voto italiano
Non è da escludere che la prossima legislatura passi alla storia ma non per le ragioni che alcuni sperano, altri paventano e altri ancora scongiurano solo per dirsi duri e puri. Se lo farà sarà per l’imminente ruolo italiano in Europa, ovvero un’azione di recupero di potenza in un rafforzamento europeo o una funzione di sabotaggio della Ue per conto dei nostri padroni di Jalta.
Contrariamente ai più non considero questa seconda ipotesi così certa, ma staremo a vedere e quindi attendiamo per parlarne. Per ora valutiamo come si è manifestato il voto degli italiani.
L’ascesa della Meloni
Il primo dato che balza agli occhi è il provincialismo ritardato in cui langue la politica italiana, forse la sola in tutto l’Occidente in cui si parla di temi fantasiosi (ritorno del fascismo, complotti di questo o quello) o di questioni esclusivamente domestiche con tanto di formulette magiche (tetti sull’energia, flat tax, redditi di cittadinanza ecc). Cenerentola politica: l’unica nazione in cui non si mettono sul tavolo le questioni nodali e ci si rifiuta di accettare la realtà nella sua interrelazione internazionale, nella sua evoluzione tecnologica e nella necessaria modifica istituzionale di un parlamentarismo inutile.
Trentasette milioni di elettori sono andati così a votare su temi superflui, irrilevanti, fantasiosi o nulli.
Sicché le scelte, comunque di buon senso, hanno favorito quella che si ritiene un ritorno alla politica e che si vuole gestito da chi era meno compromesso.
Questo riguarda la scelta dal basso. Prima però ci sono le scelte dall’alto che si riflettono nelle divisioni o unità delle liste elettorali, nella gestione nazionale e internazionale dei media e in altri segnali come negli effetti delle Borse. Innegabili i meriti della Meloni, ma tutto lascia credere che le sia stata spianata la strada. Bisognerà vedere perché, in quanto nel secondo caso sarebbe un male, ma non nel primo.
Cosa Loro
Anche i 5 Stelle dimezzati cantano vittoria perché negli ultimi mesi avrebbero ribaltato il trend e recuperato parecchi voti. Secondo alcuni osservatori avrebbero incassato l’aver fatto cadere il governo. Sono più scettico se osserviamo la geografia elettorale del partito forte solo nel centro-sud. I 5S hanno sicuramente capitalizzato il voto dell’atavico assistenzialismo italiano, in gran parte la nostra palla al piede, ma non c’è solo questo. Prendiamo la Sicilia dove si è votato contemporaneamente alle politiche e alla Regione. Come per magia i voti alla Regione sono poco più della metà di quelli alle politiche (cca 15% contro 27%) perché la Mafia in Regione è tentacolare e trasversale, invece sul Parlamento l’onorata società sembra aver fatto convergere il voto in una sola direzione. In quella di coloro che vogliono far togliere le sanzioni alla Russia. Ora, chi abbia osservato come si articola il partito russo in Italia, avrà notato che oltre a rispondere al Cremlino esso ha legami con Cipro, Tel Aviv e la City. Ma i principali portavoce dei russi sono italiani di cittadinanza russa: all’ottanta per cento sono siciliani. Non sottovaluteri questa chiave di lettura nella dinamica elettorale.
Terzo Polo
Un altro elemento significativo, almeno in prospettiva viste le possibili convergenze con Forza Italia, è il risultato del Terzo Polo, né inferiore né superiore alle attese, ma che sorprendentemente si è espresso subito con la profferta di sostenere la maggioranza in caso di modifiche costituzionali. Il che lascia supporre che la volontà a monte possa essere davvero quella di liberarci di tutti gli orpelli che rendono pressoché ingovernabile, senza stagnazione, un Paese prigioniero della “Costituzione più bella del mondo”, antifascista soprattutto nei suoi meccanismi.
Gli exiti
Infine la figuraccia dei popul-sovran-piagnucol-antitutto può segnare la parola fine e il seppellimento di quella paccottiglia di formulette autolesioniste e antisocialnazionali che sono state inventate a Londra per trasformare gli emarginati in zavorre per le navicelle europee.
Sono più di dieci anni che queste turbe anti-Ue, anti-Euro, anti-storia, anti-geografia, si sono appropriate dei ghetti destroterminali che, però, da qualche tempo hanno preso faticosamente ma progressivamente a venirne fuori.
Il disagio determinato dai lockdown e dal contagio del delirio tramite web aveva intanto condensato tutto un insieme di terrapiattisti, noRuota, desperados ululanti a difesa della Costituzione, putinolatri, ottosettembristi e fissati dei propri “diritti” egoistici che mischiavano con i danni socioeconomici generalizzati di cui si dicevano avversari, cosa che però non ha attecchito. Si definivano rappresentanti del popolo, ma il popolo li ha continuati a ignorare. Il loro agitarsi isterico e il fanatismo che cresceva incessabilmente aveva convinto tutto un insieme di emarginati di parrocchie, sette e patologie differenti di essere sul punto di espugnare il Palazzo, ma all’atto pratico hanno fatto un gigantesco flop.
Qualcuno sostiene che se queste quattro liste (non ho incluso quella di De Magistris che è di altra natura) sarebbero riuscite a sforare il tetto del 3%.
Non lo credo in quanto non sono state divise dal potere ma lo hanno fatto da sole perché prigioniere dei loro settarismi e fondametalismi fulminati (comunista, cristiano, sovranpopulista) non potevano accordarsi nel modo più assoluto ma, qualora lo avessero fatto, avrebbero perso tanti di quegli elettori in preda a discriminanti e scomuniche incrociate, che non ci sarebbero riusciti.
Solo ignorando le categorie del reale e applicando acriticamente una somma matematica si può ipotizzare che avrebbero ottenuto qualche misero eletto. La somma delle quattro liste del disturbo, più che di disturbo, ha dato 1.119.914 voti e 3,92% alla Camera e 1.058.211 per 3,85% al Senato.
Improbabile che dalla presunta area siano giunti più di settanta od ottantamila tra questi voti, quasi tutti per Italexit, comunque già agghiacciante nel nome.
Ora di aria nuova
Il disastroso tramonto dei no-tutto con le loro presuntuose quanto sballatissime tavole della legge, finanziaria, economica, geopolitica, può essere il segnale più incoraggiante di queste ultime elezioni. Sarà il caso che si abbandonino definitivamente i tatticismi, peraltro quasi mai riusciti, e l’inseguimento delle trippe dei più sfigati che nell’ultimo ventennio sono state le costanti della pretesa riuscita politica tramite scorciatoia da parte di una ex destra radicale. E sarà il caso di rafforzare le controtendenze, già esistenti e attive, per uscire dallo sbandamento e recuparere non un ambiente – ché è in gran misura irrecuperabile anche a se stesso – ma le sue forze e intelligenze migliori per un’azione fondata su fanatismo freddo, centralità ideale, e riscoperta della politica, scomparsa in certe latitudini da tempi immemori e surrogata con tatticismi ciechi ed eccitazioni verbali che accompagnavano le ideologie degli altri e, principalmente, dei nostri nemici giurati per i quali si è continuato a militare come formazioni di complemento.
Se ne sta già uscendo: si continui!