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Cuba comunista ora licenzia nel settore pubblico

A Cuba al via i licenziamenti in massa nel settore pubblico
Un milione e 300 mila posti di lavoro tagliati in tre anni. L’obiettivo: nel 2016 il 50% di impiegati nel settore privato
E’ ufficialmente incominciato a Cuba il più grande processo di licenziamenti collettivi dall’inizio della rivoluzione castrista: come ha scritto il quotidiano spagnolo El Pais, l’obiettivo del regime è disfarsi di un milione e 300.000 fra impiegati e funzionari nei prossimi tre anni, circa il 25% del totale. L’obiettivo è che il 50% dei cubani siano impiegati nel settore privato entro il 2016, un cambiamento epocale in un Paese dove fino a poco tempo fa circa il 90% dell’economia era controllata direttamente dallo Stato. I primi tagli saranno nei ministeri dell’Industria dello zucchero, dell’Agricoltura, della Costruzione, della Salute pubblica e nel settore del Turismo. Il piano è drastico e nel primo semestre dovrebbero essere soppressi circa mezzo milione di posti. Sono previste compensazioni molto ridotte, appena un mese di salario per ogni 10 anni lavorati, in pochi casi ci saranno aiuti extra. Il salario mensile medio a Cuba è di 410 pesos, circa 14 euro, una cifra che nella maggior parte dei casi non garantisce la sussistenza ma è cruciale nell’economia delle famiglie per arrivare alla fine del mese. Secondo El Pais, i licenziamenti stanno avvenendo non senza tensioni, soprattutto nel settore turistico, in cui i posti di lavoro sono molto richiesti. I licenziamenti vengono decisi con un processo a cui partecipa attivamente il sindacato unico del paese, la Central de Trabajadores de Cuba (Ctc), e le discussioni fra i lavoratori, il Ctc e l’amministrazione sono molto accese, per il timore di favoritismi e nepotismo.

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