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telefonata tra Obama e Hu Jintao. I buoni sempre più alleati…

Washington, 2 apr. – (Adnkronos/Dpa/Xin) – Ancora un altro forte segnale di riavvicinamento tra Stati Uniti e Cina dopo le tensioni degli ultimi mesi su Taiwan, Tibet e Google. All’indomani dell’annuncio della partecipazione di Hu Jintao al vertice sulla sicurezza nucleare che si terrà dal 12 aprile a Washington, il presidente cinese e Barack Obama hanno avuto una conversazione telefonica in cui si è affrontata, tra l’altro, la questione del programma nucleare iraniano.

 

Lo hanno reso noto sia la Casa Bianca che l’ufficio del presidente cinese che, secondo quanto riporta l’agenzia Xinhua, nel colloquio, durato un’ora, con Obama ha espresso “la sua opposizione alla proliferazione ed al terrorismo nucleare ed ha dato il suo sostegno agli sforzi per rafforzare la cooperazione sulla sicurezza nucleare”.

 

Nel comunicato della Casa Bianca, pur senza nessun riferimento diretto alla questione delle sanzioni a Teheran, si afferma che Obama da parte sua ha “sottolineato l’importanza che si lavori insieme per assicurare che l’Iran rispetti i propri obblighi internazionali“.

 

Anche nel comunicato diffuso dal ministero degli Esteri cinese nessun riferimento diretto all’Iran ma appunto alla citata opposizione da parte di Pechino alla “proliferazione ed al terrorismo nucleare”. Prima della telefonata non c’è stato solo l’annuncio del viaggio a Washington di Hu – che molti temevano potesse essere cancellato per ‘punire’ l’amministrazione Usa per le armi a Taiwan e l’incontro di Obama con il Dalai Lama – ma anche la disponibilità espressa dai cinesi al Consiglio di Sicurezza a discutere un testo per il varo di nuove sanzioni contro l’Iran. Ieri, comunque, è arrivato a Pechino il negoziatore iraniano per il nucleare Saeed Jailili, e da parte cinese non c’è stato, nonostante le speranze suscitate dagli sviluppi al Palazzo di Vetro, nessun impegno chiaro per le sanzioni.

 

Nella telefonata – “che è stata così lunga che l’Air Force One dal quale Obama telefonava è rimasto per 10 minuti fermo sulla pista dopo il decollo per permettere al presidente di concludere la conversazione” scrive oggi il New York Times – i due leader hanno affrontato anche altre questioni importanti, e delicate, delle relazioni bilaterali delle due potenze.

 

La televisione cinese ha riportato che Hu ha espresso il desiderio di rapporti più solidi, ribadendo quanto per Pechino siano delicate le questioni di Taiwan e del Tibet. E, si legge sulla Xinhua, quanto “una corretta gestione di queste questioni, che investono la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, sia cruciale per le relazioni sinoamericane”. Mentre Obama, riporta ancora l’agenzia cinese, ha sottolineato quanto una relazione positiva, cooperativa ed ampia tra Stati Uniti e Cina sia importante per entrambi paesi e per il mondo intero.

 

Nessun riferimento all’altra questione che sta creando tensioni tra Washington e Pechino, il tasso di cambio dello yuan, che gli americani chiedono venga alzato. Obama, dopo aver nelle scorse settimane rivolto un’esplicita richiesta che Pechino ha rimandato prontamente al mittente con tanto di accuse di protezionismo, avrebbe deciso di mettere da parte la questione per il momento. E sarà quindi rinviata a dopo la visita di Hu la decisione se inserire la Cina del rapporto semestrale del dipartimento del Tesoro sui paesi che manipolano la propria valuta, rapporto atteso per metà aprile.

 

Washington sembra ritenere così che le minacce e le maniere forti non siano il modo giusto per convincere Pechino a rivalutare la sua valuta. Ma, d’altro canto, l’amministrazione si assume dei rischi politici interni con questa decisione: al Congresso è stata già presentata infatti una proposta di legge in cui si arrivano a chiedere sanzioni commerciali se la Cina non cambia politica monetaria, che sindacati e produttori considerano la principale responsabile della perdita dei posti di lavoro negli Usa.

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