giovedì 18 Luglio 2024

Il capolinea di Aledanno

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In attesa dell’Imu i romani si ribellano per il rincaro dei trasporti

«Io il biglietto non lo pago». Il giorno del debutto delle nuove tariffe di bus e metro si scatena la rivolta. Dietro uno lenzuolo bianco che invita a rifiutare i rincari avanzano i disobbedienti: studenti, pensionati, lavoratori e precari, in tutto circa duecento persone, manifestano in via Prenestina, davanti la sede dell’Atac. «Aumento del biglietto, taglio di servizi e posti di lavoro… Atac, che fai?», si legge sullo striscione. «Blocchiamo la città», urlano i manifestanti che sul web hanno organizzato la protesta. La polizia schierata in tenuta antisommossa protegge l’ingresso degli uffici dell’azienda dei trasporti.

Poco dopo mezzogiorno il corteo blocca la via Prenestina, occupa i binari del tram e fa impazzire il traffico. Chi si ribella ai biglietti passati da 1 euro a 1,50 si incammina verso porta Maggiore, tra i fumogeni. «Non pagate», è l’invito urlato da un megafono ai cittadini. I passeggeri dei tram e dei bus che non si muovono più per via del blocco scendono e vanno a piedi: una processione parallela che si incrocia con quella dei manifestanti. «Concordo pure con la protesta, ma tanto è una guerra tra poveri. Paghiamo sempre noi», si lamentano in tanti costretti a incamminarsi per raggiungere la Prenestina chiusa. Ingorghi a catena nelle strade, solo alle 14,30 i mezzi riprendono a circolare.

Bus e tram per tutta la mattina sono il bersaglio di chi protesta. Al loro passaggio i manifestanti con braccialetti e collane fatte incollando i biglietti attaccano adesivi con le fotografie del sindaco Gianni Alemanno e dell’amministratore delegato dell’azienda Carlo Tosti, con la scritta: «Attaccateve! Atac Roma: la tua dose di disagio quotidiano». Scendono in strada anche i dipendenti dell’azienda di trasporto, aderenti all’unione sindacale di base, per urlare la loro rabbia davanti la sede di via Prenestina. «Siamo qui – spiegano – per dire no al piano industriale, il cui unico obiettivo è la privatizzazione. Siamo ridotti all’osso e ora che il biglietto è aumentato abbiamo paura che i clienti ci possano aggredire».
Blitz anche nelle metropolitane. Riuniti sotto la sigla Abab (Attivi Contro l’Aumento del Biglietto) una trentina di persone alle 6,45 irrompe nella stazione della metro A Subaugusta per sabotare le macchinette obliteratrici. Restano sui muri gli adesivi con lo slogan «Atac gratis». Alla stazione Lido nord di Ostia, alle 13,20, un gruppo di studenti e precari blocca i tornelli e apre le porte anti-panico permettendo così ai ragazzi in uscita dalle scuole di non pagare il biglietto.

L’Atac che ha distribuito un milione di nuovi biglietti risponde alla rivolta dei passeggeri con una denuncia nei confronti di chi «incita a non pagare il biglietto integrato bus-metro». Il reato ipotizzato è istigazione a delinquere e a disobbedire alla legge dello Stato. Anche il sindaco respinge la protesta con toni duri. «È tutta la mattinata che i centri sociali e i sindacati di base stanno infastidendo la cittadinanza cercando di evocare una protesta demagogica contro l’aumento del biglietto dell’Atac. I romani sanno che l’aumento del biglietto sta avvenendo in tutta Italia come effetto dei tagli sui trasferimenti al trasporto pubblico locale dal governo ai Comuni».

Ma protesta anche chi si mette in coda, davanti a una delle biglietterie automatiche della stazione Termini, per comprare il biglietto più caro. «I bus fanno schifo come sempre ma costano di più. E’ una vergogna», s’indigna Rahimi Arasha. «Dovremmo viaggiare gratis per come ci trattano», Manuele Aloisi è in attesa dal 40 che non si muove da venti minuti. «Sono rimasti carri bestiame», si rammarica Leandro Chierico che da due anni vive a Londra, «dove i trasporti sono più cari, è vero, ma funzionano alla perfezione. Qui chiedono un sacrificio in cambio di nulla».

Aledanno ha già deciso di praticare il massimale dell’imu, ma non contento della reazione popolare che provocherà la sua scelta esosa su una gabella già ingiusta di suo, ha pensato d’incassare l’anticipo.
Su trasposrti fatiscenti, una rete da quarto mondo, è stato praticato l’aumento dei prezzi con un biglietto che ora costa come a Parigi per un servizio da Africa centrale.
I romani iniziano ad essere stufi e a comportarsi infine da esseri umani.
Non va sempre come credono loro: ‘belare necesse’ non è un must.

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