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Il cielo perduto

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Riflessioni sulla matrice comune e nientificante del Mondialismo e del Sovranismo

Ho appena ricevuto l’ultimo libro di Antonio Costanzo, uno studioso che definire magistrale sarebbe a dir poco limitante. Si tratta di Grímnismál. La rivelazione cosmica di Odino, Diana editrice.
Il testo devo leggerlo e una volta assorbitolo ve lo consiglierò sicuramente. Questa mattina mi sono limitato all’Introduzione e vi ho colto un’ispirazione che vado a condividere.
Il Costanzo ci fa notare come funziona la mente umana e come questo si riflette in qualsiasi espressione, ivi compresa la fisica moderna, che non si limita agli esperimenti ma deve interpretare il mondo e ricercare un modello per prevedere l’evoluzione dei sistemi.
“Questi tre momenti – osservare, interpretare e prevedere – hanno accompagnato l’uomo fin da tempi immemori”.
E qui passiamo al punto che intendo sviluppare.

Il Cielo e la Terra
A qualsiasi latitudine e longitudine l’uomo ha sempre potuto vedere il sole e le stelle nello stesso identico modo, o con minime differenze, a seconda degli emisferi. Alla mitologia consequenziale sono state assegnate personificazioni determinate dalle singole culture, nonché dalle condizioni ambientali o atmosferiche.
Fu un identico percepire e sentire, ispirato dal Cielo e adattato nelle varie culture. Il Cielo – ci dice il Costanzo – unisce, la Terra divide.  Divide come costumi, come usi, come concezioni e anche nelle interpretazioni di quel che unisce.
La concezione tradizionale polarizza nella complementarietà il Cielo e la Terra, affidando la stabilità a una spina dorsale assiale, quindi gerarchica, e il nostro orientamento alla Stella Polare.
La concezione tradizionale è quindi universale, in alto, e particolare, in basso: siamo precisamente nell’idea d’Impero che esalta le particolarità, le identità e quelle che negli ultimi secoli abbiamo concepito come nazionalità; le esalta nelle loro specificità e nel loro afflato superiore, universale.
Così fu pure per il nazionalismo rivoluzionario che, pur partendo dal giacobinismo, fu imperiale e così fu particolarmente in Mussolini, senza che si possa incontrare mai in lui una soluzione di continuità a questa grandiosa concezione.

Terra terra: il Mondialismo e il Sovranismo
Orbene, la Terra che non guarda al Cielo, che ignora la Stella Polare e che ripiega su se stessa, la Terra divinizzata dalle Greta o dalle Kamala di turno, perde tutto questo.
Ed è dalla perdita di tutto ciò che sono stati generati i due poli apparentemente opposti, ma strettamente legati tra loro, nei quali ci si smarrisce oggi: il Mondialismo e il Sovranismo.
Il Mondialismo pretende stoltamente che sia la Terra a unire al posto del Cielo.
Tanta demenza induce a voler distruggere tutto quanto è strettamente connesso all’aspetto materiale e psichico che esprime differenze e, perciò, divisioni, in nome di un’utopia di unione in basso, di confusione, non di fusione.
Volendo distruggere identità, mentalità, sessi, lingue, culture, il Mondialismo non unisce affatto, provoca invece scissioni, fratture, crolli intimi e non verte all’Universalità ma all’Uniformità (o meglio all’Un-informità) che è tutt’altra cosa.
Il Sovranismo è sicuramente migliore, sia pure per istintività e per conservatismo confuso.
Tuttavia resta prigioniero della Terra che non ha la visione del Cielo. O che, tutt’al più, ha la pretesa che il Cielo illumini solo la sua porzione di terra o almeno soprattutto essa: insomma lo subordina, invertendo la gerarchia.
La Terra divide? Si domanda il sovranista. Ebbene dividiamoci!
Se il Mondialista è il costruttore di una Torre di Babele rovesciata, il Sovranista è in fondo uno che brama che le lingue non si capiscano più. “Amo solo quello che è della mia razza, della mia lingua e del mio sesso”. Non sono parole di Adolf Hitler, il quale, ci ha raccontato Jesse Owens, si congratulò calorosamente con lui; d’altronde all’epoca, nelle scuole del Terzo Reich, si studiavano le condizioni delle minoranze africane in Usa e la gioventù tedesca leggeva l’epopea dei pellerossa. Non sono parole di Benito Mussolini, ma di Alfred Hitchcock, uno dei registi di Piazzale Loreto.

Cavalieri
Il Cielo e la Terra, uniti nella verticalità dell’Asse del Mondo, e noi con l’orientamento dettatoci dalla Stella Polare.
Questo è quanto la demenza titanica contemporanea ha allontanato dalla propria mente e dal proprio spirito. Chi, oggi, è in grado di concepire e di apprezzare le tregue con tanto di conversazioni filosofiche che impegnavano tra loro cavalieri crociati e musulmani, pronti a uccidersi nuovamente subito dopo, ma senza odiarsi, per un dovere metafisico e funzionale? Chi potrebbe capire e concepire oggi il lasciapassare concesso da Mussolini a Lev Trotsky per raggiungere il Messico dall’Italia al termine della Guerra di Spagna? E parliamo della personificazione assoluta del Nemico in quella guerra di religione.
Oggi no, tutto quello che non è il mio ombelico è da distruggere, così pensano sia i tolleranti antifa, sia quelli che si pongono dalla parte opposta. Non come negli anni di piombo quando una buona parte di noi fu sufficientemente matura e distaccata da combattere senza odiare e da riconoscere poi nella sventura dello sconfitto altrui una certa dignità.
Perché ognuno deve compiere il proprio destino, svolgere il proprio ruolo, ma al di sopra di ognuno di noi dev’esserci qualcosa che ci trascende e che ci nobilita nell’impersonalità, facendo un seme di ogni nostro atto vero. Microcosmo e Macrocosmo, connessi nella diversità, non comfusi ma fusi, in alto.
La Terra invece divide, ci riunisce solo quando guarda al Cielo.
Lo si è scordato e dimenticato.
Ma è così che si vince il Mondialismo; in nessun altro modo.

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