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Il fantasma in camicia nera

Delirano ma hanno anche ragione

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Dopo il consueto Presente di Milano per Sergio Ramelli si sono riaccese le sirene contro il pericolo fascista che minaccerebbe la democrazia al riparo del governo Meloni. Come se questo governo fosse in carica dal 1976, quando cominciarono gli omaggi al ragazzo massacrato l’anno prima dai delinquenti antifascisti, e non dal 2022.

È una gazzarra che riguarda in realtà degli ambienti molto ristretti, anche se, avendo grande presa sui media, forzano l’immagine della realtà. Si tratta delle sinistre sbandate e senza riferimenti, scavalcate sull’europeismo dal governo, sui diritti civili dalle organizzazioni lgbtkzxyk?!”&%, sul lavoro ancora dal governo e dai sindacati più neutri della Cgil. Non resta loro che l’antifascismo, spasmodico, isterico, grottesco, tutto fiele, che si accompagna a un evidente disturbo della percezione del reale attraverso il quale alcuni poverelli immaginano di vivere nel secolo passato e temono di finire presto al confino, mentre, vaneggiando di censure immaginarie, si attendono un nuovo caso Matteotti.

Ovviamente questo delirio “resistenziale” è frutto di una vera e propria patologia psichica. Ci sta: è il tempo delle psicopatie di massa e delle percezioni disturbate della realtà; non ci sono solo i “putinisti” e gli “Italexit” tra coloro che vivono realtà psicotiche parallele. Gli antifascisti in questo non scherzano. Tra l’altro è rivelatore il fatto che la visione del governo italiano come quello di un pericolo dittatoriale di ritorno, tesi madre degli Schlein, dei Conte e di tutto il circo, non è condivisa da nessuna Cancelleria al mondo, tranne che dal solo Cremlino. Le psicopatie s’incontrano e si confondono tra di loro.

Liquidate le psicopatie per quali esse in effetti sono, vediamo quali elementi sarebbe opportuno mettere in luce sulla questione del “fascismo di ritorno” o, come affermano altri antifa, del “fascismo che non se n’era mai andato”.

Gli antifascisti, pur restando tali (ognuno va dove l’orienta la sua anima), dovrebbero chiedersi perché mai, dopo otto decenni dalla guerra e dalla sanguinosa epurazione, malgrado leggi messe “transitoriamente” in Costituzione e poi varate ulteriormente (Scelba, Mancino), dopo tanti anni di repressioni cieche e violente, malgrado l’impegno di soviet nella Magistratura e nei media teso a stravolgere, snaturare, invertire, travestire gli anni di piombo e delle stragi, ci sia ancora così tanta gente che ha una percezione positiva della “bestia”.

Se uscissero dalla loro torre di fango e di odio e non condividessero scioccamente la percezione del fascismo e del fascista tuttofobo che ormai potremmo definire “modello netflix”, se si sforzassero un po’, si renderebbero conto che la loro visione del proprio nemico è sbagliata e che se non fa presa non è colpa né di un complotto né di una presunta assenza di cultura, ma perché non è autentica.

Per poterla mantenere intonsa scovano sempre il trinariciuto di turno, l’ottuso inacidito che, ai margini dei margini del neofascismo, impersona in qualche modo l’imbecille truculento netflix.

Ma sono forzature mediatiche perché di trinariciuti così se ne trovano a migliaia ovunque e perfino in ambienti moderati di sinistra. Sono disperati salvataggi in calcio d’angolo.

Parlano tanto di mancanza di cultura, pensassero allora alla propria! Se ne avessero una scoprirebbero che di antifascisti doc in grado di valutare le qualità e soprattutto le ragioni di radicamento del nemico ce ne sono stati a decine, in anni in cui, peraltro, il neofascismo era vivo. E non parlo solo di De Felice. Rammento contadini e operai che votavano Pci ma che sostenevano che l’ultimo ad aver fatto qualcosa per il popolo era stato Mussolini. Il Pcd’I negli anni settanta ebbe a scrivere che il momento più felice per il proletariato italiano era stato nella Repubblica Sociale. E Gaber cantava lo zio fascista.

È inutile cercare di cambiare le percezioni profonde e memoriali. Nessuna persona mediamente onesta, con un minimo di cultura e con due neuroni che funzionano, può negare che il fascismo modernizzò l’Italia, che la socializzò, che l’emancipò, che la promosse per oltre vent’anni e che questo, essendo stato vissuto in prima persona, rimase impresso nella gente. Ivi compresi gli antifascisti di allora, cui però si accompagnò dei sentimenti d’invidia e di rancore.

Gli antifascisti intelligenti un tempo scelsero di mettere l’accento sulle sole due cose su cui potevano argomentare e avere consenso: il disastro bellico e la considerazione che, comunque, si trattava di qualcosa del passato.

Che il fascismo appartenga al passato (con buona pace degli strilloni di Repubblica e del Fatto) non è nemmeno una scoperta antifascista. Mussolini stesso ebbe una forte discussione con Farinacci perché nel 1943 si rifiutò di definire fascista la Repubblica. Non per una sorta di vergogna, dato che il partito che la guidò fu denominato fascista e repubblicano, bensì perché riteneva il fascismo come qualcosa di transeunte per la realizzazione romana del popolo italiano e di una nuova visione dell’Europa e perfino del mondo.

Sicuramente ci sono dei modelli del fascismo che sono replicabili o perfino – com’è accaduto all’estero – scimmiottabili, a partire dal corporativismo e dalla socializzazione, ma nessuno ha pensato né penserà di restaurare il fascismo com’era.

Come aveva perfettamente compreso Mussolini, si dovevano incarnare e trasportare principi inalienabili nell’evoluzione storica e sociale.

E qui troviamo la sola paura fondata di quegli antifa che si allarmano sostenendo che il fascismo non se n’è mai andato ma affiora trasportato da un fiume carsico proprio alla psicologia degli italiani. Questo è straordinariamente vero: lo è appunto per natura e psicologia, ma esiste anche un piano ulteriore. Quello per il quale Umberto Eco, attribuendogli patologicamente tutti i propri fantasmi e le proprie debolezze d’uomo per esorcizzarvi le proprie miserie, ha coniato il termine di Urfascismo, come un qualcosa di profondamente radicato e ancestrale che minaccia costantemente il trionfo delle utopie. Julius Evola, osservando da ben altro piano, ha rintracciato quanto di principiale e di eterno ci fosse nel fenomeno fascista e che, in quanto tale, è perenne, al di là delle forme esteriori che può assumere.

Gli antifascisti delirano e non si discute, però intanto emerge la fragilità di tutto quello in cui credono e si capisce allora perché siano così terrorizzati. Più che di Urfascismo dovrebbero parlare del suo opposto, ovvero dell’Utopia sovversiva che, per odio verso le forme e verso l’ordine interiore, deve sempre agire come acido corrosivo contro ogni forma d’identità. Il livore del Titano informe o dell’Angelo invidioso.

Questa Sovversione, i cui sacerdoti/guerrieri agiscono “leninisticamente” nell’alveo di pacifici progressisti, è intrisa di odio verso l’Essere. Quando governa corrode senza chiasso, mascherata da sorrisi ipocriti, quando invece non governa predica odio ed eccita per creare costantemente uno stato d’animo di guerra civile.

È per questo che agita lo spauracchio fascista, per veicolare il suo livore e la sua insoddisfazione.

Intanto, però, quanto di profondo gli antifa pretendono di esorcizzare, demonizzare, annientare, emerge al di là delle forme politiche perché è proprio alla nostra natura e poi perché l’altalena storica, riportando oggi in auge la necessità della difesa e della potenza – a prescindere dalle forme che assumeranno – fa riaffiorare una serie di temi e di valori che erano stati congelati.

Gli antifascisti hanno perso, perché è la natura che li ha sconfitti.

Invero essi sperano ancora di vincere contro natura con un utilizzo disgregante dell’Intelligenza Artificiale. Ma chi nasce storto pensa storto e concepisce storto. Anche qui non hanno capito bene e avranno delle spiacevoli sorprese anche dalle IA.

Se invece di essere così miserabili da inseguire Utopie interrogassero i Miti avrebbero già capito che non hanno nessuna speranza.

Invece, nel lungo tempo della loro dissoluzione, continueranno puntualmente ad avvelenare i pozzi e a inquinare l’aria, perché non possono farne a meno.

L’UrAntifascismo questo è, pace all’anima sua!

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