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Il grande equivoco di tutte le destre

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Perché le “opposizioni” riescono a essere perfino peggio di chi gestisce la fase pandemica

 

Una ventina d’anni fa gli argentini affamati dal Fondo Monetario Internazionale scesero in piazza armati e fu allora che si accorsero che non sapevano a chi sparare.
Questo avrebbe dovuto far riflettere, e in effetti fece riflettere ma solo i detentori del potere; coloro che intendevano opporvisi non lo fecero.
I primi seppero perfettamente come utilizzare e manipolare il malcontento e da allora lo fanno incessantemente.
Le destre che criticano l’establishment hanno preferito limitarsi a registrare il diffuso malcontento cullando l’illusione che le portino “al potere” (di cui non conoscono che la porzione meno significativa che non hanno comunque mai saputo colonizzare).
Le estreme destre hanno preso invece a cullare un sogno insurrezionale per delega, un’insurrezione popolare che metterebbe fine alla “dittatura” e restaurerebbe la “democrazia diretta”. A prescindere dall’assurdità ideologica di questa prospettiva, va chiarito che si fonda, esattamente come quella della destra elettorale, su di un equivoco e poggia pertanto i piedi sulle sabbie mobili.

Popolo vs élite?
Il grande equivoco si basa sulla convinzione diffusa che ci sia uno scontro tra popolo ed élite.
Questo è falso. Premesso che l’élite è al tempo stesso unita e divisa, alleata e conflittuale, non c’è alcun popolo, ci sono soltanto ceti penalizzati dall’evoluzione capitalista e dallo spostamento dell’asse terrestre dall’Atlantico al Pacifico. Questi ceti penalizzati, definiti i “perdenti della Globalizzazione” non sanno precisamente quello che vogliono. Chiedono che altri assicurino loro le condizioni socioeconomiche cui erano abituati e che stanno perdendo. Solo che non è possibile; i politici possono ammortizzare gli effetti della trasformazione solo ritardandone i tempi (e al contempo rendendone così più drastiche e devastanti le conseguenze che poi saranno vertiginose).
Se non si opera una riorganizzazione sociale, promuovendo e soprattutto costruendo autonomia e contropotere, i “perdenti della globalizzazione” saranno presto distrutti.
Chi sorride loro per intercettarne i voti e fa il buffone di corte sui media e in Parlamento rivendicandone i diritti calpestati ne è il peggior affossatore in quanto fa mosse sterili mentre si nutre della tensione a cui non dà sbocchi.
Chi promuove quest’antagonismo virtuale, fingendo che esista un popolo unito contro l’élite unita, abdica al compito di organizzazione politica e d’intervento nelle élites e sulle élites per una dinamica interclassista che è l’unica che può spezzare la spirale. Le destre populiste e sovraniste preferiscono però restare complici dello status quo, se non altro per pigrizia mentale.

Il trip “antagonista”
Poi ci sono quelle destre estreme, sempre più a scheggia, che si definiscono “antagoniste”. Se l’estremismo è la malattia infantile della rivoluzione, l’antagonismo è la malattia rimbambita dell’estremismo.
D’altra parte l’antagonismo è una riproposizione in sedicesimo e in modo approssimativo e rozzo dello schema della lotta di classe con tanto di miraggio risolutivo alla dittatura inesorabile del proletariato.
Il solo compito degli antagonisti è quello di mandare puntualmente in vacca ogni possibile alternativa politica. Sono la scimmia dell’oligarchia dominante: basta che un teorema sia espresso dall’establishment che essi, anziché refutarlo, lo capovolgono. Così è sufficiente che uno Stato sia definito canaglia perché per loro diventi rivoluzionario e antimperialista. Basta che il potere affermi qualcosa perché la rovescino di 180°.
Capovolgere un teorema falso non produce un teorema vero ma il capovolgimento, appunto, del teorema falso. E poiché quest’esercizio si accompagna in genere con un analfabetismo economico e politico e con un certo disturbo mentale che sfocia in turbe amish, il capovolgimento del teorema dominante diventa l’assicurazione migliore perché questo non possa più essere intaccato.

Un esempio che parla da solo
Il potere questo lo sa e lo favorisce. Lo fa ad esempio assicurandosi che i più fulminati ricevano con discrezione notizie complottiste che contengono parte di verità e buona parte di falsità. I disturbati ci penseranno da soli ad aggiungere quello che serve per rendere del tutto ridicola e impresentabile la “velina” perché di tutta la realtà umana e sociale – e anche della dimensione dietro le quinte – non hanno che visioni esterne, astratte e patologiche e saranno quindi essi stessi la garanzia migliore perché passi qualsiasi menzogna. Nessuno più di loro la rende vera.
Anche in quest’ambito il potere ha esperienza e ripete gli schemi efficaci.
Tutto il revisionismo storico sui Lager prosperò per oltre vent’anni mediante resistenti prigionieri, analisti storici senza alcuna appartenenza politica, comunisti libertari ed ebrei di sinistra.
Quando la revisione era cresciuta ed era diventata troppo imbarazzante, i servizi estrassero dal cappello gruppi neonazisti stralunati con riviste raffazzonate e il tutto finì nel ridicolo e ovviamente nell’ “inquietante”. Poi venne la legge che impedì la revisione storica sui Lager: compito assolto!

Dentiere
La crisi di passaggio della fase politica legata alla pandemia offre delle grandi potenzialità ma saranno gettate alle ortiche perché coloro che dovrebbero e potrebbero intervenire preferiscono recitare le parti che sono state loro attribuite. Le destre elettorali fanno i sindacalisti delle chiacchiere e quelle destre estreme emerse sulla schiuma s’incaricano di fornire gli antagonisti puntellatori dell’intero sistema, parte integrante e insostituibile della commedia costantemente in onda. Pure gli schemi psicologici e ideologici che hanno scelto le une e le altre sono strade senza uscita. In quanto a programmi, neanche a parlarne!
Peccato, sono occasioni che non torneranno, ma quando non si hanno i denti e si digrignano le dentiere…

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