giovedì 21 Novembre 2024

Il Gruppo Straniero

Delle memorie da non mancare

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Ho terminato la lettura de Il Gruppo Straniero, edizione italiana, a tradizione e cura di Francesco Sedaboni di The Foreigner Group.
Un impegno gravoso, notevole e lodevolissimo per il quale bisogna togliersi il cappello perché sono oltre quattrocento pagine!

Si tratta delle memorie di uno svedese, Carolus Löfroos, che per tutto il 2015, fino agli Accordi di Minsk, è stato volontario nel primissimo Reggimento Azov in Ucraìna.

Non è tanto a quelli che, come me, hanno immediatamente ritenuto giusta e condivisibile la causa popolare ucraìna in risposta all’imperialismo russo, che ne consiglio la lettura. Perché non è un manifesto politico o un libro propagandistico, e nemmeno un romanzo alla I leoni morti.

Non lo consiglio neppure – tanto è inutile – a quelli che, per aggrapparsi ai dogmi “eurasiatici” e “antioccidentalisti” hanno voluto farsi portatori delle calunnie della Lubjanka, vaneggiando di mercenari bene armati, addestrati dagli americani, pagati da oligarchi apatridi.

Negherebbero – perché non possono fare altrimenti – tutto quello che ne emerge impietosamente. Scopriamo infatti che i volontari dovevano armarsi quasi interamente da sé e pensare all’equipaggiamento; per recarsi al luogo dell’arruolamento dovevano pagarsi le spese del viaggio. Il soldo infine era scarso, c’era poco da mangiare.
Peraltro quella che fu definita da Putin “Legione della Nato” non solo non apparteneva in nessun modo all’Alleanza Atlantica ma era composta da una quarantina di volontari europei.

E di fronte non aveva tanto i “separatisti” quanto gli “uomini verdi”, ovvero i soldati russi senza insegne – cosa d’altronde ammessa candidamente dallo stesso Putin – con tanto di carri armati.

Benché non fosse nelle intenzioni di Löfroos, che non pensa minimamente di fare polemica e neppure di fare politica, dalla lettura di quello che ha vissuto viene confermato quello che aveva capito chiunque avesse avuto intenzione di verificare da subito se non fosse stato prevenuto in modo autoipnotico. Ovvero che la storia delle insurrezioni popolari da parte di gente che si sentiva oppressa da Kiev è più che altro una costruzione propagandistica della macchina del Cremlino.
I “separatisti” in realtà hanno funto da truppe di ausilio per l’esercito russo senza insegne, così come da noi i “cobelligeranti” avevano fatto con l’esercito angloamericano. Gli uni e gli altri utili per mascherare un’invasione straniera come la liberazione disinteressata di qualche indigeno.

Non è per questo però che consiglio Il Gruppo Straniero, lo suggerisco in particolare a quelli che sanno fare astrazione dalle elucubrazioni e dal tifo. A quelli rimasti così essenziali e sani dal non far dipendere i giudizi dai pregiudizi, di qualunque natura essi siano e per qualunque campo essi propendano.
E a quelli che, come me, non ritengono che si possa rimanere neutri ma che si debba prendere partito, possibilmente senza farsi accecare o disorientare dalla scelta fatta, consiglio comunque di cercare di dimenticare la posizione presa in merito e di leggere il libro come quello delle memorie di un guerriero sì da comprendere l’antropologia che ne emerge e rimane immortalata, così come leggerebbero quelle di un soldato di ventura, di un confederato, di un legionario.

Se il lettore ha avuto la ventura d’incontrare altri personaggi che sono andati in guerra da volontari, che si tratti dei Nar, dei mercenari o delle Waffen SS, sarà sorpreso dalla similitudine con questo volontario di Azov nella sobrietà apparentemente distaccata delle descrizioni dei momenti più drammatici e più tragici. Sarà colpito da un altro elemento comune, cioè dalla costante tendenza a mettere in evidenza gli aspetti ironici e dalla descrizione dei momenti apparentemente più insignificanti e semplici, che potremmo definire da caserma, ai quali sono dedicati più dettagli che ai fatti eroici.
Sarà stupefatto dalle singole diverse personalità dei combattenti, anche qui un dato comune tra gli uni e gli altri: tutti degli anarchici che si danno da soli la disciplina o che se la lasciano dare soltanto da coloro che riconoscono e accettano come loro superiori.
Compreso il capo, Langström che è un responsabilissimo pazzo.

Una tipologia umana particolare, sempre presente nella storia, che solo chi ha già incontrato può riconoscere.

Nella loro marginalità sociale vissuta non da sbandati in città ma nella fuga in avanti là dove c’è prima linea e terra di nessuno e si deve avere abbandonata la mediocrità; nel loro affermare la vita sfidando la morte e nel loro raggiungere la libertà assoluta sempre in un equilibrio sulla rama del rasoio tra la disciplina e l’insubordinazione; in tutto questo e non solo nel sacrificio essi ci danno la prova che l’Europa non è così morta come ci si racconta.

È per assaporare tutto ciò, anche se non si dovesse condividere (o più presumibilmente non si dovesse comprendere) la loro causa, che consiglio di leggere questo libro che non ha nulla di apologetico o di retorico.
Salvo quello che contiene implicitamente l’Eterno Ritorno.
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