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Il leone di Baghdad

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Tre anni fa l’eroico martirio di Saddam Hussein

Il 30 dicembre del 2006 veniva assassinato il legittimo Capo di Stato dell’Iraq, Saddam Hussein.
Colui che davanti ai giudici si era definito “Il Mussolini del Vicino Oriente” morì con una fierezza impressionante.
La sua impiccagione venne decisa dal governo tribale imposto dalle truppe occupanti e fiancheggiato dagli squadroni della morte inglesi, americani, israeliani ed iraniani.
L’intervento in Iraq, dopo un lunghissimo embargo costato negli anni la vita a centinaia di migliaia di bambini privati di farmaci, permise agli americani di salvaguardare i loro interessi petroliferi e geopolitici e di togliere all’Europa una delle sue principali fonti energetiche; Saddam, oltretutto, voleva vendere il suo petrolio in euro e non in dollari.
L’invasione e l’eccidio compiuti in nome della democrazia liberavano Israele di uno dei pochi, seri, reali, opponenti nell’area e permettevano agli iraniani di riprendere l’offensiva verso i pozzi e il disegno di riunificazione dell’Islam sciita.
L’Iraq, prima, era una nazione progredita che procedeva anche per conquiste sociali, tutti i culti erano liberi non solo i cristiani (che avevano in Tarek Aziz un autorevolissimo rappresentante al governo) ma  la stessa Sinagoga era aperta e frequentata anche quando Baghdad e Tel Aviv si scambiavano missili.
L’Iraq “liberato” è oggi ridotto ad uno scenario apocalittico, in piena macellazione, travolto da odi tribali, etnici e confessionali inter-musulmani. Le persecuzioni religiose sono divenute la regola e soprattutto va ricordato che le abbiamo introdotte noi.
Avanti così, nel nome del Diritto Internazionale e della Democrazia!

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