sabato 20 Luglio 2024

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Per ricordarci che esiste il Tibet devono solo fare così?

 

Un giovane tibetano si è “autoimmolato” dandosi fuoco, portando il totale di questi atti estremi di protesta contro la Cina a 54, di cui 44 hanno perso la vita, secondo fonti tibetane. Il giovane, Sangay Gyatso, di 27 anni, avrebbe compiuto il suo gesto di protesta davanti al monastero di Dokar, in una zona a popolazione tibetana della provincia di Amdo. Si tratta della seconda “autoimmolazione” in tre giorni dopo quella dello scrittore e blogger Gudrup, che si è dato fuoco il 5 ottobre nella Regione Autonoma del Tibet.
La prima “autoimmolazione” è avvenuta nel 2009. Tutte le altre si sono verificate nel 2011 e 2012. Gli autoimmolati, secondo il gruppo Campagna Internazionale per il Tibet, sono in maggioranza monaci e in buona parte provengono dal monastero di Kirti, nella provincia cinese del Sichuan, in una zona che è chiusa da anni agli osservatori esterni.
Secondo le informazioni che arrivano dalla diaspora tibetana, Sangay Gyatso, padre di due figli di 7 e 6 anni, si è dato fuoco in segno di protesta contro l’occupazione cinese del Tibet. Sangay si è immolato nella regione di Tsoe nella provincia di Amdo, nel Tibet orientale, intorno alle 12 ora locale. Poco prima di darsi fuoco, l’uomo ha gridato slogan contro l’occupazione cinese del Tibet e per il ritorno del Dalai Lama. Nelle foto che sono arrivate ai compagni in esilio e che girano in rete, il corpo del giovane appare completamente bruciato.
Il recente meeting dei tibetani in esilio per discutere della crisi in Tibet ha lanciato un forte messaggio di unità del popolo tibetano e ha auspicato un ancora maggiore attivismo dei tibetani in esilio. Durante l’incontro è stata ribadita la piena responsabilità del governo cinese per la perdita di vite umane in Tibet negli ultimi anni in particolare.

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