In dimensione diversa da Tolkien
Avvistato per la prima volta nel 2002, il pianeta nano 50000 Quaoar è di nuovo protagonista di una scoperta realizzata grazie a diversi telescopi, tra cui anche quello della missione ESA CHaracterising ExOPlanet Satellite (Cheops), a cui partecipano in maniera importante anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). I ricercatori hanno rilevato la presenza di un denso anello di materiale attorno all’oggetto transnettuniano.
L’anello di detriti è interessante soprattutto perché si trova a una distanza di quasi sette volte e mezzo il raggio di Quaoar, cioè oltre il limite di Roche. I dati delle osservazioni sono stati appena pubblicati in un articolo di Nature. Quaoar è un planetoide relativamente freddo, si trova ai confini del Sistema solare nella Fascia di Kuiper (oltre l’orbita del pianeta Nettuno) e le sue dimensioni sono paragonabili approssimativamente ai due terzi di quelle di Plutone.
L’oggetto fa parte di una raccolta di circa 3000 piccoli mondi distanti, noti come oggetti transnettuniani (TNO). I più grandi pianeti nani in questa categoria sono Plutone ed Eris. Con un raggio stimato di 555 km, Quaoar si colloca intorno al numero sette nella classifica ed è orbitato da una piccola luna chiamata (50000) Quaoar I Weywot, di circa 80 km di raggio.L’anello è stato scoperto attraverso una serie di osservazioni avvenute tra il 2018 e il 2021. Usando una serie di telescopi terrestri e, in una occasione anche il telescopio spaziale Cheops, gli astronomi hanno osservato un certo numero di occultazioni di stelle lontane da parte di Quaoar.
Durante l’evento di occultazione la stella sullo sfondo viene nascosta per un breve periodo di tempo e il modo in cui avviene la diminuzione di luce fornisce informazioni sulle dimensioni e sulla forma dell’oggetto occultante e puo’ rivelare se l’oggetto intermedio ha o meno un’atmosfera. I pianeti nani, a causa delle loro dimensioni e dell’estrema distanza, sono oggetti particolarmente difficili da studiare. L’orbita di Quaoar attorno al Sole è pari a 44 volte la distanza Sole-Terra. Per rilevare l’occultamento è necessario che l’allineamento tra l’oggetto occultante, la stella e il telescopio osservatore sia estremamente preciso. L’anello di Quaoar è molto più piccolo di quelli attorno a Saturno e non è l’unico sistema di anelli noto attorno a un pianeta nano. Altri due – intorno a Chariklo e Haumea – sono stati rilevati attraverso osservazioni da terra. Ciò che rende unico l’anello di Quaoar, tuttavia, è dove si trova rispetto a Quaoar stesso. Vale a dire il famoso limite di Roche.
Di cosa parliamo?
Qualsiasi oggetto celeste con un campo gravitazionale avrà un limite entro il quale un oggetto celeste in avvicinamento verra’ fatto a pezzi. Si prevede che sistemi di anelli densi esistano all’interno del limite di Roche, come nel caso di Saturno, Chariklo e Haumea. “Quindi, ciò che è cosi’ intrigante di questa scoperta intorno a Quaoar è che l’anello di materiale è molto più lontano del limite di Roche”, spiega Giovanni Bruno, ricercatore dell’INAF di Catania, e collaboratore dello Science team di Cheops.
Dov’è il vero mistero?
Gli esperti ritengono che gli anelli oltre il limite di Roche si condensino per formare una piccola luna entro pochi decenni. “Come risultato delle nostre osservazioni, la nozione classica che gli anelli densi sopravvivono solo all’interno del limite di Roche di un corpo planetario deve essere completamente rivista”, dice ancora. Per studiare i corpi minori del Sistema solare analizzando le occultazioni stellari, è stato creato il progetto Lucky Star, coordinato da Bruno Sicardy, dell’Universita’ La Sorbona & Paris Observatory – PSL (LESIA) e finanziato dal Consiglio Europeo per la Ricerca (ERC).
Nell’ambito di Lucky Star vengono coordinate osservazioni di questi eventi con telescopi professionali e amatoriali in tutto il mondo. Il satellite Cheops ha partecipato alla campagna osservativa organizzata in occasione di una occultazione prevista per l’11 giugno 2020. Le osservazioni Cheops sono state proposte, in collaborazione con il progetto Lucky Star, da Isabella Pagano, direttrice dell’INAF di Catania, responsabile nazionale per la missione Cheops e membro del suo comitato scientifico.
La ricercatrice ricorda che “tutto il team Cheops era abbastanza scettico sulla possibilita’ di catturare un’occultazione dallo spazio, ma, dopo averne valutato la fattibilità, grazie anche alle accurate misure di posizione fornite dal satellite Gaia, abbiamo deciso di rischiare poiche’ il tempo speso dal satellite per osservare questo evento, sarebbe stato abbastanza breve da non danneggiare i programmi primari della missione”. Il problema principale era che la traiettoria del satellite può essere leggermente modificata a causa della resistenza negli strati superiori dell’atmosfera terrestre, a causa dell’attività solare che può colpire il nostro pianeta ed espandere la sua atmosfera.