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Il pretesto ucraìno

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L’Amministrazione Biden, con un’altra mossa strategica da fuoriclasse, ci mette seriamente alla prova

 

Kiev e dintorni: venti di guerra o un gioco di scacchi?
L’obiettivo principale degli americani è come sempre contenere l’Europa, divenuta un competitor economico e diplomatico che ha velleità d’indipendenza strategica da conquistare con strappi nella Nato che secondo Macron dovranno essere bruschi mentre a parere dei tedeschi si dovranno realizzare progressivamente.
Gli altri obiettivi sono la gestione del multilateralismo asimmetrico che si staglia all’orizzonte e la difficilissima partita sulla Cina. La Russia in tutto ciò è secondaria benché sia platealmente sbandierata come minaccia.

L’invasione russa
È una fuffa. Ce lo confermano fonti autorevolissime, ovvero nazionaliste ucraìne che filorusse non sono per nulla.  Ufficiali dell’esercito regolare affermano che non hanno notato nessuna vera mobilitazione a nord, si tratterebbe di finzione, di una mossa americana. A Kiev non si crede che l’esercito russo intenda varcare il confine. Perché allora questa alta tensione?
L’amministrazione Biden – che in confronto a quella di Trump si comporta da fuoriclasse rispetto a una scartina – vuole polarizzare le relazioni tra Russia e Ue e al contempo liberare Mosca dall’abbraccio soffocante di Pechino. Dal 2017 il Cremlino persegue una politica di distensione verso la Ue; Washington oggi offrirebbe sostanzialmente ai russi una Jalta minor. Ovvero, garantirebbe i russi nell’azione in Africa che lede gli interessi europei e, in cambio dello “scongiurato pericolo” d’invasione in Ucraìna, metterebbe sul piatto della bilancia un Donbass “indipendente”, ovverosia russo. In cambio si spezzerebbero i legami tra Mosca da una parte e Berlino e Parigi dall’altra e nel divide et impera, s’incrinerebbe l’asse energetico russo-europeo e noi saremmo subordinati al gas americano. Le ritrovate relazioni distese con gli Usa (ricordiamoci che mai nella storia i due popoli si sono sparati contro neanche un colpo di fucile) concederebbero alla Russia quello sfogo per sottrarsi alla dipendenza da Pechino che, da almeno quattro anni, Mosca cerca da noi.

La guerra
Se Mosca non abboccasse all’amo ci sarebbe la guerra?
Benché gli inglesi gettino continuamente benzina sul fuoco, l’ipotesi è remotissima.
Finora Biden ha usato minacce economiche. La più seria è quella della sospensione della Russia dai pagamenti SWIFT. Le altre, dalla non attivazione del gasdotto North Stream 2 alle nuove sanzioni, lederebbero gli interessi russi e quelli europei e ancora una volta, come al tempo di Obama, favorirebbero il capitalismo americano che sfrutterebbe gli impedimenti posti alle imprese europee.
L’Europa non può fare a meno di chinarsi alle sanzioni, che sono le compensazioni delle sue azioni pacificatrici. Non dimentichiamo che le prime si ebbero come inaggirabile contraltare quando la questione ucraìna fu pacificata con il Trattato di Minsk, opera della Merkel.
Se Parigi e Berlino non concedessero qualcosa, la strategia inglese trionferebbe. Si creerebbe una frattura insanabile tra l’Europa dell’Ovest e i nove Paesi del gruppo di Bucarest che assembla le nazioni a lungo assoggettate ai sovietici e che sono incondizionatamente antirusse.
Si formerebbe un’Europa atlantista dell’Est contrapposta agli altri membri della Ue e tutto il processo politico ed economico europeo verrebbe sepolto.

L’obiettivo tedesco
L’Amministrazione Biden ha mosso proprio agli esordi del nuovo governo tedesco, nel quale può parzialmente contare sui Verdi. Il governo semaforo (giallo liberale, rosso socialdemocratico e verde ecologista) ha stipulato un contratto nel quale, nero su bianco, è scritto che i legami con la Russia sono imprescindibili e che s’intende lavorare insieme ad essa per il futuro.
Inoltre è stato appena siglato l’accordo per il North Stream 2 che non è ancora stato attivato. Insomma Washington intende mettere il nuovo governo sotto pressione prima che si stabilizzi.

L’obiettivo francese
Come spiega perfettamente la dottrina Brzezinski, è dei francesi che gli americani diffidano di più. Che a Washington si voglia la testa di Macron è un mistero solo per chi l’attualità la segue nei ghetti social autoreferenziali e ignoranti. Tutta l’armata atlantico/sarkozista è stata messa in campo in Francia con mezzi impressionanti sia per cercare d’impedire la rielezione di Macron, sia per creare le condizioni di una guerra civile virtuale e di un terrorismo diffuso per colpire e minacciare la Francia nel prossimo quinquennio.
Il nodo Parigi-Mosca va troncato o allentato, così si pensa al Pentagono.
I legami franco-russi sono storici e va rammentato che agli albori della presidenza macroniana a Parigi a Putin venne riservato un cerimoniale non da presidente ma da re.
La dottrina Macron è molto favorevole alla Russia che non ne fa mistero.
Poiché però oggi tutti i players si muovono in situazioni intrecciate e si ritrovano alleati da una parte e rivali dall’altra, la Russia ha finito col minacciare gli interessi francesi ed europei in Africa e questo è motivo di frizione. D’altro canto Parigi è l’unico player che si oppone alla Turchia che ultimamente è quasi regolarmente in rotta di collisione con Mosca. Trovare la quadra non è facilissimo e questo spiega anche le dichiarazioni e i gesti altalenanti da ambo le parti.
Si aggiunga che da gennaio Macron ha assunto la presidenza della Ue e la partita si dimostra ancor più delicata e significativa, l’offensiva americana più precisa.

Mosca tra Usa e Ue
La chiave del gioco è russa. Finora il Cremlino ha dosato i comportamenti e i messaggi, accettando di trattare sia con gli Usa che con la Ue in forma separata.
Se dovesse accettare l’offerta di Biden, se tornasse cioè alla politica svolta ai tempi dell’Amministrazione Obama, per gli americani sarebbe una vittoria importante e sostanziale.
Se invece prevalesse una visione a largo respiro, considerato che finora non solo Parigi e Berlino, ma tutta l’Europa che conta sta tenendo il punto, la vittoria strategica sarebbe nostra.
Chi vivrà vedrà.
Di questo si tratta e non di guerre mondiali.
Chi nel suo Risiko immaginario tifa per la Russia antioccidentale o per l’Occidente antirusso non è soltanto fuori dal reale ma anche un tantino scemo.

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