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Il pugnale nella mano e un fiore tra i denti

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Commemorati i centomila italiani caduti sul campo dell’onore e del dovere


Anche quest’anno, l’ultima domenica di aprile, in occasione del LXV anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale (2 maggio 1945), al Campo della Memoria si è svolta una solenne cerimonia in onore dei caduti della Repubblica Sociale Italiana.
Circa quattrocento persone, giunte da tutta la regione, si sono ritrovate in una straordinaria e assolata domenica: “Sole che sorgi, libero e giocondo, sui nostri colli i tuoi cavalli doma”, sembrerebbe ispirare questa giornata, parafrasando Puccini.
La cerimonia ha avuto inizio con la sfilata dei labari delle associazioni combattentistiche e d’arma, tra cui spiccava la fiamma di combattimento della Decima Mas e il labaro, decorato di decine di medaglie d’oro, della Sezione romana dei Volontari di Guerra.
Il Sindaco di Anzio e il Senatore Candido De Angelis, presenti come sempre alla cerimonia, hanno depositato, a nome del Comune, un cuscino di fiori sul sarcofago in marmo che racchiude le spoglie di sette combattenti ignoti della Decima MAS.
Poi, la Santa Messa, solennemente officiata al campo in rito tridentino pre-conciliare da un Sacerdote della Fraternità San Pio X di Albano. La stessa Santa Messa che i combattenti italiani della Seconda Guerra Mondiale ascoltavano sui fronti di battaglia d’Europa e d’Africa. Con la stessa unione di spirito, i quattrocento partecipanti hanno ascoltato la celebrazione.
Sono passati 65 anni da quei giorni in cui il cannone tuonava sul Vecchio Continente. Eppure, quattrocento Italiani, in maggioranza giovani, si sono ritrovati in silenzio, in una domenica di aprile, a ricordare chi si è sacrificato per la Patria, immolandosi per un’Idea, vincendo la morte, sublimandosi nella vittoria dello spirito. Quella eterna, che nessuno potrà mai cancellare.
Strani fenomeni si registrano qui. Dove la vita e la morte si fondono in un nastro tricolore con su scritto “amor di Patria”.
E pare vederli qui, al Campo della Memoria, quei ragazzi di meno vent’anni che, nella primavera di guerra del 1944, corsero a Nettunia per difendere “l’onore d’Italia”. Pare vederli negli occhi dei ragazzi qui presenti 65 anni dopo che, sull’attenti, ascoltano – e cantano! – l’inno nazionale.
Non v’è stata frattura. Si è vinto l’oblio. Il testimone è passato di mano. Nei cuori puri dei giovani accorsi al Campo della Memoria, chiamati dal dolce richiamo della Patria, v’è lo stesso ideale che spinse i giovani della Repubblica Sociale Italiana a scagliarsi contro i carri armati angloamericani con un pugnale nella mano e un fiore nella bocca.

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