giovedì 26 Dicembre 2024

il re è nudo

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E i tempi lo esigono: basta delirare di democrazia!

La democrazia 2.0, o democratura, è autoritaria, totalitaria e dirigista. Il re è nudo e oggi l’oligarchia ha i mezzi per agire con le mani totalmente libere. La società è meno partecipativa esistenzialmente e dipende maggiormente da capitale e tecnica.
La farsa democratica cambia volto, e la giustezza della critica alla democrazia che fu di tutti i fascismi, ma anche di alcune correnti marxiste, si dimostra impeccabile.

Demcrazia e casta
Da una parte abbiamo ormai le élites economiche e tecnologiche che formano una casta, dall’altra i consumatori/consumati che si credono popolo. Tra questi, unico elemento di contraddizione, i produttori che la nuova organizzazione socioeconomica tende a paralizzare ma che, la stessa organizzazione, vorrebbe comunque preservare per ragioni strutturali (si leggano in tal senso le proposte del World Economic Forum in vista di Davos).
Non esistono soluzioni o risposte democratiche alla democratura. Inutile vaneggiare sulla centralità del Parlamento, osannare i cosiddetti Padri Costituenti (che hanno determinato la nostra totale paralisi su tutti i piani). Patetico puntare su maggioranze elettorali e su consensi pubblici che si mietono costantemente in una plebe urbana che dipende fisicamente dagli oligarchi e che, oltre alla chiacchiere, nulla davvero può delle sue stesse vite. In questi ultimi tempi si è chiaramente dimostrato che il consenso conta come una scartina a briscola e che la pubblica opinione di fatto non esiste, trasformata via social in una continua guerra civile verbosa e nevrastenica che impedisce ogni sintesi.
Democrazia quindi? Vale meno di youporn.

Basta con le stupidaggini!
Allora? Dobbiamo arrenderci? All’evidenza, sempre, perché è quando la si rifiuta in nome di aspettative da bambini viziati che nella vita ci si arrende e si capitola.
Concretamente c’è invece molto da fare, specie ora che il re ha mostrato le sue nudità e che siamo solo all’alba delle delusioni disperanti di tutti quelli che hanno confuso il populismo da potenziale rivoluzionario in senso cesarista a rivendicazionismo del potere dell’incompetenza, dell’ignoranza e della volgarità. E che, in un’ubriacatura di trinariciutismo, si sono fatti films di guerre all’Italia o di attacchi alle destre, finendo con il mitizzare gente come Calamandrei, Basso, Pertini, Savona, Bagnai e via dicendo, in una serie di idiozie raccapriccianti e di deliri di onnipotenza che disegnavano un potere a portata di mano nel quale la felicità bottegaia avrebbe imposto costumi rigidi per i consumi di tutti.

Agire per davvero!
C’è molto da fare, ma deve partire dalle basi concettuali della coscienza libera e sovrana.
Il consenso non va mai ai programmi e non precede gli atti, sono le azioni che attirano consenso. Ovviamente le azioni sensate. Il potere non cambia con il voto, il voto conferma il cambio di potere una volta avvenuto. Per darlo come appurato non serve conoscere chissà quali teorici nazionalrivoluzionari, basta aver studiato un minimo la storia o, anche, leggersi le memorie di François Mitterrand che di sicuro non è fonte sospetta.
In particolare nell’era della democratura, solo le minoranze organizzate possono competere, e possono farlo esclusivamente se sono fanatiche in modo sublime, se hanno una Weltanschauung precisa, senza andare a prendere in prestito quelle altrui. Cui bisogna aggiungere metodo, strategia, tecnica, competenza.
Così però – replicheranno gli infantili – non si rovescia tutto, così non ci si libera degli oppressori!
Vada per i bambini, ma gli altri evidentemente non hanno alcuna volontà di competere, hanno solo voglia di qualcosa di onirico, di qualcuno che dia illusioni ai loro capricci.
Per competere bisogna sapere dove e come, oltre che perché (e questo dipende dalla Weltanschauung, oggi carente, ragion per cui per molti, al momento non è neppure chiaro il perché e così se ne escono con aberrazioni alla exit).

La soluzione c’è
Si sappia che tutto quel che è unito è scisso anche nell’unità. Ciò vale anche per la casta.
L’unico gioco possibile, l’unica alternativa alla sudditanza più o meno lamentosa, non sta nel fare quadrato in basso o nello sbandierare la versione bottegaia della chimera dell’insurrezione proletaria e non risiede neppure nella fuga nel survivalismo. La soluzione è intervenire nelle scissioni di casta, tramite delle élites formate e potenti che mantengano – in maniera selettiva, non assistenzialista, non demagogica, non confusa, non rivendicazionista, non volgare – ben salde le radici nel popolo potenziale.
Si deve adeguare all’oggi il modello vincente che facendo di queste élites le avanguardie, gli stati maggiori, di un interclassismo, permette così di saldare, nella partecipazione organica e qualificata, la divaricazione sociale e politica, che oggi è sempre più grande, tra chi decide e chi, come sostengono nell’entourage della Fondazione Rockefeller, è troppo stupido per decidere da solo.
Guardandoci intorno, è difficile dare torto a quest’affermazione che si trova poi alla base della gestione mondiale di questo cambio di vesti del re.
Ragion di più per agire in modo selettivo e intelligente.

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