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Il saccheggio è appena cominciato

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Non è il turco alle porte

Raccontano che, con il Turco alle porte (le armate di Mehemet II) i dotti di Costantinopoli si accalorassero discutendo del “sesso degli Angeli”.
Discussione, appunto, bizantina per antonomasia, e che però, per quanto astratta e lambiccata, impallidisce di fronte a quanto sta accadendo nell’Italia nostra odierna. Basta infatti aprire le pagine di un qualsiasi quotidiano, o, più pigramente, fare zapping fra i telegiornali delle diverse reti, per avere la netta sensazione di precipitare in una sorta di commedia dell’assurdo, roba tanto astrusa e lambiccata che manco Beckett e Jonesco in preda ai fumi dell’alcool sarebbero riusciti a concepire.
Pagine e pagine, fiumi di parole e servizi incentrati – e con tutto il rispetto verrebbe da dire sprecate – su dimissioni – vere o ipotetiche chissà? – di massa, cavilli giuridici, dibattiti in punta di fioretto fra dotti costituzionalisti e legulei vari, accuse rimbalzate ora di qua ora di là di tentato golpe, minacce, diatribe pre-congressuali, voli di colombe e di falchi, stormi di piccioni che ora si credono rapaci, rottamatori, smacchiatori di improbabili felini maculati, asfaltatori, pitoni e pitonesse, maestrine dalla penna rossa che bacchettano la pubblicità, fautori del matrimonio gay, omofobi ed omofili, casalinghe disperate e deputati improvvisati… insomma un Circo Barnum che fa davvero impressione e che, soprattutto, ci fa sentire come se fossimo naufragati in qualche remota isola, popolata da strane genti come il Gulliver swiftiano…
E invece, ahi noi, siamo pur sempre in Italia. Un paese che non ha il Turco alle porte, ma molto, molto peggio… ché, in fondo, Costantinopoli dovette sì subire alcuni giorni di sanguinoso saccheggio, ma poi tutto si placò, ed anzi, la Città, risorse, con i Sultani Ottomani, più ricca, potente e splendida di prima. Qui, invece, prospettive di resurrezione non se ne vedono neppure al più remoto orizzonte, ed alle porte non abbiamo i giannizzeri, bensì i commissari della Troika (FMI, World Bank e BCE) rispetto ai quali le temibili milizie ottomane appaiono miti come agnellini. La Troika che è lì che freme – soprattutto nella sua componente FMI – per la bramosia di metterci sotto tutela. Di commissariarci e farci fare, in quattro e quattr’otto, la fine della Grecia, declassata, ormai, a livelli da Africa Equatoriale. Con la non irrilevante differenza che Atene era un osso abbastanza scarno da spolpare, mentre noi si rappresenta un arrosto succoso. Infatti quello che sino a ieri era il secondo sistema industriale dell’area Euro, fa gola a molti, vicini e lontani. Paesi “amici”, come la Germania che già da tempo ci sta stringendo nell’angolo per sottrarci sempre più ampie quote di esportazioni sui mercati esteri, o come la Francia, che, ad esempio, sta approfittando delle incredibili topiche diplomatiche dell’attuale responsabile della Farnesina, per cercare di scipparci fette rilevanti della “torta” di Kashagan, in Kazakhstan, il più grande giacimento di gas del globo, che la nostra Eni ha scoperto per prima e del quale detiene ancora il 16,5% delle quote.
Ma soprattutto a premere alle nostre porte, dietro la milizia di sfondamento del FMI e accoliti, c’è la grande finanza speculativa internazionale, che sente odore di sangue e pregusta il saccheggio. La stessa finanza che ha giocato sulla roulette farlocca e truccata dello Spread per metterci proditoriamente in ginocchio, e utilizzato la famose, o meglio famigerate Agenzie di Rating da lei stessa prezzolate per darci il colpo di Maramaldo, e che oggi – dal suo punto di vista giustamente – si sta preparando a mietere il raccolto.
Certo, noi ci abbiamo messo ben del nostro per favorirli. E non sto pensando solo ai politici, alla vituperata “casta” il cui fallimento, la cui ottusa insipienza è ormai palese e a tutti, tranne che a loro, evidente. Sto pensando anche, forse soprattutto, all’altra “casta”, quella vera, quella che, comunque, riesce sempre a stare a galla, che pontifica e critica, ma che si arricchisce ai danni del Paese e dello Stato. Un certo mondo alto-confindustriale, di finanzieri/bancarottieri, i “capitani coraggiosi” cari a D’Alema, capitalisti senza capitali, o meglio con capitali pubblici, abilissimi nel rendere pubblico il debito e privati i profitti. Le grandi Famiglie dell’economia italiana, i Nomi, quelli che da decenni, ad esempio, fanno pagare all’INPS – quindi ai nostri fondi pensione – la cassa integrazione per la FIAT e intanto esportano i capitali ed investono negli States. Quelli che hanno portato al fallimento imprese modello nel mondo, vedi Olivetti, e dal fallimento hanno lucrosamente guadagnato. Quelli che hanno finto di salvare gioielli di famiglia, Telecom ed Alitalia, e gli hanno poi svenduti, provocando all’Italia danni incalcolabili epperò riempiendosi le tasche… o meglio i conti offshore.
E l’elenco potrebbe continuare, ché il saccheggio è appena iniziato. Ma sulle prime pagine dei nostri grandi Media troviamo assillanti interrogativi su cosa dirà domani Renzi, se Brunetta agiterà le dimissioni, se Berlusconi sposerà la sua attuale fidanzata, se Alfano litigherà con la Santanchè, se Cuperlo riceverà l’appoggio di Fioroni, se D’Alema formulerà qualche altra battuta sardonica. O, peggio, quale nuova metafora lambiccata si inventerà Bersani. Roba che neppure in Aspettando Godot… e purtroppo quello che ci dovremmo aspettare non è Godot, e neppure i Giannizzeri, ma i “sicari dell’economia” che si preparano a tranciarci la giugulare.

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