lunedì 1 Luglio 2024

In tackle su Fini

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Berlusconi tentato di escludere Casini dalla coalizione regionale per rompere il patto dei Proci

Attende l’ufficializzazione della candidatura del centrosinistra in Puglia e Calabria per dire l’ultima parola ma quella di Silvio Berlusconi è ormai più di una tentazione: far saltare l’accordo con i centristi anche nel Lazio e in Campania e sostituire le liste di Pier Ferdinando Casini con delle ”liste dei moderati” nelle quali ospitare eventuali transfughi. La goccia, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che ha fatto traboccare il vaso sono stati ieri gli attacchi di De Poli, candidato centrista in Veneto, che ieri pomeriggio ha duramente criticato la visita del premier a Venezia che “compra palazzi mentre chiudono le fabbriche”. Per reggere la concorrenza al Nord della Lega, Berlusconi vuole infatti avere le mani libere di poter attaccare liberamente l’Udc al pari della sinistra. Ma se con quest’ultima la contrapposizione è ovvia, le intese siglate con i centristi nel centrosud, rischiano, a suo giudizio, di legargli almeno una mano dietro la schiena in campagna elettorale. Berlusconi è convinto di poter vincere dappertutto anche senza i centristi e lo ha spiegato più volte a Gianfranco Fini che resta invece, con un bel pezzo di An, convinto dell’indispensabilità dei centristi in molte regioni. Specie nel Lazio dove corre una sua candidata. Il ragionamento del Cavaliere è però nettamente diverso e parte dalla preoccupazione che dalle urne possano nascere due centrodestra: uno a trazione leghista nel Nord e uno a trazione centrista nel centrosud. Non solo, il Cavaliere guarda più alle percentuali di partito che usciranno a fine marzo, che al computo delle bandierine. “Meglio la chiarezza, anche se dite che si mettono a rischio un paio di risultati”, ha sostenuto di recente il premier con alcuni suoi capigruppo.

Nel Lazio il centrodestra rischia di vivere il suo momento più difficile e non solo perché l’Udc ne approfitta per ”imbarcare” alcuni esponenti-Pdl, ma anche per la fermezza con la quale la finiana Polverini dà per scontata l’intesa con i centristi di Cesa e Ciocchetti. Anche se Berlusconi ha smesso di rimpiangere la Todini, è significativo che ieri il sottosegretario Francesco Giro, tra i primi sponsor della Polverini, abbia attaccato i centristi sostenendo che “la condotta dell’Udc appare politicamente incomprensibile a livello nazionale e in particolare qui nel Lazio dove un’intesa è stata persino raggiunta”.

Non sono solo i ”due forni” a finire sotto accusa, ma anche la ripetuta sottolineatura che i centristi fanno di intese con i candidati-presidenti e non con i partiti. Per non parlare delle prese di distanza che a livello nazionale l’Udc ha assunto su alcuni temi ”sensibili” come il processo breve e il legittimo impedimento e per gli attacchi che esponenti locali e nazionali, rivolgono a Berlusconi. Lavoro quindi in salita per gli esponenti nazionali del Pdl, come Gasparri, Lorenzin, Augello e Pallone, impegnati nella campagna elettorale del Lazio. Berlusconi teme un centrodestra a macchia di leopardo, con il Nord consegnato alla Lega (il cui leder, Bossi, ieri è andato giù duro contro l’Udc: “I centristi sono dei rompiballe, lasciamoli al Pd”) e il Centrosud in mano a presidenti di regione nessuno in quota Forza Italia. E’ per questo che il Cavaliere, appena sarà chiaro che anche in Puglia l’Udc andrà con il Pd, romperà gli indugi e tornerà a pretendere da Fini il via libera per una rottura che, a suo giudizio “farà chiarezza come lo ha fatto la scelta del 2008 di tenere l’Udc fuori dalla coalizione”. Una rottura che ovviamente si estenderà anche alla Campania dove da ieri è ufficiale la candidatura di Caldoro, e dove è fortissima l’intesa con l’Udeur di Mastella. “Faremo qualcosa insieme ma io per problemi di sicurezza potrò muovermi poco”, ha spiegato ieri l’altro un cautissimo Berlusconi a Renata Polverini. Venti minuti sono certamente pochi perché il Cavaliere stringa una simpatia con una sindacalista, ma per qualcuno dei suoi più stretti collaboratori deve essersi nuovamente impadronita del premier l’idea che “se ho un problema con la Bonino alzo il telefono e parlo”

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