lunedì 1 Dicembre 2025

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L’Italia è già un ricordo

Se lo chiedete a loro, non ci sono dubbi: tra le regioni in testa c’è il Piemonte, tra le province Macerata batte tutte. Ma non si sta male neppure a Mantova o Imperia. Sono questi infatti i luoghi più “ospitali” d’Italia, sempre che tu sia un immigrato, sia ben chiaro. Meglio invece tenersi alla larga dalla Calabria e dalle province di Foggia e Ragusa. A stilare la “pagella” è il IX Rapporto del Cnel sugli Indici d’integrazione degli immigrati in Italia. In sintesi: per effetto della crisi, crolla il Nord Est nella capacità d’accoglienza, regge l’urto l’Emilia Romagna, tengono anche Nord Ovest e piccole realtà del Centro Italia.
Il Rapporto Cnel. Il IX Rapporto Cnel misura (attraverso 18 diversi indicatori statistici) sia il grado di attrattività che province e regioni esercitano sulla popolazione straniera presente in Italia, sia il potenziale di integrazione proprio di ciascun territorio. Ed è questo l’indice che più conta, il “potenziale di integrazione”, costruito su un insieme di fattori che riguardano l’inserimento sociale e occupazionale degli immigrati.
Chi attrae più immigrati. Tra le regioni, il grado maggiore di attrattività (basato su numero di immigrati residenti, loro densità e stabilità) è ancora detenuto dalla Lombardia, che supera di gran lunga Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Piemonte, Liguria. Tra le province, la massima attrattività spetta a Brescia che, rispetto al 2009, sorpassa Prato, dovuto “al fatto che molti cinesi stanno effettivamente abbandonando l’area pratese, nella quale da tempo si erano stabiliti numerosi per impiantarvi le proprie attività imprenditoriali, spostandosi in altre zone del Paese”.
Integrazione: in testa il Piemonte. Il Rapporto attesta che la regione a più alto potenziale di integrazione degli immigrati è oggi il Piemonte (nel 2009 era il Friuli Venezia Giulia). Seguono: Emilia Romagna, Liguria, Friuli, Abruzzo, Marche. Ultime: Puglia e Calabria. Tra le province, in testa ci sono Macerata, Mantova, Imperia e Pistoia. Ultime: Crotone, Ragusa e Foggia. In generale, le condizioni sono più facili nei piccoli centri: “Le condizioni di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati, che determinano il potenziale di integrazione di un territorio – si legge nel Rapporto Cnel – sono migliori in contesti più ristretti e a bassa complessità sociale, ovvero in territori che non fanno capo ad aree urbane particolarmente estese o a realtà metropolitane”.
Il crollo del Nord Est. Si nota inoltre come tutto il Nord Est – ad eccezione dell’Emilia Romagna – ha conosciuto in due anni una notevole contrazione del proprio potenziale di integrazione. Un esempio: il Veneto passa dal quarto al tredicesimo posto nella classifica generale. Non solo. Rispetto al 2009, il Rapporto denuncia come “in Italia le condizioni di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati (come, del resto, degli italiani) hanno conosciuto un generale e diffuso peggioramento”.
“Subito ius soli”. “Per i figli degli immigrati si pone con urgenza il problema dell’acquisizione della cittadinanza, come ha riportato in evidenza la recente campagna L’Italia sono anch’io – sostiene Giorgio Alessandrini, consigliere del Cnel – alla luce delle esigenze di riconoscimento e di partecipazione delle seconde generazioni, ormai numerose in Italia, è sempre più auspicato un deciso intervento di riforma dell’attuale legge in direzione dello ius soli temperato. Intanto, è significativo che diversi amministratori locali tengano viva l’attenzione, sia invitando i neomaggiorenni stranieri a inoltrare per tempo la domanda di cittadinanza, sia concedendo quella onoraria a chi è nato in Italia. Ma se cittadinanza significa partecipazione e pari dignità, sono evidenti i limiti che si riscontrano, sotto questo aspetto, a livello sociale ed economico: basti pensare che per gli immigrati le retribuzioni, come pure le condizioni generali di lavoro, sono ancora molto più basse rispetto a quelle degli italiani”.
“Esistenza a punti”. Il Cnel, guidato da Antonio Marzano, critica anche un’Italia “ancora troppo preoccupata solo di difendersi dai cosiddetti “clandestini” (categoria nella quale sovente vengono impropriamente inclusi anche i richiedenti asilo)”, che così “finisce per rendere più complicata e difficile anche la vita di coloro che sono entrati e si sono stabiliti regolarmente in Italia, votandoli ad un’esistenza ‘a punti’ che li espone al rischio costante di perdere il diritto al soggiorno”.

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