Lettera aperta di un compagno rimasto turbato dopo la mancata strage a Casa Pound Bologna
Lettera apparsa su Indymedia, se è autentica (il dubbio in questi casi è lecito) è molto significativa di un crescente disagio tra le esigue trupe trinariciute degli antifa. Qualcuno è stanco di giocare al delinquente burattino.
“Quando ho accettato di seguire con altri le vicissitudini bolognesi sono partito a spron battuto. Nessun dubbio, nessuna perplessità. Le modalità, il fine: l’antifascismo.
Quindi le azioni: dirette. La costruzione di un fronte antifascista contro la crescente CasaPound Bologna.
La contestazione nel quartiere Santo Stefano, lo scontro in Via Orfeo. Nessun dubbio.
Ma ora dal 4 giugno mi tengo un peso dentro. L’aver appoggiato indirettamente l’azione che poteva avere risvolti drammatici. (L’incendio di Casa Pound con militanti che dormivano dentro n.d.r.) Rivendico l’antifascismo, ma non quelle modalità.
Per questo sono un pentito, non ho nessun rimorso nell’antifascismo ma ho il rimorso di quanto fatto quel giorno, il cattivo esempio dato.
Con questo ho libertà di licenziarmi da una realtà che ho sentito a me affine ma che si è distanziata sempre di più. Quella delle tute bianche, degli invisibili, dei teatri fintamente occupati, di coloro i quali sanno che le indagini per l’incendio vanno verso il mondo anarchico e non fanno nulla per uscire allo scoperto evitando una repressione, indiretta, che colpisce i compagni anarchici per i fatti del 4 giugno.
Il passo fatto è perché tanto vi dovevo. Indymedia è l’ultimo posto, di tanti, a cui ho spedito questa mia riflessione.
Non posso vedere compagni anarchici arrestati incolpati per atti che non hanno compiuto perché è stato fatto di tutto per depistare le indagini e portare tutto a loro.
Antonio Pusceddu