venerdì 19 Luglio 2024

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Due mesi di tempo. Se Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania “non renderanno operativi i loro impegni, in particolare nel settore petrolifero e bancario, l’Iran smetterà di limitare le sue attività di arricchimento dell’uranio. Il presidente Hassan Rouhani ha annunciato la decisione presa dal Consiglio Supremo per la sicurezza nazionale in un discorso al Parlamento trasmesso dalla tv di stato “Irib”. E’ la risposta all’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sui programmi atomici degli ayatollah. Il dietrofront americano fu deciso esattamente un anno fa, l’8 maggio del 2018. Nel giorno dell’anniversario, il capo del governo iraniano, da sempre ritenuto un moderato, ha comunicato la reazione del suo Paese. Rouhani ha sostenuto che si tratta di una risposta “nazionale presa dall’intero sistema di governo”, e ha sottolineato che “i nemici dell’Iran non hanno risparmiato sforzi dal 2015 per danneggiare l’elegante struttura dell’accordo internazionale”. Il presidente iraniano ha citato il sionismo, i reazionari (ndr. i sauditi?) e l’Aipac, la commissione per gli affari pubblici America – Israele. Per Rouhani “i firmatari europei stanno facendo bene il loro lavoro, ma non sono in grado di mettere in atto quello che vorrebbero”. Per questo motivo, ha aggiunto, “non si tratta della fine dell’accordo sul programma nucleare”.

Il 2 maggio è scaduta l’esenzione dalle sanzioni per le importazioni di petrolio iraniano a favore di otto Paesi, fra i quali l’Italia. I Pasdaran, i potentissimi Guardiani della Rivoluzione, sono stati inseriti da Washington nell’elenco delle organizzazioni terroristiche (l’Iran ha adottato la stessa misura per il Centcom, Central Command statunitense). Il Pentagono ha annunciato l’invio in Medio Oriente di una flotta guidata dalla portaerei “Abramo Lincoln” e di una task force di bombardieri B 52. Il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton ha spiegato la decisione come la “risposta a un certo numero di preoccupanti indicazioni” alle quali è necessario replicare “con una forza implacabile”. Il portavoce del Comando Centrale Bill Urban ha dichiarato che “ci sono indicazioni che le forze che agiscono per conto dell’Iran stanno facendo preparativi per attaccare possibilmente gli Usa nella regione”. Fonti americane citate dalla Cnn accreditano una rilevazione dell’intelligence secondo la quale l’Iran probabilmente sta spostando missili balistici a corto raggio su barche che solcano il Golfo Persico.

Secondo l’agenzia semiufficiale “Fars” il Parlamento aveva già discusso a porte chiuse le contromosse rese pubbliche da Rouhani. Ai deputati le aveva illustrate il presidente dell’assemblea Ali Larijani. Pur restando all’interno dell’accordo siglato il 14 luglio del 2015, ha riferito il parlamentare Sodeyf Badri, riguarderebbero il settore della produzione di acqua pesante e le scorte di uranio concentrato, lo yellow cake. All’Iran l’accordo del 14 luglio 2015 aveva consentito di esportare e depositare in Oman l’acqua pesante prodotta dal reattore di Arak progettato per produrre plutonio in modo da non superare il limite di 300 tonnellate fissato dall’intesa siglata con Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania. Sempre secondo il “Piano di azione congiunta e comprensiva” del 2015 l’Iran poteva esportare in Russia uranio arricchito nella centrale di Natanz sotto il limite del 3,67 per cento e ricevere in cambio scorte di minerale concentrato grezzo in modo da mantenere la sua dotazione complessiva di combustibile nucleare sotto il limite di 300 chili. Nei giorni scorsi, annota la “Fars”, il presidente del Parlamento Larijani aveva escluso qualsiasi stop all’arricchimento dell’uranio.

Secondo un’altra agenzia semiufficiale, la “Isna”, era già pronta una lettera del presidente iraniano destinata agli ambasciatori di Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania (lo scritto verrà consegnato anche e alla Alta Rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea Federica Mogherini) per spiegare che le nuove attività pianificate rientrano nelle sezioni 26 e 36 dell’accordo del 2015. In particolare il primo prevede che Tehran possa riprendere del tutto o in parte le sue attività nucleari, se una delle parti firmatarie dell’intesa non la rispetta. ”Isna” ha scritto che Il contenuto dello scritto è stato anticipato ai diplomatici europei, assieme al rimbrotto per aver “mancato alle promesse”. In dicembre, ricorda la “Fars”, Ali Akbar Salehi, numero uno dell’organizzazione iraniana per l’energia atomica, aveva avvertito che il Paese poteva riprendere in qualsiasi momento l’arricchimento dell’uranio al 20 per cento, la percentuale che consente l’assemblaggio di una bomba atomica “sporca”, con le 1044 centrifughe dell’impianto di Fordow. “Possiamo – aveva minacciato – mettere nel cassetto il limite dei 300 chilogrammi, quando vogliamo e fare l’arricchimento a qualsiasi livello e per qualsiasi volume”.

Per il sottosegretario agli esteri Araqchi la trattativa sul nucleare potrebbe “morire ora in qualsiasi momento”. Nel primo discorso dopo la sua elezione nel 2013 Rouhani aveva enunciato lo stesso concetto ricordando un suo intervento del 2004. All’epoca guidava la delegazione iraniana che tentava di evitare un deferimento all’Onu per le attività nucleari del Paese. “Mentre parlavamo – ha raccontato alla “Fars” – con gli europei nella capitale, a Isfahan siamo passati dalla polvere concentrata di uranio al tetrafluoruro e all’esafluoruro, elementi cruciali per l’arricchimento”. Il suo modello era il Pakistan: “Se un giorno riusciamo a completare il ciclo del combustibile, e il mondo vede che non ha altra scelta, allora la situazione sarà diversa. Il mondo non voleva che il Pakistan costruisse la bomba atomica e neppure che il Brasile avesse il ciclo del combustibile. Il nostro problema è che non possiamo disporre né dell’uno né dell’altro. Siamo in piedi sulla soglia”.

 

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