venerdì 19 Luglio 2024

Iraq: l’impossibile svolta dell’ONU

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Il passaggio dei poteri all’ONU potrà cancellare l’infamia di una guerra ingiusta ed illegittima, le distruzioni dei bombardamenti, le violenze e le torture?


C’è chi attende che dal cappello a cilindro di Lakhdar Brahimi esca fuori magicamente la democratizzazione dell’Iraq. In poche settimane l’inviato speciale delle Nazioni Unite dovrebbe riuscire a trovare la formula che restituisca sovranità e dignità al popolo iracheno. L’istituzione di un nuovo governo dovrebbe attribuire i crismi della legalità e della legittimità politica al processo di ricostruzione del paese. Nello stesso tempo, però, le potenze occupanti continueranno ad essere tali, come l’amministrazione statunitense ha più volte precisato. Lo ha confermato nel modo più esplicito, il 23 aprile, il sottosegretario di Stato Marc Grossman, di fronte al Foreign Relation Committee del Senato: in Iraq «le Nazioni Unite avranno un ruolo piuttosto importante ma limitato». Sarà un ruolo «limitato» perché non ci sarà alcun ritiro delle forze militari delle potenze occupanti, e perché gli Stati Uniti non sospenderanno la costruzione delle loro basi militari, necessarie per garantire la «sicurezza» del paese.

Il nuovo governo non potrà emanare nuove leggi senza il consenso del comando americano e non potrà abrogare le decisioni che il Governing Council ha già preso, eseguendo gli ordini di Paul Bremer. Né potrà essere revocato tutto ciò che è stato deciso per contrastare la prospettiva di un repubblica islamica, voluta dalla maggioranza sciita del paese, sotto la guida dell’ayatollah Ali al-Si

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