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La barriera di Ventimiglia

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A proposito della libera circolazione dei nuovi schiavi

Sul primo binario si affaccia un grande manifesto con i volti delle persone scomparse, «missing», volatilizzate nel nulla per i più disparati motivi: adulti e bambini di ogni nazionalità inseguiti dagli appelli di familiari disperati. Per trovare invece i volti di quelli che vorrebbero scomparire e che spesso pagano fior di euro per trovare un rifugio dalla violenza e dalla disperazione delle proprie terre, basta affacciarsi nel sottopasso che porta ai binari. Alle 8 di sera sono poco più di una decina, siriani e nordafricani in attesa del primo treno in direzione Mentone, Francia, terra di passaggio verso i Paesi del Nord Europa. «Ma appena viene buio diventano 50, 100, anche di più: arrivano con i treni da Genova e da Milano, in gruppi che sembrano organizzati: salgono sul primo treno della mattina, quello delle 5.18, verso il confine…» raccontano gli agenti della Polfer. Alcuni ce la fanno. Altri no. Respinti alle frontiere. Perché in Francia la questione si sta facendo calda, il governo sta stringendo le maglie sotto la spinta di un’opinione pubblica spaventata dalle notizie che arrivano dalla Sicilia, da quel cimitero chiamato Mediterraneo (secondo un sondaggio di Le Figaro , il 92% dei francesi vorrebbe reintrodurre controlli alla frontiera).

Ci risiamo? Ventimiglia, porta d’Europa per folle di disperati? Una piccola, seconda Lampedusa? «Non siamo per fortuna all’inferno del marzo 2011, la situazione è ancora sotto controllo, ma i segnali non sono incoraggianti» dicono al commissariato, quasi rabbrividendo al ricordo di quando la Francia chiuse le frontiere e questo paesone di 25 mila anime tagliato in due dal torrente Roia e contornato da spiagge una diversa dall’altra si riscoprì letteralmente assediato. L’allora sindaco Gaetano Scullino, centrodestra, vide i sorci verdi. L’attuale, il pd Enrico Ioculano, incrocia le dita: «Qualcosa si sta muovendo, ce ne siamo accorti, ma non ci sono effetti sulla vita della mia comunità, l’allerta comunque è alta e l’avvicinarsi dell’estate non incoraggia grandi illusioni».

Basta però scavalcare il confine e i toni, anche se frenati da una diplomatica cautela, assumono tonalità diverse. Solo negli ultimi 5 giorni, alla frontiera, sono stati fermati 944 clandestini diretti verso la regione di Nizza. Il prefetto, Adolphe Colrat, misura le parole: «Il flusso sta crescendo. È soprattutto gente che viene dal Corno d’Africa, per ora non ci sono stati problemi d’ordine pubblico».

Nessuna misura speciale, tengono a sottolineare le autorità nizzarde. Chi non è in regola viene rispedito a Ventimiglia. La si potrebbe definire una sorta di ordinaria amministrazione particolarmente scrupolosa. Non c’è bisogno di comunicati stampa per rendersene conto: alla frontiera, sui valichi che la circondano, a Mentone e al casello autostradale di La Turbie la presenza della gendarmeria è aumentata. Assieme a quella, inquietante, dei passeurs (54 fermati da gennaio), che in auto o a piedi, per tariffe che vanno dai 50 ai 200 euro, guidano i disperati verso la terra promessa. La rete si sta stringendo. Ogni sera, dagli uffici delle ferrovie francesi (Sncf) a Ventimiglia, viene diramato ai colleghi d’Oltralpe un bollettino sul numero dei disperati in attesa di un treno. 

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