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La destra scivola sempre

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Perde anche quando vince, figuriamoci quando non lo fa

I risultati delle regionali sono, entrambi, problematici per il centrodestra.

In Emilia Romagna non c’è stata alcuna spallata e gli 8 punti di scarto dimostrano che non c’è stato nemmeno bisogno di ricorrere alla riserva dei brogli per tenere lontani gli sfidanti.
I quali si consolano con la netta progressione rispetto alle precedenti (cinque anni e tre mesi fa) con quasi il cinquanta per cento d’incremento, ma parliamo di due epoche assolutamente diverse.
Rifugiarsi solo ora nella lettura intelligente del voto non cancella quella che è stata una sconfitta cocente  dal punto di vista psicologico e dell’opinione pubblica.
Salvini aveva puntato tutto su questa vittoria mancata, facendone un referendum tra lui e il governo. Grazie a questo plateale errore di comunicazione, il governo ne esce rafforzato e, se non gli toglie la spina Renzi, è ormai stabile.

Prima di analizzare gli errori della destra e della sua presunzione, parliamo della netta vittoria in Calabria con venti punti di vantaggio sul candidato della sinistra. Un regalo avvelenato. Come si può governare la Calabria in assenza di un regime speciale senza sporcarsi le mani, anche inconsapevolmente? E se si ha contro la Magistratura, ed è questo il caso, ciò significa che, tra un paio d’anni al massimo, proprio dagli scivoloni effettuati in Calabria rischierà di affondare la coalizione e di saltare addirittura qualche stato maggiore nel cdx.

Gli errori della destra
sono stati la presunzione, la fanfaronaggine e il prendere sotto gamba gli avversari. Le sardine sono state sempre derise, come i gretini del resto. Si sarebbero dovuti osservare i meccanismi di aggregazione e i linguaggi adoperati, ed essere almeno pronti a esprimere strategie di risposta. Ma niente: la psicologia della destra è sempre quella: reazione, ammiccamenti e darsi di gomito ghignando, mentre si assapora la vittoria decisiva tra un minuto.
Il problema è che la destra, essendo psicologicamente reazionaria, va alla grande quando si ha una reazione popolare che si riversa su quelli che trova in giro a rappresentarla.
E lì finisce. Perché ideologicamente e programmaticamente la destra si fa dettare l’agenda dalle confuse rabbie della base, anziché capitalizzarle e riorientarle.
Pertanto va avanti a slogan che si alternano con soluzioni astoriche espresse da caricature del Mago Otelma che si spacciano per economisti e filosofi. 
All’atto pratico si arrende invece all’evidenza e si adagia sull’opportunismo e il trasformismo. Nel che nulla di tanto diverso dalla sinistra, ma, a differenza di quest’ultima, le manca qualsiasi progetto strategico, qualsiasi sistema di lavoro e perfino la capacità di districarsi nel deep state, quando arriva a investirlo.

Se anche fosse stato
Questo per dire che se la destra avesse conquistato l’Emilia Romagna, avrebbe dato un grande piacere ai tifosi che hanno vissuto quest’appuntamento come si trattasse di una finale di coppa e, magari, hanno fatto le ore piccole come ai tempi di Benvenuti o Cassius Clay.
In quanto al resto?
La psicologia reazionaria di massa durerà ancora a lungo, benché la ristrutturazione oligarchica stia andando al galoppo a sua insaputa.
Servono un minimo di afflato rivoluzionario e una mentalità effettivamente politica, cioè non ostaggio dei Like e dello stupidario di tutti i giorni, per provare a salvare qualche margine di libertà.
Eppure, con Salvini al governo, è passata la fatturazione elettronica ed è stata messa in cantiere la legge anti-prescrizione. Un governo o l’altro, finora, cambia davvero poco.
Ma il vento che tira può ancora servire a dispiegare le vele. A patto di capirne di venti e di navi.
Navigare necesse.
In mare aperto, scordandosi le spiagge di Papeete.

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