Il mondo va avanti come dal copione de Il Gattopardo. “Bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi”.
Le aree politiche critiche o “antagoniste” vi applicano schemi astrusi, desueti e irreali.
Paradossalmente questo lo fa molto più la destra, benché l’attuale vento sia di destra, che non la sinistra.
Non ci troviamo in presenza di nessun blocco del Sud Globale contro l’Occidente e men che meno del tanto decantato trionfo popolare sulle oligarchie.
Siamo in presenza di un cambio di paradigma che si riflette sia nelle politiche nazionali che nel quadro internazionale.
Ci troviamo nel pieno
di una crisi di passaggio epocale in cui si riscrivono la geoeconomia e la geoenergia, mischiando le carte in una multilateralità e soprattutto in un multiallineamento che riscrive le gerarchie sulla base di una binomio ancora non paritetico Usa-Cina e su di un insieme di potenze piccole, mediopiccole o potenziali (tra queste l’Europa).
Anche la globalizzazione sta cambiando
con tendenze sia centripete che centrifughe, che determinano un’interrelazione sempre maggiore da parte di tutti, ma anche la creazione al tempo stesso di aree diversificate e relativamente separate tra loro.
Il ruolo dello Stato torna parzialmente in auge, ma a sua volta è monco. Più forte nel decisionismo interno, ma meno sovrano sul piano della tecnologia, dell’economia e della comunicazione.
Quello che è palese è che la classe degli anchormen politici e la corte dei progressisti, genderiali, woke, non è più in grado di esprimere gli interessi dei gruppi economici né di spiegare i cambiamenti e men che meno di farli accettare alla gente. Peggio: pretende d’imporre delle tendenze ideologiche che non sono assolutamente consone alla realtà.
Di qui l’ascesa populista
Che, quando avviene in modo demagogico e qualunquista è costretta a farsi commissariare, esattamente come accadde al governo gialloverde che si fece imporre per tutore Giuseppe Conte e divenne così tutto l’opposto di quello che pretendeva di essere.
Di tutt’altro genere le scelte populiste realistiche che si sono coniugate con la realtà, come il governo Meloni.
Non voglio assolutamente valutare qui il fenomeno Trump 2 e dove conduce.
Mi limito a considerare i
dati oggettivi
Il primo è che esso sta reagendo prepotentemente, con tanto di epurazioni, alla classe degli scriba e dei commissari politici liberal. Una sorta di maccartismo soft.
Il secondo è che è quasi l’intero establishment a sostenere Trump. Dalla Silicon Valley a Starlink, da Wall Street fino ai neo allineati Bezos e Zuckenberg.
Se si tratterà di un cambio radicale (non parlerei di rivoluzione), nel bene, nel male o in ambo i sensi, ciò sarà stato reso possibile solo perché c’è stato il collegamento tra le strutture portanti di un sistema e le forze innovative. Come accadde con Napoleone, Mussolini, De Gaulle, Perón.
In tutti questi casi sì che si può parlare di rivoluzione o, perlomeno, di radicale cambiamento,
E – per carità! – non interpretate questa considerazione come un’equiparazione di Trump con costoro, sto parlando di dinamiche e non di valori o principi e nemmeno di modelli.
Queste dinamiche
sono le sole in grado di imporre cambiamenti e perfino rivoluzioni.
Il populismo antagonista invece può impadronirsi del potere solo in situazioni di vuoto e non combina mai nulla di buono, basti pensare ai giacobini o ai bolscevichi. Hanno bisogno che qualcuno intervenga a parare le loro falle, a salvarli dal fallimento e a metterli in riga, teleguidandoli.
Così diventano strumenti di finanza estera o apolide e mai combinano qualcosa di vivibile.
C’è un altro elemento da prendere in considerazione
nell’avvento del Trump 2, ed è la capacità di sintesi, che abbiamo definito “archeofuturismo all’americana” tra ambienti retrivi che fungono da coagulante ed ambienti futuribili che fanno da solvente: una sintesi impersonata da Elon Musk che va in direzioni molto più sensate di quelle dell’Alt Right, che ha avuto tecnicamente il merito di porre alternative culturali sul tavolo.
E, anche qui, ribadisco: non sto votando o valutando questa componente, parlo del suo ruolo, così come avrei potuto fare per gli Illuminati di Baviera.
Quando scrissi il mio Nuovo ordine mondiale tra imperialismo e Impero, nel 2002
per la Barbarossa, sostenevo, e lo ribadivo in ogni presentazione, che i cambiamenti di orientamento sarebbero intervenuti da classi dirigenti progressiste (così la Dottrina Macron, purtroppo fumo negli occhi, così Elon Musk).
Affermavo che il cambiamento si sarebbe prodotto innanzitutto dalla testa del sistema.
È quello che sta avvenendo.
Tanto per sgombrare il campo da ogni equivoco e da ogni malinteso, non sto qui cantando le lodi di Trump o del sistema che si sta trasformando.
Per me sarà una buona cosa solo se e quando questo avverrà in Europa e sono sicuro che, semmai accadrà qui, sarà in modo molto diverso.
Così come sono ben conapevole che questi Capitan America proveranno a fare i loro interessi, molto spesso ai danni dei nostri.
Quello che intendo sottolineare sono gli elementi a fondamento di questa linea
che oggi vede se stessa come rivoluzionante e come tale si presenta. E che, sicuramente, lascerà il segno nella concezione futura delle classi dirigenti, nel genere di censura, nel linguaggio comune e anche sull’ingegneria sociale che sarà meno woke.
Ma quello che davvero vorrei è che si apprendesse la lezione, che è molto chiara: l’antagonismo è sterile; il populismo assoluto è qualunquista e senza prospettive; non c’è nessun potere da scalare per una rivoluzione fondata sulla frustrazione e l’aridità.
Quel che conta è svolgere un ruolo attivo
nel produrre immaginario e nel coordinare autonomie e generare nuovi poteri che avranno la possibilità di intervenire, per una logica di domino, nei cambiamenti “archeofuturisti” che – speriamo – si verificheranno in Europa.
Bisogna, quindi, abbandonare molti dei preconcetti-zavorra ai quali ci siamo abituati con il tempo, fossilizzandoci, e che ci ricoprono di muffa, trasformandoci peraltro spesso in degli Ogm scodinzolanti dietro a pifferai altrui.