Il 28 agosto 1980 il Tribunale di Bologna, a firma del dott. Persico, emette i primi 28 mandati di cattura contro altrettanti militanti della destra radicale, scelti a casaccio nelle varie organizzazioni (Fuan, Nar, Terza Posizione, Costruiamo l’Azione), incriminati per aver composto una fantomatica banda armata che avrebbe cospirato per abbattere la democrazia e avrebbe causato, a tale scopo, la strage alla stazione di Bologna di 26 giorni prima.
Ventidue di essi verranno arrestati quel giorno, sei di loro sfuggiranno alla cattura e si daranno alla latitanza, quasi tutti a Londra.
Dopo dieci mesi la montatura giudiziaria si sgonfierà e verranno prosciolti dall’accusa, ma aprirà la via a tante altre inchieste repressive che coinvolgeranno, spesso da innocenti, quasi tutti gli imputati più tanti altri.
La falsa pista era stata costruita dal dirigente del Sisde (servizio segreto civile) Russomanno, già implicato nella scomparsa di un timer all’indomani della strage milanse di piazza Fontana (12 dicembre 1969) che si trovava detenuto nel carcere romano di Regina Coeli per favoreggiamento delle Brigate Rosse.
Quattro decenni dopo quel teorema inventato per depistare, e come tale smascherato, è stato riesumato dalla Procura di Bologna impegnata a tacitare o a prendere sotto gamba la mole di indizi e di prove che attestano tutt’altra matrice della strage, e mettono in risalto come coloro che l’avrebbero “commissionata” ai neofascisti sono proprio quelli che per decenni hanno provato a incriminarli con piste false e rabberciate.
La madre di tutte le retate per depistare
I falsari di Bologna