Israele ha bombardato l’Iran.
Non è che conti molto la posizione di ciascuno di noi, ma va comunque stabilito se la si vuole prendere sul piano emotivo, ideologico, pregiudiziale, o di analisi concreta verso il futuro.
Non pretendo affatto che il mio sentimento sia condiviso né lo impongo, ma non sono dispiaciuto del fatto in sé.
L’Iran è colpevole di molte cose che nessuno gli imputa. Innanzitutto l’erosione della causa nazionalista in ogni paese arabo, trasformata – in primizia assoluta – in una predominanza religiosa e internazionalista. Nello specifico è particolarmente colpevole della distruzione dell’Iraq e dell’avvio dell’islamismo in Palestina contro la Palestina. Lo stesso salafismo (internazionalismo terrorista e fondamentalista) è la risposta sunnita all’azione internazionalista sciita di Teheran.
La “causa sciita” che è stata la prima a snazionalizzare la causa araba assomiglia terribilmente al panslavismo zarista e stalinista: fare di presunti fratelli della carne di cannone per i propri interessi.
Ovviamente, pur se in una logica imperialista, l’Iran ha svolto qualche funzione positiva o non totalmente negativa: in Siria e in Libano. Ma accade a tutti che in un luogo o nell’altro giochino un ruolo positivo. Perfino all’Inghilterra o alla Russia.
Dal 1979 fino al crollo dell’Iraq le relazioni tra gli ayatollah e Tel Aviv sono state comunque di complicità organica, dato che gli obiettivi iraniani favorivano la causa israeliana.
Sappiamo che Israele armò l’Iran contro Saddam e che per molti anni il suo principale fornitore di petrolio fu proprio l’Iran, mediante una triangolazione in Olanda.
Che poi si sperticassero in dichiarazioni di fuoco reciprocamente indirizzate era solo una necessità per le rispettive opinioni pubbliche.
Quando venne impiccato Saddam io mi augurai che la Nemesi prendesse la forma di una vendetta perpetrata involontariamente tramite il nemico che Bagdad aveva combattuto e che Teheran aveva servito. In prima battuta è così che accolgo l’attacco di ieri: La Nemesi di Saddam, con lo scontro cruento tra i suoi maggiori nemici.
Aggiungo che mi rifiutai sempre di spendere una parola quando venne ucciso Soleimani che si trovava allora in Iraq. Per me fu e resta un regolamento di conti tra imperialisti.
Poi c’è la questione materiale, al di là dei sentimenti e delle emozioni
Come va interpretata l’azione di Israele in questo biennio, con Gaza, Cisgiordania, Libano, e ora Iran, nel ripetuto mirino?
Come ho avuto più volte modo di affermare, la inquadro nella nascita di un polo energetico ed economico saldissimo di tipo israelo-arabo. Le relazioni con la quasi totalità dei paesi arabi e la funzione da poco assunta di esportatore energetico in grado di condizionare l’intero vicinato, insieme a una serie di problemi interni maggiori, spinge Israele ad approfittare delle incertezze mondiali per allargare le sue maglie e per cucire pian piano la mappa della Grande Israele.
Come ho avuto modo di dire più volte, sono cambiati, almeno nelle dimensioni, i rapporti precedenti. Incassato il sostegno di quasi tutte le dirigenze arabe e potendo giocare sulla rivalità tra India e Cina nelle loro espressioni sull’estero, giocando sul suo sostegno dichiarato alla Russia nella questione ucraìna, Tel Aviv ha reso più squilibrate le relazioni con gli Stati Uniti ed è sempre più lontana dalla UE.
Se leggiamo le prime reazioni delle cancellerie, scopriamo che sono abbastanza rivelatrici: gli Stati Uniti hanno tenuto a precisare che non sono coinvolti nell’attacco, la Russia, finora, si è limitata a paventare un’escalation della tensione (che è come chiedere all’Iran di non rispondere); la Cina idem anche se ha criticato l’attacco; l’India e il Giappone parlano di monitorare da vicino e di proteggere i propri cittadini.
Mentre proprio la UE, e tramite la Farnesina, ha “condannato l’attacco come un’iniziativa unilaterale che mette a rischio sforzi di stabilizzazione e diplomazia”. L’Alto Rappresentante dell’UE ha esortato a “fermare l’escalation e tornare al dialogo, evidenziando che l’azione israeliana mina gli sforzi diplomatici”.
C’è possibilità di una vera escalation?
Certamente, ma difficilmente drammatica. I poli contrapposti stanno solo nella propaganda delle cancellerie in difficoltà e nel mondo immaginario dei boomers antagonisti che non vogliono morire senza l’illusione di un’apocalisse. Breve, però, perché pretenderebbero di godersela.
Invece esistono buone possibilità di riposizionamenti mondiali. Tra queste l’ulteriore spinta alla macroregionalizzazione israeliana con riduzione, se non recisione, dei suoi forti legami occidentali.
Esistono, almeno in potenza, nelle conseguenze di questa guerra mediorientale, delle buone possibilità di multiallineamento e quindi di espansione delle influenze europee, sempre più distinte da quelle americane e più vicine a diverse nazioni non europee.
Ed esistono ovviamente in opposizione all’imperialismo israeliano nel settore.
Poi c’è il derby
Ognuno è libero di preferire una teocrazia a un ibrido laico-teocratico, e di sognare appresso all’uno o dietro l’altro.
Scomodando magari, insieme alla mitizzata “geopolitica”, la composizione etnica iraniana, che è al 61% persiana. Ma all’88% musulmana.
La questione etnica è non poca cosa, ma se la si assolutizza non si potranno più criticare gli americani per Hiroshima o Nagasaki.
Resta comunque una questione importante, ma non si può considerare che una coscienza indoeuropea sia declinata in un sistema dogmatico, teocratico, con una lista infinita di obblighi e proibizioni, quale quello di Teheran.
Il sistema psicorigido iraniano è ai nostri antipodi.
L’auspicio è che crolli, così come che crolli il sistema mafioso in Russia. Perché sono queste le condizioni di base affinché questi paesi rientrino in un gioco allargato che potrà contribuire alla riduzione dello strapotere di chi oggi lo detiene o almeno lo gestisce internazionalmente.
Ma fino ad oggi, con tutte le pretese che possono avere avuto, le dirigenze russe e iraniane, questo strapotere lo hanno rafforzato perché, sulla base delle loro concezioni, non avrebbero potuto mai fare altrimenti.