sabato 20 Luglio 2024

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altGli Stati Uniti arruolano il web come arma (de)stabilizzatrice

Il Segretario del Dipartimento di Stato, Hillary Clinton, come anticipa  il New York Times, annuncia  una nuova strategia d’interventi  dell’amministrazione americana a favore della “Internet Freedom”. Si tratta di un programma di finanziamenti allo scopo di abbattere ogni  barriera che tante dittature impongono alla rete nel proprio Paese.
Inoltre si cerca di limitare la possibilità che questi regimi controllino e usino il web per reprimere le forze di opposizione. Nell’ambito di questi interventi, la diplomazia americana insegnerà a chi si batte per la tutela dei diritti umani come comunicare tra di loro evitando di essere intercettati, o come ripulire i propri computer o cellulari prima di essere arrestati dalla polizia.
Nonostante ciò, lo stesso Dipartimento di Stato frena l’entusiasmo di chi pensa che basti liberalizzare i social network per abbattere ogni dittatura nel mondo. Condividere i contenuti sulla rete e metterli a disposizione dei media può dare una spinta a un movimento di  liberazione, ma non è la bacchetta magica che demolisce ogni sorta di regime.(…)
Una certa prudenza che ha fatto irritare l’opposizione repubblicana e alcuni esperti del web che vorrebbero dall’amministrazione Obama  interventi molto più radicali a favore della libertà della rete. In particolare c’è chi accusa il governo di aver perso troppo tempo, tenendo fermo da oltre un anno uno stanziamento di 30 milioni di  dollari, già approvato dal Congresso. Con quei soldi, sostengono i repubblicani, si sarebbe già potuta mettere in piedi una rete parallela in grado di assicurare l’accesso al web a milioni di persone, aggirando le barriere imposte da tanti governi.
In particolare, c’è chi denuncia il Dipartimento di Stato di aver finanziato sinora in modo insufficiente chi sarebbe in grado di creare supporti tecnologici in grado di garantire il web a milioni di dissidenti in Cina e in Iran. E c’è chi trova contraddittorio, da parte del Dipartimento di Stato, voler aiutare il popolo cinese ad aggirare i limiti imposti da Pechino e poi ignorare uno dei più popolari provider che fa proprio questo lavoro, sponsorizzato però dal gruppo religioso di
opposizione Falung Gong. Stesso discorso, osserva il New York Times, nel caso di Wikileaks: come si fa a difendere per la libera circolazione delle informazioni e poi incriminare chi lo ha fatto se quelle informazioni riguardano la propria diplomazia?.

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