sabato 20 Luglio 2024

La ripresa che non va

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Persi 480.000 posti di lavoro in tre anni.

 

Sul fronte della ripresa “la performance dell’Italia è tra le peggiori, così come lo era stata nella recessione”. A sostenerlo è il Centro studi di Confindustria, che ha rivisto al ribasso (+1,3% dal +1,6% previsto a giugno) le stime di crescita per il 2011. Lo studio, inoltre, stima che l’anno si chiuderà con 480mila disoccupati in più rispetto al 2008 e con un sommerso che, dal 2009, ha superato il 20% del Pil.


A rischio 30mila posti
Il Centro studi di Confindustria valuta che sono 450 mila sono i posti di lavoro già persi a fine giugno. Mentre, altri 30 mila sono “a rischio” nella seconda metà dell’anno. “L’occupazione non ripartirà prima dell’anno prossimo”, con una stima del +0,4% delle unità di lavoro, ed un tasso di disoccupazione che “salirà, terminando il 2011 al 9,3%”. L’occupazione, secondo il Centro studi, ha “il freno tirato”: passera’ dal -1,8% del 2010 a +0,4% nel 2011. “La creazione di nuovi posti di lavoro sarà frenata dall’ampio bacino di forza di lavoro inutilizzata e dalla ripresa della crescita della forza lavoro”. Secondo gli economisti di viale dell’Astronomia, inoltre, “il ricorso alla Cig rimarrà alto per il resto del 2010 ed equivalente a 475mila ula in media d’anno, contro le 335mila del 2009, mentre comincerà a scendere progressivamente nel 2011”. 

“Italia più povera perde sfida modernizzazione”
Quella descritta nel rapporto è una “Italia più povera, in assoluto e ancor più in rapporto agli altri Paesi avanzati”. Un’Italia di cui si sottolinea ancora una volta il ritardo nelle riforme, in particolare su “sei questioni cruciali”. Dalla semplicità e chiarezza delle regole per le imprese (a partire dalla riforma della pubblica amministrazione); al carico fiscale sulle imprese e sui lavoratori; dall’istruzione; alla ricerca e all’innovazione, terreno su cui siamo “in forte svantaggio”; alle infrastrutture, settore in cui “il Paese ha dissipato la leadership che aveva 40 anni fa tagliando le risorse e rafforzando il potere di veto dei sempre più numerosi soggetti interessati”; alla concorrenza: “le liberalizzazioni da sole aumenterebbero al produttività del 14,1%”.

“Sempre più ritardi competitivi”
Rispetto agli altri Paesi, si tratta di “carenze strutturali e ritardi competitivi sempre più ampi che hanno compromesso risultati e potenzialità”. In particolare sul fronte del fisco: “La battaglia dell’evasione spalancherebbe la strada al successo nella guerra per la modernizzazione del Paese oltre a liberare gigantesche risorse per lo sviluppo”.

Sommerso oltre 20%
Lo studio valuta che il sommerso “è bruscamente accelerato nel 2009” superando il 20% del Pil (oltre 27% se non si considera la Pubblica Amministrazione. Al Sud è il doppio). Dato che spinge l’importo dell’evasione fiscale “su valori molto superiori ai 125 miliardi”. In salita anche la stima della pressione fiscale effettiva: ad un livello “ben sopra il 54% nel 2009”, più del 51,4% stimato dal CsC lo scorso giugno e del 43,2% della “pressione apparente contenuta nei documenti ufficiali”.

Senza riforme disoccupazione può aumentare
“Senza riforme, si corre il rischio che la disoccupazione aumenti” avverte Confindustria. L’Italia “continua – spiega il Centro Studi di viale dell’Astronomia – ad essere frenata da carenze strutturali che la rendono meno competitiva ed aggiungono vischiosità al recupero. In assenza di riforme, che la crisi ha reso più urgenti, il pericolo è che la crescita bassa e protratta a lungo determini l’aumento della disoccupazione strutturale e faccia perdurare l’eccesso di capacità produttiva, con conseguente necessità di ampie ristrutturazioni più faticose in un ambiente più favorevole al fare impresa. La conseguenza di tutto ciò – conclude il Csc – è la diminuzione della crescita potenziale del Pil, che già molto si era abbassata prima della crisi”.

Livelli precrisi non prima 2013
Confindustria, inoltre, ritiene che i valori medi del periodo precedente alla crisi in Italia non si raggiungeranno prima del 2013. “Il ritorno ai livelli di Pil del 2007 si avrà nel 2013 e di fatto ci sarà, rispetto alle linee di tendenza precedenti la crisi, una perdita permanente di prodotto e di domanda” si legge nella relazione.


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