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La sconfitta di Nixon

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Quell’impeachment e i suoi reali significati

Il 27 luglio 1974 in Usa con 27 voti contro 11, la Commissione Giudicante per la Camera dei Rappresentanti decise a favore dell’impeachment del presidente Nixon.
Era una vittoria israeliana e comunista.
Nixon era un alleato di Tel Aviv ma aveva una concezione tutta sua che prevedeva un forte blocco nazionalista nel Mediterraneo che avrebbe messo in difficoltà i sovietici e, di fatto, avrebbe garantito anche più tranquillità allo Stato ebraico.
Ma il costo di questa sicurezza sarebbe stato eccessivo.
Israele aveva l’intenzione di giocare a tutto campo, aveva molti interlocutori anche nel Patto di Varsavia; inoltre preferiva l’instabilità nella sua zona d’influenza per due buoni motivi.
Perché, presentandosi come l’unica potenza affidabile, avrebbe continuato ad ottenere finanziamenti ed armi dagli Usa, e poi perché il terrorismo arabo sarebbe tornato utile a giustificare le mire della costituzione della Grande Israele tra il Giordano e l’Eufrate e a impedire accordi commerciali ed energetici troppo saldi tra arabi ed europei.
Inoltre la linea delle Trilaterale, condotta dal Segretario di Stato Henri Kissinger, all’opposto di Nixon voleva un accordo con i comunisti e un indebolimento degli “alleati” occidentali.
E prevedeva l’ingresso del Partito Comunista Italiano nella sala comando.
La Commissione Trilaterale insomma aveva vinto la partita al vertice e questo avrebbe significato un aumento considerevole delle opportunità per la destabilizzazione dell’area mediterranea.
Tutta la campagna del terrore stragista del 1974 fu strettamente collegata a questi cambi strategici e venne animata e coperta dagli stessi che trovarono beneficio da quell’impeachment.

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