venerdì 19 Luglio 2024

La storia si ripete?

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L’Eterno Ritorno

A leggere le cronache quotidiane siamo, ormai,in piena invasione. I barbari non sono alle porte ,ma sono già tra noi. In alcuni casi sono ormai entrati nelle nostre case cacciandone gli abitanti o circolano negli spazi interconnettivi delle nostre città controllando la vita degli abitanti ed esercitando il diritto di preda con il violentare le donne, rubando, minacciando chi si oppone loro, aggredendo persino i rappresentanti della legge consapevoli che non incorreranno in alcuna condanna. Ma stanno nascendo, per fortuna, gruppi di vigilanti che non vogliono arrendersi, e si assiste alla reazione degli abitanti delle case popolari contro le occupazioni violente. Sarà dura per loro perché, nonostante le leggi scritte, la magistratura favorisce i delinquenti contro gli onesti, gli immigrati contro gli italiani arrivando a condizionare i politici – minacciando la loro pratica di parassitismo – a seguirla sulla strada della ADIKIA ovvero della discordia, della disconnessione di ogni legame civile, del travalicamento dei limiti di costume che dovrebbero definire la finitezza di un organismo civile. Il KAOS sta sconvolgendo il KOSMOS, il mondo retto da DIKE ovvero dalla connessione dei legami civili, che si esprime nell’ordine come armonia fra le parti.
Qualcuno penserà che la stiamo “buttando” in filosofia. No, stiamo con i piedi ben affondati nella realtà di tutti i giorni quella che registra, a nostra eterna vergogna, la vicenda di un senegalese che interviene a difendere una signora scippata atterrando lo scippatore e degli italiani presenti che lo ostacolano. Se non è il caos questo come lo vogliamo chiamare? E non ci meraviglierebbe nemmeno tanto, se venissimo a sapere che un magistrato ravvisasse gli estremi per condannare il senegalese a risarcire il delinquente. Lo salverebbe, per sua fortuna, il colore della pelle. Del resto non è forse accaduto che uno che si è difeso da un delinquente sia stato condannato a risarcirlo per avergli dato un pugno?
Tutto questo, però, induce a pensare e quando si pensa, allora sì che ci si “butta” in filosofia e ci si pongono degli interrogativi. Orbene, posto il generale sovvertimento di tutti i punti di riferimento ( i cosiddetti valori ) che consentivano di “misurare” il mondo reale per continuarne la costruzione; posto che le città , un tempo creazioni dello spirito, avevano lo scopo di incanalare le energie psichiche, fisiche e intellettuali verso la creazione comunitaria di un piccolo microcosmo ordinato secondo una visione universale;
posto che oggi gli attuali insediamenti sono soltanto la materializzazione di operazioni speculative la cui struttura degli spazi urbani, deputata a connettere gli spazi individuali raggruppati in edifici residenziali, è in mano alla delinquenza anziché al potere pubblico;
posto che non esiste un fine comune di vita civile, ma esistono tanti fini quanti sono gli abitanti di una città, di una nazione, di un ecumene;
posto che il loro comun denominatore è espresso da un valore tanto basso da non poter rilevare una identità comune sintesi di diverse individualità, ma solo una irrilevante sommatoria di soggettività;
tutto ciò posto l’interrogativo che ne scaturisce è il seguente: – Siamo in presenza del fenomeno della senescenza di una civiltà secondo la concezione spengleriana con conseguente caduta in un altro medioevo? In altre parole: la storia si ripete?

Per chi è di fede progressista non può esservi risposta in quanto il quesito risulta a lui del tutto privo di senso, votato com’è al continuo divenire secondo un percorso lineare. La caduta dei valori è, per lui, “trasformazione” in nuovi riferimenti, l’invasione di immigrati è la tanto auspicata crescita della popolazione italiana altrimenti destinata all’estinzione, la parzialità della magistratura è l’azione per favorire la integrazione ed arrivare ad una identità transnazionale. Secondo il progressista la generazione che succederà alla fase dell’immigrazione, ritenuta un fenomeno ormai strutturale, apparterrà alla galassia plurale (qualunque cosa significhi ) e si nutrirà quotidianamente di interculturalità ( sic ) e contribuirà, oltre che al tasso di natalità, anche ad una trasformazione sociale.
Per chi, invece, ha una visione dell’esistenza legata alla tradizione e quindi ad un percorso ciclico, la storia si ripete: è il ciclo dell’eterno ritorno. E il “già accaduto” è rappresentato dalla caduta dell’impero romano e dal susseguente medioevo. Nel secolo passato James Frazer, l’autore de Il Ramo d’oro, sostenne che la fine dell’Impero romano fosse da attribuire al venir meno degli ideali che lo avevano sostenuto per diversi secoli . Da antropologo e storico delle religioni osservò come prima dell’avvento del cristianesimo, l’interesse soggettivo fosse considerato pressoché irrilevante rispetto al fine di conseguire il bene dello Stato. Il cristianesimo, invece, introdusse il concetto di persona mettendo come fine dell’esistenza non già lo Stato, ma la salvezza dell’anima. L’Impero romano ne uscì frantumato e le invasioni barbariche diedero soltanto il colpo di grazia. Detta così si pone in sottordine il vero processo: la rottura dell’unità del pensiero greco-romano provocata dal tardo stoicismo e dal cristianesimo del IV-V sec quando si abbandonò la concezione ciclica del tempo per assumere quella lineare progressiva. Cambiò il rapporto con la natura ed il cosmo per effetto della svalutazione della realtà sensibile e materiale rispetto a Dio ( la natura non emana dall’Uno, ma è creata da un Dio ad essa trascendente ) e l’armonia della visione greca dell’universo venne obliata o, per essere precisi, cancellata.
Veniamo all’oggi e rileviamo come la disgregazione della comunità attraverso la distruzione della famiglia, la riduzione dell’uomo a monade per il consumo con il conseguente soggettivismo, corrispondano – come effetto disgregatore – a quello provocato dal concetto di persona nei confronti dell’Impero romano. Effetti analoghi ma cause differenti. La seconda fu la concezione spirituale del cristianesimo, la prima è, invece, la concezione materialista del capitalismo degenerata in totalitarismo la malattia più disastrosa della modernità , come avemmo a scrivere su queste pagine.
Il totalitarismo, nel nostro caso, si chiama economismo ovvero visione ideologica del mondo “sub specie oeconomiae” generatore di una struttura fittizia con tutte le caratteristiche di una forma cancerosa, metastatica, in conflitto insanabile con la struttura reale del corpo civile di cui ha pervaso profondamente tutti i centri decisionali. Rimane isolata dall’economia reale del corpo civile e pertanto, nell’imporre il proprio meccanicistico funzionamento, si strumentalizza tecnicamente e si burocratizza – talvolta si criminalizza – provocando una conseguente forma di proletariato, cioè un’umanità atomizzata, schiavizzata e sterilizzata nella sua autonomia e nella sua totalità spirituale, governata da una tecnocrazia e controllata da una tecnoburocrazia. Basti pensare a quel che sta avvenendo nell’attuale crisi economica, manifestazione tipica del fallimento della finanza speculativa virtuale. Da parte dei governi viene messo in essere il salvataggio del sistema bancario responsabile della crisi facendo ricorso ai soldi dei contribuenti senza reazione alcuna da parte di questi ultimi ormai pienamente devitalizzati.
La storia, dunque, si ripete ma non come “ritorno dell’uguale” bensì come ritorno di fase di un processo ciclico: nel “già accaduto” si dovette atomizzare l’uomo rispetto all’organismo civile con il concetto di persona per realizzare la rottura dell’unità del pensiero vigente ed instaurare un diverso ordine totalitario ancorché spirituale ; nel tempo attuale è stata attuata l’atomizzazione dell’uomo attraverso il soggettivismo per scardinare alla base il sistema dei valori esistente allo scopo di sostituirvi un altrettanto totalitario, in senso materialista, Nuovo Ordine Mondiale .
Verrà dunque un nuovo medio evo?
Per chi non se ne fosse ancora accorto: – E’ già arrivato da un pezzo e noi ci siamo dentro in pieno, come dimostrano i fatti esposti in apertura di questo scritto. Un medioevo caratterizzato dalla “perfezione della tecnica”, come ebbe a definirla F.G. Jünger,e da cui stentiamo ad uscire. Né vi riusciremo se non riconquisteremo la nostra identità reale scansando il pericolo della “identità transnazionale” progressista. Sarà dura, ma potrebbe non essere impossibile se si ritroverà il coraggio di compiere la rivoluzione necessaria per ritornare alla realtà.

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