venerdì 19 Luglio 2024

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Dedicato a quelli che “gli immigrati fanno il lavoro che gli italiani non vogliono fare”

E non, invece: gli immigrati prendono stipendi che gli italiani non possono accettare visto che non hanno casa e assistenza. Ma ora sono così disperati che accettano anche questo.

 

Gli italiani “rubano” il lavoro agli immigrati. Suona strano, ma c’è da crederci. Sempre più nostri connazionali tornano a cercare impieghi, da anni esclusiva dei lavoratori stranieri: venditori ambulanti, vasai, pescatori, operai delle cave. Lavori pesanti e a volte anche rischiosi. Tutta colpa della crisi, che sta rimescolando le carte in tavola. Così l’espressione “gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare” rischia di apparire sempre più una fotografia sfocata.
Dalla complementarietà alla competizione. A tracciare un imprevisto quadro dell’occupazione straniera è uno studio della Fondazione Leone Moressa. Cosa emerge? Innanzitutto, che la complementarietà sembra oggi lasciare il passo alla competizione: sulle basse qualifiche si combatterà infatti la sfida futura tra migranti e italiani. “La crisi economica e occupazionale che ha interessato l’Italia, insieme ad altri Paesi europei – scrivono i ricercatori della Fondazione – ha portato una serie di cambiamenti sostanziali nel mercato del lavoro, tra cui uno slittamento della forza lavoro italiana verso alcune professioni tipicamente considerate appannaggio della popolazione straniera”.
Il pianeta immigrazione. Gli occupati stranieri nel 2012 ammontano a circa 2 milioni e rappresentano il 10,1% degli occupati totali. La nazionalità più rappresentata è la Romania con oltre mezzo milione di persone, un quarto di tutta la manodopera immigrata. Seguono albanesi (232mila), marocchini (147mila) e ucraini (132mila). Nel 2012 i disoccupati stranieri sono stati circa 382mila (in aumento). Tra le professioni maggiormente etnicizzate, vale a dire in cui l’incidenza degli stranieri sul totale dei lavoratori è particolarmente alta, troviamo gli impiegati non qualificati e qualificati nei servizi domestici e personali (70,9% per i primi e 57,9% per i secondi), gli operai specializzati nelle costruzioni (32,5%), il personale addetto alle pulizie (27%), il personale addetto alla consegna e allo spostamento delle merci (24,6%) e infine il personale non qualificato nell’agricoltura (23,1%).
La badante tricolore. Si dice: “I migranti fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”. Ma da un paio d’anni siamo in controtendenza. Secondo la Fillea-Cgil, nei corsi per muratori organizzati da privati e sindacati di settore, dopo tanti anni sono tornati a vedersi gli italiani. Anche nel fortino del lavoro domestico, il monopolio delle lavoratrici immigrate è sotto assedio. Dati Inps: dal 2008 a oggi le domestiche e le badanti di nazionalità italiana sono aumentate del 20%. E ancora: stando alle Acli Colf, negli ultimi due anni tra le iscritte ai corsi di formazione le italiane sono più che raddoppiate. Un esempio? Massimiliano, romano 45enne, si è reinventato e oggi è un badante italiano: “Ero già predisposto a lavorare con le persone in difficoltà, così ho deciso di farne una professione”. Massimiliano lavora per una cooperativa della capitale e assiste anziani e disabili: “È un lavoro tipico da immigrati, ma noi italiani siamo sempre di più”.
Il fortino del lavoro domestico. Va però detto che la badante-tipo parla ancora straniero. “Le professioni di assistenza e di cura domestica rimangono prevalentemente appannaggio della forza lavoro straniera, così come il settore delle costruzioni, dell’agricoltura e dei servizi di pulizia – affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa – in queste ultime professioni si registra tra il 2011 e il 2012 un lieve aumento della popolazione immigrata. Fondamentalmente invariato rimane, invece, il rapporto tra la popolazione italiana e quella straniera in mansioni che comprendono personale non qualificato per le costruzioni, la manifattura, la logistica e gli addetti alle attività di ristorazione”.
La carica degli italiani. Un aumento degli italiani a fronte di un lieve calo degli stranieri si verifica tra i venditori ambulanti (+2,3% gli italiani nell’ultimo anno), il personale non qualificato addetto alla cura degli animali, vasai (+3% italiani), soffiatori, cacciatori e pescatori. Ma quali sono i settori i cui gli italiani “rubano” più lavoro agli immigrati? “Le professioni maggiormente colpite da un ingresso di italiani a fronte di una consistente uscita di stranieri – sostengono dalla Fondazione – sono il personale non qualificato nelle miniere e nelle cave (qui gli italiani sono cresciuti nel 2012 dell’11,5%), i conduttori di impianti per la fabbricazione della carta, gli operai addetti alla pulizia degli edifici (italiani +9%) e gli addestratori”.
Il crollo delle roccaforti. “In conclusione – per la Fondazione Moressa – vi sono sicuramente delle professioni che rimangono delle vere roccaforti del lavoro straniero, mentre in altri comparti si può registrare anche solo a distanza da un anno all’altro una tendenza al ritorno della popolazione italiana, a fronte o a causa di una fuoriuscita di lavoratori stranieri”. Insomma la crisi cambia il quadro. Non è un caso se in un’indagine Istat del maggio scorso ammontano a 20 milioni e 800mila (51,4%) i cittadini italiani che si dichiarano d’accordo con l’affermazione secondo la quale “in condizione di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani rispetto agli immigrati”.

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