sabato 20 Luglio 2024

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Agguati. Macchine distrutte e locali in fiamme. Botte. Minacce e boicottaggi. I ragazzi del Blocco Studentesco sono sotto assedio da più di tre anni.
Da quando si sono costituiti in movimento, il 12 settembre 2006, vivono respingendo le cariche dei militanti di estrema sinistra. Venticinque gli attacchi gravi: “E c’è tutto il resto. Dagli insulti gratuiti in poi”. I giovani del Blocco Studentesco lavorano negli istituti superiori e nelle università. A Roma sono divisi in quattro nuclei territoriali per fare politica nelle scuole.
Altri due nuclei si occupano delle attività negli atenei: Tor Vergata e Roma Tre. “Ma tra poco arriviamo anche a La Sapienza”, spiega Francesco Polacchi. Lui è il responsabile nazionale, anche se i militanti del movimento preferiscono mettere da parte i ruoli ufficiali.
Non è un caso se si definiscono “comunità organica di destino”: la vita si fonda su un progetto di comunità, il singolo deve essere a disposizione dell’altro senza chiedere nulla in cambio e il destino è una continua avventura. Dal quartier generale del Blocco Studentesco, dentro il palazzo di CasaPound, l’associazione madre, Francesco organizza le sue attività: volantinaggio, conferenze, dibattiti, affissione di manifesti, assemblee, sport e sindacato studentesco. Ma tutto questo lavoro dà fastidio. Ai militanti di sinistra. Ai collettivi.
Nel 2005 non sono ancora nati. Ma i militanti di CasaPound che stanno per fondare il Blocco Studentesco subiscono già il primo attacco.
E’ l’8 marzo. Un barattolo di pelati viene riempito con polvere da sparo e fatto esplodere nel Cutty Sark, il pub di riferimento del movimento. Il boato è infernale. Tre macchine devastate. Il locale è seriamente danneggiato. Per fortuna non ci sono feriti. Gli assalti degli estremisti di sinistra sono spesso programmati. Ma anche casuali. E’ il 25 aprile 2007 quando un ragazzo di quattordici anni passeggia in via Cavour. Indossa una maglietta degli zetazeroalfa, il gruppo musicale che ha dato e dà linfa ai giovani di CasaPound. Alcune teste rasate di sinistra lo vedono. In un attimo scatta l’aggressione. Pugni. Calci. Il naso che si rompe. Due denti insanguinati cadono a terra.”Le loro intimidazioni – racconta Francesco Polacchi – sono programmate per farci smettere di fare politica. Loro non cercano un confronto se non fisico. Vogliono solo toglierci di mezzo”. 
Luglio 2007. Quindici militanti di destra distribuiscono volantini a Casal Bertone. Si avvicinano quelli di sinistra. Sono più di cento. Hanno in mano sanpietrini, mattoni, manganelli. Lo scontro è fortissimo.
I “compagni”, oltre cento, mandano avanti un plotone di immigrati per farsi scudo. Loro si piazzano dietro a dare disposizioni. E’ una maxirissa. Alla fine i 15 conquistano il campo ma restano feriti. Alcuni ne avranno per più di sessanta giorni.
Passano due mesi e una bomba carta viene fatta esplodere nella sede di piazza Perin del Vaga, che rimane devastata. A dicembre dello stesso anno finisce male anche la distribuzione del giornale Blocco Studentesco. Con le mazze da baseball 25 militanti di sinistra fanno partire l’aggressione.
Ma è nell’ottobre del 2008 che il clima contro il Blocco Studentesco si fa incandescente. Tre giorni di mobilitazione studensca mossa dalle coscienze dei ragazzi di destra. Si lotta contro la legge 133 nella Finanziaria. Si protesta davanti al Senato. A piazza Navona. I giovani vogliono dire all’Italia che cosa pensano. Destra e sinistra sembrano parlare la stessa lingua. Condurre la stessa battaglia. Poi la protesta si sposta contro i fascisti. Prima lo scontro con gli studenti del Virgilio.
Poi i rash di sinistra a bloccare gli studenti di destra. C’è il primo attacco. Volano calci e pugni. L’atmosfera ormai è tesa. La protesta davanti al Senato viene gettata nel dimenticatoio. La guerriglia a piazza Navona si scatena quando un gruppone formato dai colletivi della Sapienza, centri sociali, rifondazione e Cobas parte all’assalto con i caschi al grido di “camerata basco nero il tuo posto è al cimitero”. E’ l’ennesimo attacco al Blocco Studentesco.
Alla la fine del 2008 e per tutto il 2009 è un crescendo di intimidazioni. Le macchine di alcuni giovani fuori scuola vengono sfasciate. I militanti del volantinaggio sono intimiditi. Minacciati di botte. O di morte.
Lo stesso Francesco Polacchi si trova più volte in situazioni a rischio. “L’ultima volta stavo andando a vedere una partita di pallanuoto dei Black Shark Capitolini under 20. Ero sulla Pontina, viaggiavo verso Anzio. A un tratto trovo una manifestazione non autorizzata dei compagni. Metto la testa fuori dell’auto. Mi riconoscono e in quaranta mi vengono addosso. Ero con tre amici. Ci siamo menati. Difesi fino alla fine, poi loro, vigliacchi, se ne sono scappati. E’ un continuo”. Loro, i ragazzi del Blocco Studentesco, vivono così. Tra il sogno di fare politica e la prevaricazione senza respiro.

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