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Le voci di Maidan

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Speranze e incognite della rivoluzione ucraìna

Per chi arriva nel centro di Kiev in questi giorni lo scenario appare surreale. Lungo tutta via Khreshchat fino al Maidan, la piazza principale, e su per la salita di via Instytutska a perdita d’occhio si staglia una distesa di tende militari con i comignoli delle stufe fumanti, sormontate da centinaia di bandiere ucraine giallo-azzurre oppure rosse e nere, simbolo dei patrioti ucraini del secolo passato. Come se un’orda ci cosacchi perduta nel tempo avesse deciso di riapparire secoli dopo proprio nel centro della città, per riportare a Kiev, e in tutta l’ Ucraina, l’orgoglio di un popolo per troppo tempo schiavo.
Le tende sono protette da muretti di mattoni e sacchi di calcinacci, sulla soglia in mimetica i militanti dei gruppi di autodifesa sorvegliano i passanti, in un angolo hanno riposto ordinatamente gli scudi e caschi e c’è anche un secchio pieno di bottiglie molotov. Le vie d’accesso alle strade del Maidan sono bloccate con cataste di copertoni, detriti, pali della luce divelti e mattoni strappati dal manto di quello che era il “corso” di Kiev. Le barricate sono alte anche 4 metri, cinte con filo spinato. Contrariamente a quello che si può pensare, o a quello che siamo abituati a vedere in certe manifestazioni riibelliste nostrane, i negozi, le vetrine, gli esercizi commerciali, persino i piccoli tabaccai o i camioncini che vendono caffé a bordo strada non sono stati minimamente toccati. Anzi, per tutta la durata degli scontri sono rimaste sempre aperti.
I movimenti del Maidan e della rivolta Ucraina hanno occupato alcuni palazzi sulla via principale, per lo più alberghi, e ne hanno fatto i loro centri direzionali, il loro quartier generale. Persino la famosa vita notturna di Kiev con le sfarzose discoteche riservate a pochi e le lussuose file di auto non ha subito fastidi dalla rivolta, a nessuno è vietato girare per locali a divertirsi, ma dei grandi cartelli rossi all’ingresso del presidio ti avvisano che se sei troppo ubriaco o hai un atteggiamento che non si addice alla gravità e alla serietà della protesta, non puoi accedere al Maidan. Considerando il drappello di militanti in mimetica che filtra il passaggio, nessuno tenta la fortuna.
Al centro della piazza è stato eretto un grande palco di fronte al quale si raduna la folla per i comizi che si avvicendano incessantemente o per spettacoli teatrali o concerti offerti dai movimenti politici che hanno animato la protesta.
Mentre guardiamo incuriositi la folla radunata in silenzio nel piazzale dall’accampamento, esce un lungo corteo, lo apre una bandiera ucraina portata da un uomo in divisa, dietro di lui due preti ortodossi portano un crocefisso e un picchetto d’onore di sei militanti sorregge un feretro aperto, seguito marzialmente da una ventina di patrioti in mimetica. Urlano “Gloria agli Eroi” in riferimento ai caduti della rivolta. Più di cento persone, di ogni età, sono stati uccise dalla milizia governativa dei Berkut, la salita di via Instytutska è ricoperta di garofani rossi che tutta Kiev porta nei luoghi dove i cecchini di Yanukovich hanno colpito, nel punto dove i patrioti sono caduti qualcuno ha messo delle foto e intorno la folla commossa posa decine di candele, come è nella tradizione funebre in Ucraina.
Su questa salita si sono verificati gli scontri più violenti: consapevole dell’imminente sconfitta, la milizia governativa ha alzato il tiro e ai proiettili di plastica -sparati in ogni caso ad altezza uomo – si sono sostituiti i quelli veri, ai feriti gravi i morti.
Superiamo una barricata che circonda una catapulta per nulla diversa a quelle degli assedi medievali: con quella i manifestanti hanno fatto piovere molotov e pietre sull’ultima resistenza della polizia e della milizia. Salendo in cima alla collina e girandosi a guardare, il Maidan ci appare come un enorme bivacco in cui i manipoli ora provano a riportare un po’ di normalità.
Nelle strade si respira aria di cambiamento. Chiediamo a un ragazzo cosa si aspetta dal futuro dopo la rivoluzione. Ci pensa su, poi ci dice che vuole un paese meno corrotto. La fine della corruzione, il rinnovamento della classe politica e il cambiamento sono i temi centrali di ogni discussione qui a Kiev, innanzi tutto c’è la voglia di chiudere con il passato, di aprire una fase nuova.
Ce lo spiega bene anche Serhij Bondar uno dei responsabili del gruppo C14, il settore giovanile del partito Svoboda. Lo intervistiamo di fronte la porta di quella che fino a qualche settimana fa era la sede del potente partito comunista ucraino, amico del deposto leader Yanukovich, accusato da più parti di corruzione e in ogni caso eterno simbolo della sanguinosa dominazione sovietica in terra d’Ucraina. Durante la rivolta la sede è stata assaltata da gruppi di patrioti che hanno conquistato il grande palazzo cacciando i comunisti. Poi l’hanno occupato e ne hanno fatto la sede di quello che sarà il comitato che dovrà valutare e controllare l’operato e i conti in banca dei vecchi politici: “Nella cassette di sicurezza del partito abbiamo trovato superalcolici, denaro e foto porno, questo palazzo è stato il simbolo della corruzione per decenni ora sarà il simbolo della nuova Ucraina” .
Intanto nel piazzale del palazzo sono accatastate le opere di Marx, un busto in marmo gigante di Lenin scalfito dalle picconate e scatoloni di tessere nuove pronte per essere distribuite. Serhij è uno studente, gli chiediamo cosa pensa della crisi in Crimea ci dice che sarebbe pronto a partire se il suo paese lo chiamasse alla leva. In questa parte dell’Ucraina la diffidenza nei confronti dei russi è forte e spesso sfocia in un vero e proprio odio, talvolta cieco, anche se sulle barricate non sono mancati volontari moscoviti al fianco dei nazionalisti. È per questo motivo che a un certo punto troviamo su una tenda una bandiera della Cecenia, messa lì per puro dispetto verso Putin. Ne chiediamo il motivo e ci rispondono che la situazione in piazza Maidan è ancora un po’ caotica, chi arriva mette la sua bandiera. La contraddizione fa strutturalmente parte dei momenti rivoluzionari. Per i combattenti ucraini, adesso, il compito più difficile è quello di addensare il caotico pulviscolo rivoluzionario in una forma che rispetti l’ispirazione sovranista e anti-oligarchica originaria. Sull’Ue e sull’America c’è dibattito. Qualcuno sembra arrendersi alla logica del male minore, che sarebbe rappresentato dalla Nato, una protezione forte per far fronte a un nemico forte. Su un’altra barricata è tuttavia possibile vedere una bandiera dell’Ue sbarrata, segno che Bruxelles, qui, non gode certo di consensi unanimi. Anche questo è un bivio cruciale e dalla strada che gli ucraini sapranno intraprendere si deciderà il destino di questa rivolta.
Torniamo verso il Maidan nei pressi dell’ingresso dello stadio di Kiev, che nei giorni della protesta e stato teatro dei più volenti scontri tra la milizia e i nazionalisti ucraini. Proprio sulla piazza si affaccia l’hotel Dnipro che ora è la sede del movimento denominato Pravij Sektor, il “settore destro”. L’ingresso è presidiato e sul piazzale sostano dei grossi fuoristrada neri, piccoli drappelli di volontari entrano ed escono dal palazzo.
Incontriamo Olena Semenyaka, si occupa delle relazioni estere del movimento, ci parla della lotta dei nazionalisti contro l’oligarchia, della voglia di sovranità e del rifiuto di ricadere sotto l’ombra e il dominio politico economico di potenze straniere, siano esse la Russia o l’Europa delle banche, che lei dice essere l’altra faccia del potere. Ci dice che quella che in Europa chiamano Euro-Maidan non era altro che un’ennesima “rivoluzione colorata” che non avrebbe fatto altro che sostituire un potere oligarchico con un altro del tutto simile ma con diversi padroni, ci dice che questo è ora il vero Maidan, la vera Ucraina in lotta.
Per ora l’atmosfera qui a Kiev è carica di attese, la tensione è scemata ma si avverte comunque un’aria di costante agitazione, si teme l’infiltrazione delle spie del Cremlino, dei controrivoluzionari, ci si fida poco anche dei vecchi partiti della opposizione storica.
Tutti ora consolidano le posizioni ottenute durante la rivolta e i leader vecchi e nuovi si incontrano per organizzarsi. A fine maggio si voterà in Ucraina e sarà la prima elezione dopo Maidan. Il governo provvisorio, troppo impacciato e legato all’Europa, andrà a casa. In piazza si spera che sorgano i nuovi politici, figli della rivoluzione di nazionalista ucraina, eredi della tradizione della loro nazione. Già eroi per la piazza, dovranno ora cimentarsi sullo scivoloso campo della politica, ma se conserveranno la memoria di quelle tragiche giornate di Kiev, se porteranno con loro nel parlamento la lezione e la forza del popolo del Maidan allora veramente riusciranno a cambiare la storia dell’ Ucraina e forse finalmente potranno dire d’aver vissuto una splendida primavera.

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