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L’eredità di Mandela

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E’ guerra per il funerale del leader

«Questi sono gli stessi parenti che hanno fatto causa a mio nonno per prendersi i suoi soldi: perché dovremmo credere a quello che dicono?». Sorride con gentilezza, Mandla Mandela, mentre infila coltelli nelle schiene di fratelli, zie e cugine. Accuse che potrebbero distruggere una volta per tutte la reputazione della famiglia del fondatore del nuovo Sudafrica. Mandla è figlio di Makgatho Mandela, terzogenito di Nelson, morto per le complicazioni dell’Aids nel 2005. Due anni dopo il nonno lo scelse per prendere il suo posto come capo tribale di Mvezo, il villaggio a 900 chilometri a sud di Johannesburg dove Nelson era nato nel 1918. Una rivincita storica per Madiba, perché suo padre Mphakanyisa era il capo di Mvezo, ma era stato costretto da un giudice bianco a lasciare la carica e perdere i beni. Quindi aveva trasferito la famiglia nella vicina Qunu, dove Mandela è cresciuto, e secondo la figlia Makaziwe e la moglie Graca Machel vuole essere seppellito. Nel 2011, però, Mandla ha riesumato e risepolto a Mvezo i resti del padre Makgatho e di altri due figli di Nelson, Thembekile, morto nel 1969 in un incidente d’auto, e la piccola Makaziwe, scomparsa quando aveva 9 mesi. Questa mossa sembrava finalizzata a far seppellire anche Madiba a Mvezo, perché i riti tribali prevedono che un padre riposi con i suoi parenti. Quindi gli altri famigliari hanno fatto causa a Mandla, perché riportasse i resti a Qunu, dove vogliono la tomba di Nelson. La disputa, secondo i capi tribali, impediva allo spirito di Madiba di lasciare il suo corpo, e Desmond Tutu ha detto che era come «sputare su Mandela». Mercoledì un giudice ha dato loro ragione, e giovedì le salme sono tornate indietro.  

Incontriamo Mandla proprio sulle colline di Mvezo, a due passi da dove aveva sepolto i resti dei figli di Nelson. 

Perché l’ha fatto?  

«Era un soluzione temporanea, in attesa di chiarire la volontà di mio nonno, che non ha lasciato un testamento in materia». 

L’accusano di averli spostati perché se Mandela verrà sepolto qui, Mvezo diventerà un’attrazione turistica.  

«Questo villaggio è molto povero, con alti tassi di Aids e bassa scolarizzazione. Mio nonno mi ha chiesto di tornare qui proprio per aiutare la nostra gente, ma la mia motivazione profonda è la giustizia. Il mio bisnonno fu cacciato ingiustamente da queste terre, e mio nonno ha sempre voluto riprenderle». 

Ma aveva espresso il desiderio di essere seppellito a Mvezo?  

«L’unica volta in cui l’ho sentito parlare di questa cosa era stata durante le riprese di un documentario. Aveva detto di voler riposare vicino al padre e alla madre, che sono nel cimitero di famiglia a Qunu, non nel terreno della casa dove Makaziwe e gli altri vorrebbero portarlo». 

Makaziwe non è sua zia?  

«Sì, ma ha creato solo divisioni in famiglia. Ha sposato un Amuah, non è più una Mandela, ma ora tutti vogliono salire sul carro». 

Perché secondo lei le hanno fatto causa?  

«Me lo chiedo anche io. I resti furono spostati due anni fa, rispettando tutte le regole tribali: perché sollevare la questione proprio ora?». 

Perché suo nonno sta morendo.  

«È in condizioni critiche, ma stabili. La faccenda dello stato vegetativo l’hanno messa in giro i loro avvocati, per accelerare la causa. Io ho deciso che non farò più ricorsi, per la pace famigliare, ma se il problema era serio, esisteva già nel 2011». 

Lei quale pensa sia la ragione?  

«I soldi. Mio nonno aveva incaricato George Bizos, Tokyo Sexwale e Bally Chuene di gestire la Harmonieux Investment Holdings e la Magnifique Investment Holding, cioè i trust dei suoi beni. Makaziwe voleva farli fuori e io mi sono opposto. Ora proprio lei, insieme agli altri nemici di Bizos, mi ha fatto causa per la riesumazione delle salme: è solo una coincidenza?». 

Anche suo fratello Ndaba si è schierato con loro, e dice che lei non è il capo tribale legittimo.  

«Lui è figlio di una donna sposata, Zondi Radebe, che mio padre mise incinta tradendo mia madre: dubito abbia i titoli per parlare di legittimità». 

E Mbuso, l’altro fratello che le ha voltato le spalle?  

«Mbuso ha messo incinta mia moglie, eppure i membri della mia famiglia non hanno mai discusso questo problema: non avrebbero dovuto farlo, se tenevano così tanto alla nostra armonia?». 

Perché suo nonno scelse lei come capo?  

«Vivevo a Johannesburg, volevo fare il dj e l’uomo d’affari. Mi invitò a pranzo e mi disse che era una scelta egoistica. I miei fratelli ridevano, quando gli parlava di Mvezo, ma lui era innamorato della vita rurale e mi chiese di tornare, per dare ai membri del nostro clan Thembu una nuova vita». 

Cosa ricorda di lui con più affetto?  

«Le storie che ci raccontava. Ha un grande senso dell’umorismo. Diceva che da piccolo, nei campi, lui e gli altri bambini facevano sempre battaglie con i bastoni, ma proprio là aveva imparato a far andare d’accordo anche le persone che si erano appena picchiate». 

La disputa nella vostra famiglia non è un segnale premonitore di quello che può succedere al Sudafrica, quando non ci sarà più?  

 

«No, perché ha insegnato a tutti i leader e alla gente di ogni razza gli ideali della tolleranza. La disputa con i miei famigliari è finita, io torno a servire la gente di Mvezo». 

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