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L’invitto

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Mentre si decide l’epilogo o la straordinaria ripresa, ricordiamo la figura del combattente per la libertà e i suoi trascorsi con tedeschi e francesi, il suo desiderio di morire in Francia e di essere sepolto presso le colonne regalate dal Duce alla Palestina


Lo danno per clinicamente morto, per defunto imminente. Poi smentiscono, poi tornano a darlo per morto.


Intorno a lui una ridda di ipotesi e molte prese di posizione: contro di lui l’arroganza prepotente di chi vorrebbe persino privarlo di sepoltura. Lo temono anche da morto.


Augurandogli lunga vita, vogliamo comunque ricordarne il profilo: quello di un saggio guerriero che ha difeso il suo popolo vittima di un genocidio che procede, inesorabile, in crescita esponenziale, da sei decenni.
Nasce il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, Yasser Arafat. Il suo nome completo è Mohamed Abdel Raouf Arafat al-Qudwa al-Husseini. Abu Ammar è il nome di Battaglia, da Ammar il fedele compagno di Maometto.
La madre muore quando il piccolo Yasser ha quattro anni. Nel 1946 inizia la sua carriera politica frequentando la sede del comitato palestinese aperto dal Gran Muftì di Gerusalemme rientrato l’anno prima da Berlino dove si trovava ospite di Adolf Hitler..
Laureato in ingegneria al Cairo nel 1956, allo scoppio della guerra per il controllo del canale di Suez è sottotenente dei guastatori dell’esercito egiziano. Come ricorda, rispondendo ad un giornalista, all’uso dell’esplosivo lo hanno addestrato due pionieri tedeschi della Wermacht rifugiatsi in Egitto che avevano messo a disposizione di Nasser le loro conoscenze tecniche.
Dal 1967 inizia la reconquista della Palestina con un gruppo di 12 compagni d’arme (Fedayn) fondando “Al-Fatah” (La Tempesta). Afferma la propria autorità politica sbaragliando sul campo le forze israelite nella battaglia di Al Karamè, sempre nel 1967: dalla cittadina i carri armati israeliti battono in ritirata di fronte alla reazione dei Fedayn. È lui che li comanda in prima linea. In quell’anno il generale De Gaulle dichiara ufficialmente al mondo che i palestinesi hanno diritto ad una patria. Legittimando ulteriormente, se mai ce ne fosse stato bisogno, la loro lotta. Diviene così il simbolo dell’orgoglio e della speranza di vedere la Palestina liberata infine dagli stranieri.
Nel 1968 è eletto presidente dell’Organizzazione di Liberazione della Palestina, nella cui statuto Costitutivo si leggeva nero su bianco il paragrafo dedicato agli stranieri che occupano la Palestina: “rigettare gli israeliti a mare”.
Una delle prime conferenze in favore dei palestinesi in Italia viene organizzata a Padova da Giorgio Franco Freda (la sinistra, nel 1968 è ancora filo-sionista, poi cambierà strategia per tornare all’impasse odierna).
Sotto il suo comando, seguono anni in cui i palestinesi fanno pagare caro ogni giorno di colonizzazione della loro terra. Si arresta così l’arrivo di immigrati israeliti da tutte le parti del mondo (per l’esser troppo pavidi,secondo le ripetute accuse rivolte loro da Sharon).
All’inizio degli anni ’80 la Tsaal tenta di accerchiare Arafat per annientarlo in Libano dove si trova con migliaia di combattenti. Ne esce vittorioso e parte da Beirut sotto la scorta di paracadutisti francesi.


Nel 1994 sarà insignito del Premio Nobel per la pace
Con la caduta del Muro di Berlino gli Stati Uniti si rivelano come l’unica potenza mondiale e così i palestinesi, p

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