sabato 20 Luglio 2024

L’ottosettembrismo

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Di allora e di sempre

L’otto settembrismo è uno stato psichico diffuso in Italia fin dal 1943.
Ma l’8 settembre, ovvero il rovesciamento delle alleanze e il passaggio da asserviti nel campo dell’invasore, ha radici più lontane.
Storicamente la prima tappa del processo avvenne il 25 luglio.
In cosa si carattearizzava il venticinqueluglismo? Nella sedizione nei riguardi del capo, scaricando su di lui tutte le responsabilità delle difficoltà a cui ci si voleva sottrarre. I venticinqueluglisti si atteggiarono a delusi indignati che cercavano di salvare la baracca – la propria -scaricando sul Regime non solo i suoi difetti reali (dovuti al tipo antropologico italiano e a una diarchia obbligata con il re) ma anche quelli immaginari e inventati. Erano dei topi che abbandonavano la nave. Poiché i topi però non avevano intenzione di non imbarcarsi su qualche altro battello, mentre la maggioranza dei fascisti critici e ribelli davano al contrario prova di fedeltà assoluta e sacrificale alla Nazione, al Popolo e al Capo con un esemplare scatto di reni, i ratti passarono invece all’ottosettembrismo, formato non soltanto da gerarchie monarchico-massoniche ma da quadri dei Gruppi Universitari Fascisti. Gente che, come Napolitano, aveva da poco esultato per l’invasione della Russia e si ritrovò a sostenere Stalin.
Sono dei veri e propri riflessi condizionati ad accompagnare questi processi del rinnegamento di sé tramite un transfert. Io non ho sbagliato – dicono loro – sono i capi che mi hanno tradito. E si prosternano verso i presunti nuovi amici i quali, giustamente, li disprezzano e li rifiutano.

Il passaggio di trentamila della Repubblica Sociale al partito comunista nel dopoguerra fu contrassegnato da accuse false e vomitevoli mosse da loro ai vertici assassinati della Rsi, così ignobili da imbarazzare perfino Togliatti. Per farsi accettare senza voler ammettere con se stessi molto più onestamente di avere tradito, si è costretti ad accusare i capi di avere imboccato una strada che i ratti definiscono sbagliata e li si copre di insulti e di illazioni vomitevoli.
Insomma, tradendo le posizioni, i simboli, i vincoli e le azioni del passato, mancando ai traditori il coraggio di ammettere che si è voltata gabbana, si accusano precisamente il proprio passato, con le sue posizioni e con i suoi vincoli, di avere tradito uno spirito rivoluzionario che – artatamente e con stupro della realtà – viene contrabbandato con le posizioni imperial-sovversive degli altri.
Dal finire degli anni di piombo abbiamo assistito alla stessa nefandezza con il vinciguerrismo, un misto di mitomania vittimistica e di allineamento alle falsità del Pci.

Il processo non si è interrotto. Complici l’innovamento del quadro internazionale e la tensione critica che ne consegue, assistiamo a quelli che – “i tempi sono cambiati” – non esitano ormai a preferire Zukov a Goering e Longo a Starace e ad accusare il neofascismo di connivenze – peraltro marginali e individuali – con gli americani che intanto flirtavano con i presunti rivoluzionari, sia di casa nostra che dell’est, cioè coloro che l’ottosettembrismo 2022 acclama pateticamente come forze autonome e positive.
Augurerei loro buona festa, ma sono talmente tristi e incattiviti che non possono celebrare nulla, se non i massacri compiuti di quanti appartengono a quello che  pretendevano di essere un tempo e che però ora non hanno soltanto rimosso, ma travisato e distorto nel proprio ricordo solo  al fine di evitare di chiamare tradimento il tradimento.
Dario Fo almeno faceva ridere.

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